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Plastica nel sangue, cuori malati

BRINDISI – Nella città del petrolchimico che fu tra i più importanti in Italia, e che oggi è sotto inchiesta per aver utilizzato – chissà per quanto tempo – le torce di sicurezza come termodistruttori di scorie e gas, i medici di Neonatologia dell’ospedale Perrino trovano nel sangue prelevato dai cordoni ombelicali dei nascituri e dal latte delle madri gli ftalati, prodotti del decadimento del Pvc, il cloruro di polivinile. E allora si è più convinti di prima che le decine di operai morti che hanno lavorato in quella fabbrica hanno preso il cancro proprio lì, anche se la procura ha chiesto e ottenuto l’archiviazione di un procedimento iniziato anni fa perché non vi sarebbe prova scientifica della relazione tra il cloruro di vinile monomero e il tipo di tumori che hanno fatto strage tra gli ex dipendenti di quella fabbrica.

BRINDISI – Nella città del petrolchimico che fu tra i più importanti in Italia, e che oggi è sotto inchiesta per aver utilizzato – chissà per quanto tempo – le torce di sicurezza come termodistruttori di scorie e gas, i medici di Neonatologia dell’ospedale Perrino trovano nel sangue prelevato dai cordoni ombelicali dei nascituri e dal latte delle madri  gli ftalati, prodotti del decadimento del Pvc, il cloruro di polivinile. E allora si è più convinti di prima che le decine di operai morti che hanno lavorato in quella fabbrica hanno preso il cancro proprio lì, anche se la procura ha chiesto e ottenuto l’archiviazione di un procedimento iniziato anni fa perché non vi sarebbe prova scientifica della relazione tra il cloruro di vinile monomero e il tipo di tumori che hanno fatto strage tra gli ex dipendenti di quella fabbrica.

Una prova che non è stata trovata a Brindisi, forse, ma a Venezia sì: stessa azienda, stesse produzioni, stesso cancro, stessi morti. E lì la magistratura ha condannato le società chimiche. Anche per Brindisi avevano accantonato in bilancio le somme per i risarcimenti, ma non c’è stato bisogno di tirar fuori un centesimo. Il Pvc è nell’aria, nel mare, nel terreno. Chissà. E’ strano anche che in questa città si siano cominciati a trovare parametri fuori posto in caso di eventi eccezionali che hanno impegnato l’Arpa su richiesta di altri enti, e che il monitoraggio delle accensioni delle torce abbia dovuto farlo la polizia.

E’ strano che chi ha prodotto una indagine epidemiologica in un territorio industrializzato e definito sito inquinato di interesse nazionale, dove ancora nessuno tiene un registro tumori e la Asl non ha mai promosso una indagine epidemiologica mirata, venga definito un allarmista. Qui la democrazia ambientale esiste solo a parole, nei fatti assolutamente no. Ma ecco che gli allarmisti, giorno dopo giorno riescono a raccogliere i dati ospedalieri di dieci anni. Quelli tra il 2001 e il 2010. Dati obiettivi, anche se da elaborare, e loro lo fanno. Sono le cartelle cliniche delle dimissioni di bambini nati con malformazioni congenite.

Gli allarmisti sono solo dieci, come gli anni da analizzare: alcuni sono medici, il primario di neonatologia dell’ospedale Perrino, Giuseppe Latini, e il cardiologo e medico dell’Unità di terapia intensiva neonatale, Enrico Rosati, poi c’è con loro Gabriella Padolecchia, funzionaria della Asl Br/1, quindi una serie di ricercatori del Cnr di Lecce, Istituto di Fisiologia clinica, Emilio Gianicolo, Antonella Bruni, Saverio Sabina, Roberto Guarino, Carlo Leo, quindi Maria Grazia Andreassi e Maria Angela Vigotti del Cnr di Pisa, la seconda anche per l’Università pisana. La prima cosa che fanno è dividere la provincia in cerchi concentrici: Brindisi con la sua zona industriale ed il suo porto, ricadenti nel Sin, poi la fascia A dei centri abitati più vicini al capoluogo, infine la fascia B, quella dei centri più lontani.

Questo lavoro sta per diventare a breve una pubblicazione scientifica, altro che allarmisti. E’ forse tranquillizzante non avere neppure un registro tumori quando in Campania e Calabria ce l’hanno quasi tutti i comuni delle aree a rischio di inquinamento industriale e di inquinamento da rifiuti? Una pubblicazione scientifica, dunque, dove si dimostra che la percentuale di malformazioni neonatali, ed in particolare di quelle cardiache, in neonati da madri che hanno trascorso la gestazione nel capoluogo sono nettamente superiori a quelle presentate dai registri di Eurocat. E’ anche questa una sfortunata coincidenza? La serietà scientifica degli autori dello studio è affidata al loro messaggio: è necessario indagare più a fondo, gli enti preposti promuovano subito questa ricerca.

Sino ad ora non lo ha fatto nessuno. Ma i dati raccolti negli ospedali del Brindisino contribuiscono ad isolare quello allarmante del capoluogo: malformazioni congenite globalmente considerate 40% in più dell'incidenza attesa a livello europeo, cardiopatie congenite 49,1 % in più, queste ultime classificate a loro volta in tre gruppi: alta mortalità perinatale, media mortalità perinatale, bassa mortalità perinatale. La divisione in tre aree geografiche delle statistiche delle malformazioni è servito a stabilire l’associazione tra malformazioni e luogo di residenza della madre durante la gravidanza.

Ne emerge, in assoluto, che tra il 2001 e il 2010 le anomalie congenite in generale riscontrare in neonati brindisini sono state 194, quindi una media di 228.2 su 10mila nascite, mentre l’aspettativa in base ai dati dei registri Eurocat dovrebbe essere di 165.5 casi. Tra queste anomalie congenite, 83 sono i casi di anomalie cardiache, quindi una proiezione di 97.6 casi su 10mila, mentre l’aspettativa alla luce delle medie europee dovrebbe essere di 55.7 casi su 10mila. Tra le anomalie cardiache riscontrate a Brindisi, 44 i casi di cardiopatie ventricolari, 17 di cardiopatie atriali, 8 di stenosi polmonari, con proiezioni rispettivamente di 51.7 casi su 10mila (aspettativa europea, 24.5), 20 su 10mila (aspettativa europea, 16.9), e 9.4 su 10mila (aspettativa europea, 3).

La gravità della situazione è evidente. E che il problema sia il tasso di inquinamento del capoluogo, legato alla concentrazione di attività industriali ed energetiche, è più che un sospetto. Ecco il paragone con le fasce geografiche delle anomalie congenite nei neonati. Brindisi, 193 casi su 8503 nascite, dei quali 82 di anomalie cardiache; gruppo A, quello più vicino al capoluogo, 157 casi su 8669 nascite, dei quali 57 di anomalie cardiache; gruppo B, quello dei centri più lontani, 360 casi su 17.523 nascite (205.4 su diecimila rispetto ai 227 su diecimila della città capoluogo), e 99 di anomalie cardiache (56.5 casi su diecimila, rispetto ai 96.4 casi su diecimila di Brindisi).

Ci vuole altro per convincere la Asl ad attivare indagini mirate e più approfondite? E finalmente a istituire i registri tumori comune per comune? Oppure si temono verità scomode, troppo a lungo taciute?

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