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A cura di Blog Collettivo

Ospitiamo in questo Blog opinioni di alcuni cittadini Brindisini

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Tre amare storie di lavoro che non possiamo far finire in archivio

Suicida perché la sua condizione di lavoratore precario, malgrado una laurea, lo aveva psicologicamente distrutto. Denunciata dal datore di lavoro per furti che non aveva mai commesso, e solo a distanza di mesi dall’ultimo, presunto episodio: proprio quando il suo stato di gravidanza era divenuto noto al padrone. Incertezza per il futuro, malgrado la qualità e il valore scientifico del prodotto del loro ingegno e delle loro prestazioni: alla mercé di decisioni prese dal board di una multinazionale a migliaia di chilometri di distanza.

Suicida perché la sua condizione di lavoratore precario, malgrado una laurea, lo aveva psicologicamente distrutto. Denunciata dal datore di lavoro per furti che non aveva mai commesso, e solo a distanza di mesi dall’ultimo, presunto episodio: proprio quando il suo stato di gravidanza era divenuto noto al padrone. Incertezza per il futuro, malgrado la qualità e il valore scientifico del prodotto del loro ingegno e delle loro prestazioni: alla mercé di decisioni prese dal board di una multinazionale a migliaia di chilometri di distanza.

Tre storie, balzate alle cronache nello stesso giorno. La prima perché il protagonista ha scelto di farla finita lanciandosi dal treno in corsa a due chilometri da casa, la seconda perché è stata fatta giustizia piena in un’aula di tribunale, e a finire sotto inchiesta sarà ora l’accusatore. La terza perché gli interessati hanno deciso di cominciare uno sciopero a oltranza per difendere se stessi e un’azienda nata con i fondi pubblici, ma ora interamente controllata da capitale privato.

La vittima era un laureato in economia e commercio passato dalle forche caudine di un call-center; la ragazza una commessa di un laboratorio di acconciature, all’epoca dei fatti minorenne; i 29 scesi in lotta sono tecnici e ricercatori di una società del settore biomedico unica in Italia, con sede a Brindisi ma da tre anni controllata da una corporate Usa.

Tre storie di lavoro al Sud che spiegano alla politica di cosa deve occuparsi in provincia di Brindisi e altrove. La dimensione reale dei problemi è quella in cui questi fatti sono avvenuti. Le fazioni, i cambi di casacca, le ridicole regole del presunto diritto ad una nomina o ad un incarico solo in base al numero dei voti raccolti, anche le beghe di rappresentanza e ruolo, cosa sono di fronte ai tre spaccati di vita, ai tre film della solitudine del diritto alla dignità e al lavoro negati da qualcuno, sia esso un padrone, un gruppo internazionale, o il ginepraio dei contratti di flessibilità?

Ed è ancora più grave dell’indifferenza, il tentativo di irretire queste precarietà con il falso miele di grandi progetti che al territorio ed alla società imporranno poi altre gabelle ambientali e altri condizionamenti allo sviluppo. Ciò non deve più avvenire in una regione come la Puglia dove qualcosa di più di una speranza di cambiamento si è messa in marcia, dicono i quotidiani economici e le agenzie di rating. Un viaggio che i passeggeri pigri, però, possono condizionare. Una pigrizia, un’apatia ostile per i privilegi turbati, che vivono – si badi bene – anche sull’archiviazione rapida di storie come quelle di cui ci siamo occupati. Il compito dell’informazione è evitare che ciò accada.

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