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Le storie opache di Brindisi/2: le tre vendette di suor Teodorina

La storia inizia nell'immediato dopoguerra. Una pia donna, Teodora D'Agnano, con profonda fede monacale ma non si è mai saputo da quale ordine consacrata, fonda un suo personalissimo convento. La D'Agnano possiede un ampio terreno al rione Cappuccini, in via Fulvia

BRINDISI - La storia inizia nell’immediato dopoguerra. Una pia donna, Teodora D’Agnano, con profonda fede monacale ma non si è mai saputo da quale ordine consacrata, fonda un suo personalissimo convento. La D’Agnano possiede un ampio terreno al rione Cappuccini, in via Fulvia, dove costruisce una casa circondata da un ampio parco, dove trovano ospitalità alcune adepte. Per il popolo del rione Cappuccini, quasi tutto dedito all’agricoltura, “suor Ghiaturina” è rispettata come una suora autentica, per qualcuno addirittura venerata come una santa.

Passano gli anni e “suor” Teodora D’Agnano muore e lascia scritto nel testamento che la sua proprietà di via Fulvia vada alla Curia, ma con il preciso vincolo di destinarla ad una “casa” per suore anziane. Vincolo che per un certo periodo è stato rispettato. Sino a quando non giunge a Brindisi, per sostituire il mai abbastanza apprezzato mons. Settimio Todisco, collocato in pensione per raggiunti limiti di età, un vescovo dalla Basilicata, Rocco Talucci.

Quel monsignor Talucci che, tra gli altri “infortuni” brindisini, detiene anche il primato dell’essere stato il primo vescovo della storia ad essere invitato ad una manifestazione pubblica (la  inaugurazione del teatro “Verdi”) “con signora”, con tanto di aristocratico cartoncino ufficiale del Comune (non era però Pinader…). E chi poteva osare tanto se non l’assessore in servizio permanente effettivo Raffaele De Maria? A Brindisi ancora si ride.

Torniamo a Talucci e “suor” Ghiaturina. Brindisi da molti anni non ospita più un seminario. Non solo per la crisi delle vocazioni, ma anche perché i seminari, autentici collegi, hanno costi di  gestione difficilmente sostenibili se hanno pochi ospiti. Talucci avvia un programma di razionalizzazione del vasto patrimonio della diocesi, con dismissioni e progetti di ristrutturazione di chiese sfruttando i programmi di finanziamenti pubblici. Tra i beni da alienare include anche il convento di suor Ghiaturina e il suo splendido parco di via Fulvia.

Nella casa-convento c’è ancora qualche ospite, con tanti anni addosso come per altro era nello scopo della donazione ricevuta, ma Talucci andò avanti come un panzer. Trasferì in una casa più confortevole l’unica vecchia suora rimasta e girò il patrimonio di via Fulvia ad un privato in cambio della costruzione di un seminario in una zona periferica della città, al rione Santa Chiara. Scoppiarono le polemiche alimentate non tanto dagli abitanti del rione Cappuccini, depredati del loro unico polmone verde (leggi qui), ma soprattutto dai parenti di “suor” Ghiaturina che ritenevano tradita la sua volontà e, proprio per questo, forse anche un pensierino a rientrare in possesso di quel bene.

Cantiere in via Fulvia-3

Si registrarono anche episodi di misteriose minacce a chi protestava e di cui forse s’interessarono anche le forze dell’ordine, poi tutto piombò nel silenzio più totale. Anche la curia romana se ne interessò con grande riservatezza. Le copie del quotidiano brindisino “Senza Colonne” che aveva seguito tutta la vicenda, finirono, attraverso misteriosi canali, Oltre Tevere. Sta di fatto che quando il papa Benedetto XVI venne in visita a Brindisi, la prevista visita al nuovo seminario annunciata nel programma ufficiale, saltò. Fu la prima “vendetta” di “suor” Ghiaturina dall’Aldilà.

Il seminario venne costruito nel giro di poco tempo, a realizzarlo fu una società dell’imprenditore Nicola Carparelli, la stessa che aveva effettuato la permuta con la proprietà di via Fulvia. Lì dovevano essere realizzati una ventina, o forse più, di appartamenti, e le costruzioni dovevano essere circondate da giardini e piazzali. Carparelli vendette il progetto e le licenze ad un altro noto costruttore, Rocco Cavallo di Ceglie Messapica. I lavori di realizzo dei nuovi immobili vanno talmente a rilento che il cantiere è tuttora talmente desolato da sembrare una zona bombardata di Beirut. Di giardini e piazzali realizzati neanche l’ombra. Chissà quando il progetto originario sarà realizzato. Seconda vendetta di suor Ghiaturina.

