Dopo il caso Tecnova, indagini delle procure sui "caporali" del fotovoltaico
BRINDISI - I presunti schiavisti del fotovoltaico adesso hanno un volto e un nome, si tratta di persone legate a filo doppio, anche formalmente, alla azienda spagnola Tecnova, finita nel mirino della procura leccese dopo la rivolta dei lavoratori immigrati. Gente che oggi rischia il rimpatrio dato che, dopo la scomparsa nel nulla dell’azienda, non hanno più un contratto di lavoro che ne giustifichi dal punto di vista legale la permanenza in territorio italiano. La beffa dopo il danno dunque, ma non per molto. I magistrati stanno dando la caccia ai mediatori italiani, quelli che hanno reclutato la manodopera a basso prezzo, finita nei campi da mane a sera a istallare pannelli per la produzione di energia solare come qualche secolo fa nei campi di cotone. Da qui a breve potrebbe scattare un blitz di proporzioni mai viste, la ribellione ha prodotto i suoi frutti, e anche il prefetto Nicola Prete che questa mattina ha incontrato i sindacati ha annunciato “sorprese”.