rotate-mobile
Cultura

Così Monticelli e Marzolla salvarono il porto dalla chiusura e Brindisi dallo svuotamento

BRINDISI – La presentazione della ristampa anastatica “Difesa della città e del porto di Brindisi” di Benedetto Marzolla e Giovanni Monticelli 1832, voluta da Giorgio Sciarra, proprietario del volume originale ed esponente di Italia Nostra, non offre solo spunti di astratto interesse librario e culturale, ma si cala non a caso in un momento di transizione delicatissimo del nostro porto, su cui pende la spada di Damocle del progetto del rigassificatore British Gas ma nel contempo pesa anche l’ombra dell’esclusione di fatto – e d’ufficio – dal sistema logistico dei trasporti che l’Italia (secondo le linee tracciate dall’Unione europea) dovrà realizzare a breve.

BRINDISI – La presentazione della ristampa anastatica “Difesa della città e del porto di Brindisi” di Benedetto Marzolla e Giovanni Monticelli 1832, voluta da Giorgio Sciarra, proprietario del volume originale ed esponente di Italia Nostra, non offre solo spunti di astratto interesse librario e culturale, ma si cala non a caso in un momento di transizione delicatissimo del nostro porto, su cui pende la spada di Damocle del progetto del rigassificatore British Gas ma nel contempo pesa anche l’ombra dell’esclusione di fatto – e d’ufficio – dal sistema logistico dei trasporti che l’Italia (secondo le linee tracciate dall’Unione europea) dovrà realizzare a breve.

Pur essendo inserito nel gruppo dei porti italiani di interesse nazionale, e in quello dei porti di interesse primario per la Ue, Brindisi non ha ricevuto neppure un euro nell’ambito dei finanziamenti delle opere strategiche. L’attuale è una situazione molto simile a quella del 1832, quando il governo della Terra d’Otranto era esclusivamente nelle mani della nobiltà e della borghesia agraria, e dello stesso clero, che puntavano su Gallipoli come scalo principale per i propri traffici commerciali, strategia che passava attraverso la soppressione definitiva del  porto di Brindisi e la deportazione dei suoi abitanti a Mesagne. Contro questo progetto insorsero i due scienziati. Oggi chi parla per Brindisi? Inevitabile che il 2 dicembre si finisca col ragionare anche di questo.

-------------------------------------------------------------------------------------------------

«In primis Italiae portu nobile» afferma Plinio con un giusto riconoscimento per il porto di Brindisi di cui Roma si servì sin dalla guerra illirica del 229. Un porto di primaria importanza non solo per le imprese belliche ma anche per i traffici marittimi, un punto di passaggio e di incontro obbligato. Infatti Brindisi, grazie al suo porto, fu per lungo tempo importante punto di riferimento marittimo. Poi, per varie vicende storiche e per scelte di alcuni uomini, questo magnifico porto fu sacrificato per strategie belliche, visse un lungo periodo di declino e oblio. Non fu possibile accedere, se non per il piccolo naviglio, nei due bracci di mare che in gran parte si trasformarono in paludi, l’aria divenne mefitica, malsana e la popolazione diminuì fortemente. Nella seconda metà del settecento il Re di Napoli e Sicilia, Ferdinando IV di Borbone, incaricò l’ingegnere militare Andrea Pigonati, di progettare le opere di ripristino del canale di collegamento tra il porto interno e quello medio. Ma tali interventi, sulla foce del porto, si dimostrarono errati e col tempo si verificò nuovamente l’interramento dei bacini interni.

Determinatasi la provincia di Terra d’Otranto, comprendente l’attuale Salento, per difendere le ragioni di Gallipoli e a concentrare su quel porto ogni pubblica risorsa, fu proposto ai cittadini di Brindisi l’abbandono della città e il conseguente trasferimento in Mesagne. Contro tale soluzione si elevò la protesta della borghesia imprenditoriale della città, al cui sviluppo molto aveva contribuito Carlo de Marco, che nella chiusura del porto vedeva la fine di ogni possibilità di sviluppo commerciale. Occorreva che la questione di Brindisi si ponesse, a quel punto, come questione d’interesse nazionale determinando l’intervento della corona; tale fu la strategia propugnata dal grande vulcanologo Teodoro Monticelli e tradotta in atti dal nipote Giovanni e dal notissimo geografo Benedetto Marzolla. La memoria allora pubblicata è uno dei momenti fondamentali di una battaglia ideale che doveva infine restituire alla città un futuro, al regno un porto e alla civica coscienza memoria dei devastanti effetti che l’azione non meditata dell’uomo può produrre su un ecosistema fragile quale quello di Brindisi.

Lo storico francese Fernand Braudel scrive che il Mediterraneo non è un’unità ma un incontro; tale era stata Brindisi per secoli e tale ritornò ad essere grazie alla tenace difesa di due suoi illustri concittadini. Quella memoria, quella strenua difesa della propria città è oggi riproposta in una ristampa anastatica. Questa verrà presentata giovedì 2 dicembre 2010 alle ore 18.00 presso la sala delle conferenze di Palazzo Granafei Nervegna con gli interventi di Katiuscia Di Rocco, Giuseppe Maddalena Capiferro, Giacomo Carito e Antonio Caputo. Un saluto del sindaco Domenico Mennitti introdurrà gli interventi, che saranno coordinati da Giorgio Sciarra, autore del progetto. La ristampa è stata eseguita dalla tipografia La Concordia di Brindisi. I proventi di questa pubblicazione saranno devoluti alla Sezione di Brindisi “Giuseppina Antelmi” dell’AIL Associazione Italia contro le Leucemie, linfomi e mieloma.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Così Monticelli e Marzolla salvarono il porto dalla chiusura e Brindisi dallo svuotamento

BrindisiReport è in caricamento