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A cura di Blog Collettivo

Ospitiamo in questo Blog opinioni di alcuni cittadini Brindisini

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Per parlare di sviluppo culturale, bisogna salvare il patrimonio in abbandono

Accadono cose nella gestione della cosa pubblica che spesso non rispondono a nessun criterio di trasparenza e di logicità. Prendiamo l’esempio del recupero e della manutenzione dei monumenti e delle testimonianze architettoniche del passato. A nessuno è sinora venuto in mente che “ripulire” le mura antiche della città, a cominciare da quelle di Porta Lecce, di tutti gli ingombri che negli anni sono stati costruiti a ridosso dei bastioni impedendone la visibilità, costituirebbe un atto coerente con il taglio culturale - turistico che la Civica Amministrazione ha voluto dare allo sviluppo della città dopo il pieno utilizzo del “Verdi” e di Palazzo Nervegna.

Accadono cose nella gestione della cosa pubblica che spesso non rispondono a nessun criterio di trasparenza e di logicità. Prendiamo l’esempio del recupero e della manutenzione dei monumenti e delle testimonianze architettoniche del passato. A nessuno è sinora venuto in mente che “ripulire” le mura antiche della città, a cominciare da quelle di Porta Lecce, di tutti gli ingombri che negli anni sono stati costruiti a ridosso dei bastioni impedendone la visibilità, costituirebbe un atto coerente con il taglio culturale - turistico che la Civica Amministrazione ha voluto dare allo sviluppo della città dopo il pieno utilizzo del “Verdi” e di Palazzo Nervegna.

Abbattere tutte le costruzioni che ostruiscono la vista dei bastioni e delle mura consentirebbe, tra l’altro, l’allargamento delle strade che costituivano la vecchia circonvallazione (extramurale) della città sino alla fine degli anni Sessanta, e la possibilità di creare quei parcheggi a raso che sarebbero fondamentali per la rivitalizzazione del centro storico. Ho fiducia che l’èquipe del professor Giorgio Goggi, tra i maggiori esperti di politica urbanistica in Italia, chiamato a disegnare il prossimo Piano Regolatore della città (ora si chiama Pug) se ne accorga e ritenga l’operazione opportuna. Ma questo è un altro discorso.

Parliamo invece della gestione del complesso monumentale della città. Non abbiamo la quantità, e la qualità di patrimonio che esiste a Lecce o a Taranto, ma questo invece di essere per alcuni aspetti una sorta di vantaggio, perché richiede minori sforzi finanziari e un ridotto carico organizzativo, diventa invece un alibi per scaricarsi dagli impegni e dalle responsabilità. Ultimo esempio: il restauro della vecchia chiesa di Tuturano, quella dedicata alla Madonna del Giardino. Non è uno dei monumenti più importanti che esistono in città, ma il fatto stesso che il Comune sta impegnando, sia pure con i fondi dell’Area Vasta, alcune centinaia di migliaia di euro per restaurarla, dovrebbe imporre – parate propagandistiche ed elettorali di assessori e consiglieri comunali a parte - trasparenza e garanzie per la migliore qualità degli interventi.

In primo luogo è singolare che il Comune rinunci ad effettuare direttamente l’intervento e lo deleghi invece alla Curia Arcivescovile.  E’ un obbligo di legge o una scelta “politica”? E’ stata sottoscritta in merito un’apposita convenzione? E chi garantisce sulla trasparenza degli appalti e sulla migliore qualità degli interventi da effettuare? Gli esempi che la Curia ci ha offerto in questi anni in materia non sono per niente rassicuranti, basti ricordare il restauro (“massacro” lo definì qualche esperto) della splendida chiesa delle Scuole Pie, oppure le statue di plastica appiccicate sulla facciata della Cattedrale. E’ allora un’impertinenza chiedere di conoscere quale impresa dovrà effettuare i lavori, quali sono le sue referenze, chi è il direttore responsabile dei lavori, e soprattutto quale società specializzata (o esperto professionista) dovrà procedere al restauro degli antichi affreschi, la parte più delicata dell’operazione? Ebbene, voglio essere ancora una volta impertinente.

Così come voglio esserlo ancora chiedendo cosa si aspetta ad intervenire per salvare la chiesa di San Paolo. Sta venendo giù, basta osservarne il campanile sgretolato. La chiesa di San Paolo, qualche anno fa, era la prima nell’elenco dei restauri che, secondo il Comune, dovevano essere effettuati con la massima urgenza. Misteriosamente poi, quando si trattò di ripartire i soldi, al primo posto salì la Cattedrale e le sue statue di plastica (forse perché si doveva invitare il Papa?) e, ancora più misteriosamente, al secondo posto delle urgenze balzò la chiesa degli Angeli. E’ successo ovviamente che i soldi finissero e la chiesa di San Paolo continuasse ad andare in malora.

Ecco, senza volerci addentrare in disquisizioni filologiche (già qualcuno comincia a notare una sottile ma significativa differenza tra la “città di acqua” e la “città di mare”, i due “water front” non possono essere gli stessi, ma di questo parleremo in seguito), è giusto chiedersi quanta coerenza c’è tra il proclamare per la città un futuro sviluppo di arte e di cultura e lasciare poi che quel poco di patrimonio artistico e monumentale che la storia ci ha tramandato vada in rovina e la cui gestione venga delegata ad altri.

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