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Dopo la bonifica il laghetto, gli alberi. E l'abbandono: la ex discarica dimenticata

BRINDISI – Doveva diventare il primo esempio in Puglia di area bonificata col presupposto del “privilegio speciale immobiliare”, e lo è stato. Dovevano essere impiantate alcune migliaia di alberi, ed è stato fatto; doveva essere realizzato un laghetto, e lo specchio d’acqua c’è. Ciò che è mancato alla fine della storia, che è quella della messa in sicurezza e del recupero dell’area della ex discarica della Base Usaf e dei Comuni di S.Vito dei Normanni e Mesagne, trasformata in un parco pubblico di 6 ettari, sono la vigilanza e la gestione dell’area. Il cancello d’ingresso all’area recintata è stato rubato quasi subito, e sono stati rubati anche i motori dell’impianto che doveva insufflare l’aria atmosferica a 30-35 metri di profondità per favorire i processi di ossidazione degli strati profondi dei rifiuti stoccati sin dagli anni Sessanta, e pare anche quelli dell’impianto del recupero del gas naturale prodotto dai processi di fermentazione.

BRINDISI – Doveva diventare il primo esempio in Puglia di area bonificata col presupposto del “privilegio speciale immobiliare”, e lo è stato. Dovevano essere impiantate alcune migliaia di alberi, ed è stato fatto; doveva essere realizzato un laghetto, e lo specchio d’acqua c’è. Ciò che è mancato alla fine della storia, che è quella della messa in sicurezza e del recupero dell’area della ex discarica della Base Usaf e dei Comuni di S.Vito dei Normanni e Mesagne, trasformata in un parco pubblico di 6 ettari, sono la vigilanza e la gestione dell’area. Il cancello d’ingresso all’area recintata è stato rubato quasi subito, e sono stati rubati anche i motori dell’impianto che doveva insufflare l’aria atmosferica a 30-35 metri di profondità per favorire i processi di ossidazione degli strati profondi dei rifiuti stoccati sin dagli anni Sessanta, e pare anche quelli dell’impianto del recupero del gas naturale prodotto dai processi di fermentazione.

Sono state rubate anche molte piante, molte altre sono miseramente morte, e nel terreno ci sono pozzette forse destinate all’impianto della futura illuminazione del luogo, che l’erba alta ha trasformato in trappole da guerriglia; se ci infili una gamba te la rompi di sicuro. E poi c’è il laghetto, che assume un aspetto quasi surreale in questo abbandono, e che in un contesto privo di sicurezza (il cancello non c’è più, il luogo non è vigilato) può diventare un fattore di rischio. Per non parlare di uno dei sentieri del “parco” che costeggia la profonda cava retrostante, senza una parapetto. Non c’è neppure un cartello a sostituire quello di cantiere ormai rimosso, che vieti l’accesso, che spieghi che si tratta di un sito di pertinenza del Comune di Brindisi, perché è questa l’amministrazione che  nel 2008 ha gestito l’operazione di bonifica, senza poi dare un seguito al progetto. Che era stato redatto da Anna Maria Tudisco, responsabile del Settore ecologia, e dall’agronomo paesaggista Giovanni Nardelli.

Se questo stato di cose non dovesse cambiare, l’ex discarica col suo laghetto e i suoi alberelli abbandonati farebbe il paio perfetto con la non lontana pista ciclabile realizzata lungo il canale Reale, e in territorio di Brindisi, dalla prima delle amministrazioni Trizza  di S.Vito dei Normanni, per collegare i luoghi delle cripte bizantine alla riserva di Torre Guaceto, passando per Baccatani. Soldi sprecati, perché il suo degrado è cominciato quasi subito, ed è stata usata solo dai mezzi agricoli. Per inciso, era previsto che le manutenzioni ricadessero sul Comune di Brindisi. Un pasticcio d’altri tempi. Ovviamente l’opera non è mai servita ai cittadini, ed ha prodotto il dovuto tornaconto e legittimo solo a progettista e impresa che ha effettuato i lavori.

Ma torniamo alla ex discarica. L’importo del progetto era di 2 milioni 247mila euro da fondi Por Puglia, con gara aggiudicata all’Ati composta da Gesteco e Serveco, imprese del settore del ciclo dei rifiuti. La procedura applicata fu quella prevista  dall’articolo 2748 del codice civile, e dall’articolo 17 del decreto legge 22/97, che prevede nei confronti del proprietario dell’area un obbligo a dare, anche se non è l’inquinatore. Nel caso di specie, la società titolare del terreno (che fa capo a imprenditori di S.Vito dei Normanni) non era responsabile, perché il sito era stato utilizzato dalle amministrazioni comunali sanvitese e mesagnese, e dalla Base Usaf, e ad esaurimento avvenuto, la grande massa dei rifiuti accumulata in almeno un paio di decenni era stata solo ricoperta con uno strato di terriccio, che per altri anni ha continuato a rilasciare gas e probabilmente diossine  a causa dei processi di combustione profonda mai estinti, per non parlare della contaminazione della falda freatica sottostante e circostante.

Il Comune di Brindisi, previo accordo con il soggetto titolare, decise pertanto di intervenire in sua vece per l’azione di bonifica e messa in sicurezza senza per questo diventare proprietario dell’area, ma il privato non avrebbe potuto venderla senza prima rimborsare all’ente pubblico gli oneri sostenuti per gli interventi. Nel frattempo l’area stessa sarebbe diventata di pubblico accesso e fruibilità. A parziale riparazione dei danni ambientali patiti dalla falda, era previsto l’impiego di un impianto mobile di aspirazione e trattamento dell’acqua inquinata dal percolato, che successivamente doveva  essere ripompata nel sottosuolo. In più, il Comune di Brindisi integrò l’intervento con la riqualificazione ambientale del sito. Compiuto quasi tutto il lavoro previsto, torna ad avanzare il degrado.

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