Nonostante la bella veste architettonica, il seminario non gode buona salute. Colpa dell’ulteriore calo delle vocazioni. Così anche il nuovo arcivescovo, mons. Caliandro, arriva alla conclusione di sbaraccare. Un paio di ragazzi che ancora frequenterebbero il seminario vengono trasferiti nella storica sede barocca di piazza Duomo, e l’immobile realizzato da Carparelli viene messo in locazione attraverso un’asta. Ad aggiudicarselo è l’appendice mesagnese-brindisina di una grossa cooperativa nazionale che opera nel settore dell’assistenza sanitaria, l’Osa, presieduta da un medico mesagnese, Giuseppe Milanese, che è presente in tutta Italia nel settore dell’assistenza sociosanitaria.

Milanese, per molto tempo lo dicono organico al sistema di Comunione e Liberazione, vanterebbe anche interessanti entrature in Vaticano avendo svolto la sua attività anche in Argentina quando papa Francesco era vescovo di Buenos Aires. Vasti e variegati i rapporti di Milanese con la politica, anche con quella di Mesagne, dove opera con un’altra sua struttura per anziani, Villa Bianca, che non gode però degli accrediti del sistema regionale dell’assistenza sociosanitaria per gli anziani, avendo già il territorio di Mesagne coperto tutti posti previsti dalla legge.

Giuseppe Milanese-2

L’affare ex seminario si profila particolarmente vantaggioso a Brindisi in una città dove c’è forte carenza di strutture sociosanitarie, anche convenzionabili per i vuoti esistenti rispetto ai parametri regionali (si dice 40), e di fronte all’ignavia di una classe politica ed imprenditoriale incapace di dotare la città – a partire dal sacco milionario della Fondazione Giannelli - di strutture pubbliche per fronteggiare una emergenza sociale, come quella dell’assistenza agli anziani, che in certi casi è diventata un autentico calvario per centinaia di famiglie brindisine.

Ma su questo fronte è out, il più assoluto. A parte il sacco della Fondazione “Giannelli”, la cui casa ancora incompleta realizzata in contrada Pignicella sarà difficile (stando agli attuali parametri di legge) poter abilitare a ricovero per anziani. I nostri vecchietti meritano ben altri e più confortevoli contesti ambientali ed architettonici. In casa di riposo per anziani si poteva trasformare, ristrutturandolo, ad esempio il “convento” di “suor” Ghiaturina, salvando così sia la volontà testamentaria che il polmone di verde del rione Cappuccini. Ma Talucci, che evidentemente viveva ancora nel secolo scorso, voleva il seminario nuovo di zecca da mostrare fiero ai suoi superiori ed ai posteri.

Ed un’altra occasione persa è stata quella della casa per anziani che doveva essere costruita nel quartiere Sant’Elia, prevista dall’apposito accordo di programma tra Comune e privati che prevedeva la realizzazione anche di altri immobili. Questi, compreso un grande supermercato, sono stati tutti realizzati, solo della casa di riposo non c’è traccia. La terza vendetta di “suor” Ghiuaturina.

Ed in attesa che dal Comune i competenti uffici urbanistica e legale – ed i relativi tutor - facciano capire alla città come sono andate le cose, soprattutto lo stato dell’accordo di Sant’Elia, i parametri regionali dicono che il territorio del comune di Brindisi è deficitario di ancora 40 posti convenzionabili in case di riposo per anziani non autosufficienti. E Dio e le famiglie sanno quanto siano necessari!

Ed ecco che sulla preda piomba il (o ex?) ciellino Milanese di Mesagne, a dispetto del cognome, medico, e grande esperto del settore socio assistenziale che punta sul seminario di Talucci, diventato una palla al piede per i conti della curia di mons. Caliandro. La curia indice una gara e Milanese la vince, si dice con un canone di settemila euro al mese. Tutto risolto? Manco per niente.

Nonostante in giro i soliti noti già si stiano “vendendo” le assunzioni al popolo dei disperati, per avviare la Casa non ci vogliono solo i soldi per attrezzarla adeguatamente, ma ci vogliono le autorizzazioni. Quelle sanitarie e soprattutto quelle urbanistiche. Se prima il seminario serviva a sfornare pastori delle anime, ora è destinato ad assistere al loro miglior trapasso. E mica è facile. La trascendenza non è un bene della burocrazia e delle sue implacabili ancelle. E “suor” Ghiaturina dall’aldilà se la ride.

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