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Cultura

Full immersion nella storia del jazz

BRINDISI - Al jazz è dedicata ogni anno, nel mondo, una giornata particolare, la “Giornata mondiale del jazz” promossa dall’Unesco e festeggiata il 30 aprile.

BRINDISI - Dai campi di cotone e canna da zucchero delle sconfinate campagne del Sud degli Stati Uniti si alzavano canti di uomini infelici. Erano i canti degli schiavi provenienti dall’Africa occidentale, intonati per dimenticare i loro dolori, le loro fatiche nelle piantagioni e per comunicare a distanza senza farsi comprendere dai guardiani. Da quei canti, che secondo il loro utilizzo erano chiamati calls hollers (richiami), o work songs (canti di lavoro), dalle ballate e dagli inni metodisti nacque una musica straordinaria, una musica che farà ballare e divertire tutto il mondo, il jazz.

Al jazz è dedicata ogni anno, nel mondo, una giornata particolare, la “Giornata mondiale del jazz” promossa dall’Unesco e festeggiata il 30 aprile. Anche a Brindisi il jazz è stato festeggiato ieri alle ore 18.30 presso il Salone dell’ex convento S. Chiara, con una bella conferenza-concerto del maestro Gianni Lenoci. Organizzata dal club Unesco di Brindisi con la collaborazione del Comune e intitolata “ Dai Groit agli ultimi poeti. Il lungo viaggio del jazz”, la conferenza-concerto è stata aperta dalla presidentessa dell’Unesco club di Brindisi, Clori Ostilio Palazzo, che ha parlato di quanto il jazz, rappresenti una forza positiva per l’organizzazione sociale, di come abbia conquistato il mondo essendo una musica libera e passionale e di come incoraggi l’innovazione artistica.

Il jazz considerato la musica più democratica, è festeggiato dall’Unesco ogni anno in una città diversa. Quest’anno la città prescelta è stata Instanbul. A introdurre la conferenza-concerto è stato il trio Sangoma formato da Sara Frassanito (voce), Daniele Bove (piano) e Pietro Rosato (sax tenore/clarinetto basso) i quali hanno eseguito alcune musiche jazz creando atmosfere intime e raffinate. Il nome Sangoma indica, nella cultura africana, il guaritore, lo sciamano.

La storia del jazz è segnata da mutamenti costanti. Dagli originari canti degli schiavi nacquero, infatti, gli spirituals, canti religiosi, attraverso i quali gli uomini di colore esternavano la loro speranza in un futuro migliore. Dagli spiritual si passò successivamente al blues, la forma più classica di jazz. A cambiare era il sentimento ispiratore. Infatti, se negli spirituals vi era la speranza, con il blues vi era invece disillusione.

Gli uomini di colore del periodo successivo alla Guerra di Secessione (1861-1865) non credevano più nell’idea di libertà. E’ in questo periodo che, approssimativamente, nasce il jazz. Molte piccole orchestrine di musicisti neri improvvisavano esplosive musiche blues per le vie di New Orleans, la più variopinta delle città americane. Per giungere alla musica jazz si dovrà aspettare però l’affermarsi del ragtime, la musica popolare del Missouri e i minstrels, piccoli spettacoli inscenati sui battelli che attraversavano il Mississipi.

Nel Novecento i primi jazzisti suonavano nei locali più malfamati della città e non sapendo leggere la musica, improvvisavano, modificando ogni volta le melodie dei brani, creando così a versioni sempre diverse dello stesso brano. In seguito alla chiusura dei locali malfamati i musicisti jazz lasciarono New Orleans per recarsi a Chicago, in cerca di altri luoghi dove suonare. Fu tra il 1923 e il 1929 che il jazz riscosse un certo successo. Tra i musicisti che divennero famosi il cornettista Joe “King” Oliver, il pianista Jelly Roll Morton e il trombettista Louis Armstrong, che rese arte quella straordinaria musica.

Durante “l’età del jazz”, come la definì Scott Fitzgerald, la musica apparentemente disordinata e informe dei jazzisti di Chicago e New York non piacque molto ai bianchi perché sapeva di bassifondi. Le prime grandi orchestre jazz invece ebbero un certo successo: in particolare si distinsero quella di Fletcher Henderson e di Duke Ellington. Con il passare del tempo si passò dall’improvvisazione collettiva alla musica individuale grazie all’esempio di musicisti straordinari come Armstrong e Morton. Fu questo un periodo fortunato per i musicisti fino a quando non sopraggiunse la crisi del 1929 che ridusse in povertà molti di loro.

Nel 1935 la famosissima orchestra di Benny Goodman fece ballare e divertire milioni di giovani nel mondo con quella musica che, a ogni assolo, trasportava dolcemente. Si parlava però ancora di swing perché il termine jazz era ancora poco diffuso. Tra i giovani musicisti swing emersero Harry James, Glenn Miller e Artie Shaw. Questo prospero periodo finì con la seconda guerra mondiale. Il jazz che nacque a Harlem per opera di giovani musicisti di colore tra il 1942-1943, prese il nome di bop.

Tra i musicisti che lo idearono l’alto sassofonista Charlie Parker e il pianista Thelonious Monk. Il bop aggressivo, poco orecchiabile e troppo veloce di quei giovani musicisti americani arrabbiati, per essere stati ancora una volta emarginati dai bianchi nonostante il loro contribuito in guerra, fu subito contrastato dall’industria del divertimento, ma ciò non impedì loro di mandare in soffitta la vecchia musica jazz.

Nel 1945 il jazz mutò ancora perdendo i caratteri di musica divertente. Il jazz“moderno” perse gran parte del suo pubblico che non lo ritenne più piacevole e adatto al ballo. Dall’evoluzione del bop nacque il cool jazz (jazz freddo, calmo), privo del tipico vibrato. Prevalse invece il jazz elegante e rarefatto dei musicisti bianchi, un jazz che però non era adatto per i locali notturni. Nel 1955 il jazz tornò ad essere aggressivo,improvvisato, fino a quando non sopraggiunsero gli sperimentatori degli anni Sessanta che fecero entrare in crisi il jazz. Dare una definizione di jazz è quindi molto difficile per questa sua continua mutevolezza.

Il“viaggio sentimentale nelle principali stazioni della musica jazz” offerto ieri dal maestro Lenoci, ha mostrato gli aspetti poetici di questa musica esplosiva. Per il maestro il jazz può essere paragonato alla condizione dell’innamoramento perché, esattamente come l’amore ha una dimensione cosmica e tante interpretazioni. “Il jazz appartiene all’arte ed è espressione del genere umano”. Il musicista ha parlato poi dell’importanza dell’ascolto, del tempo e dell’istante nella musica e di come quest’ultima ci porti in luoghi lontani.

Nel jazz vi è una grande idea di narrazione ed astrazione ed è sempre possibile modificare la propria storia, come facevano i cantastorie, i griot. Il maestro ha continuato la sua conferenza mettendo a confronto il jazz con le altre arti come la pittura e il cinema, evidenziando l’importanza della percezione, fondamentale per l’ascolto. Il maestro Lenoci ha concluso parlando, infine, dell’idea europea d’inconscio. Le musiche jazz eseguite dal maestro hanno ripercorso il lungo cammino del jazz da Louis Armstrong a Parker, da Monk a Braxton, terminando con il jazz del futuro.

 

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