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A cura di Blog Collettivo

Ospitiamo in questo Blog opinioni di alcuni cittadini Brindisini

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Liberal, idee moribonde e non lo sanno

Nello scontro Ichino - Fassina, parteggio per Fassina. Non lo conosco, né in verità conosco Ichino. So che viene dalla scuola di Visco, ed è un buon viatico, e che sostiene posizioni che oggi appaiono tremendamente di sinistra mentre sono normalmente socialdemocratiche. Ichino, invece, è un professore titolato, da anni è sulla breccia nella discussione sul mercato del lavoro, è stato minacciato dalle Br, è un uomo integro e coraggioso. Il dibattito attuale incentrato su di loro, sgombrando il campo dalla richiesta di misure punitive verso l’uno o verso l’altro, può aiutare a capire quale deve essere il ruolo di un partito di sinistra.

Nello scontro Ichino - Fassina, parteggio per Fassina. Non lo conosco, né in verità conosco Ichino. So che viene dalla scuola di Visco, ed è un buon viatico, e che sostiene posizioni che oggi appaiono tremendamente di sinistra mentre sono normalmente socialdemocratiche. Ichino, invece, è un professore titolato, da anni è sulla breccia nella discussione sul mercato del lavoro, è stato minacciato dalle Br, è un uomo integro e coraggioso. Il dibattito attuale incentrato su di loro, sgombrando il campo dalla richiesta di misure punitive verso l’uno o verso l’altro, può aiutare a capire quale deve essere il ruolo di un partito di sinistra.

I liberal, che sono molti di più dei seguaci di Enzo Bianco, considerano un’anticaglia ogni difesa delle vecchie trincee della sinistra e del sindacato. All’economia moderna, dicono, manca la necessaria flessibilità che può garantire la ripartenza e fra le rigidità quella che appare loro più insopportabile  è quella del mercato del lavoro. Lo scontro sarebbe, secondo costoro, fra gli sconfitti del secolo scorso e i vincitori del nuovo millennio. E’ proprio così? Mi sembra una sciocchezza. La dura realtà è che nel volgere di  una quarantina d’anni sono crollati due miti. E’ crollato il socialismo di marca sovietica che si è portato via l’idea di  un’economia di comando e di uno strapotere dello stato. E sta crollando lo scenario capitalista disegnato negli anni di Reagan e della signora di ferro.

A differenza di quel che pensano i liberal la stagione che stiamo vivendo ci offre la crisi verticale delle loro credenze diventate esse stesse l’ideologia più decrepita del mondo moderno. Insomma il comunismo è morto e il capitalismo non sta tanto bene, al punto che gli uomini di papa Ratzinger ne stanno addirittura celebrando il de profundis. Insomma capire chi è prigioniero delle ideologie del Novecento fra i liberal e la vecchia sinistra è una bella gara.

La crisi attuale pone il problema dell’uguaglianza, di un nuovo intervento pubblico, persino di nuove istituzioni che sappiano fronteggiare le dinamiche dei mercati. Detto in altri termini, vuole regole. L’idea che la crisi che attanaglia il paese si possa avviare a soluzione allentando i diritti di chi lavora in nome della possibilità di allargare la platea dei nuovi lavoratori non ha fondamento perché pretende meno regole. Il Sud è la prova di tutto questo. Qui le regole scarseggiano, convivono progresso e regressione, legalità e malavita, lavoro nero e aziende sane e prestigiose.

Guardando al problema che pone Ichino dal lato del Sud quali possono essere i benefici? Davvero crediamo che modificando l’art.18, limitando le garanzie e il lavoro sindacale saremmo di fronte a una nuova esplosione dell’imprenditorialità e a un allargamento del mercato del lavoro? Tutti conoscono la risposta.  Conservo perciò la sensazione che questo gran discorrere sui limiti all’iniziativa sindacale e sulle mani più libere per i datori di lavoro impedisca di avviare un seria riflessione sull’uscita dalla crisi.

Una crisi che non ha bisogno solo di misure con caratteri di rigore e equità ma che non deve mortificare le potenze sociali. Noi assistiamo al paradosso che l’agenda sociale ormai viene scritta da giuslavoristi un po’ astratti e da manager che cercano scorciatoie per nascondere il loro fallimenti, è il caso di Marchionne.  La sinistra invece deve stare bene attenta a non deve farsi spiantare dalla sua base sociale. Non è vero che per difendere i non garantiti bisogna allontanarsi da quelli che hanno un lavoro. Se avessimo fatto così nel primi anni del dopoguerra e in quelli del miracolo economico avremmo sfasciato il paese e distrutto la sinistra. Capisco che alcune componenti del Pd si sentano estranee a questo ragionamento, ma la loro contrarietà conferma che l’amalgama non è riuscito e forse non poteva riuscire. Ma questo è un altro discorso.

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