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Economia

Un bell'esempio di capitalismo finanziario: grande svendita di progettisti

BRINDISI – “È un po' come se una piccola ditta di cartoni animati un bel giorno si comprasse la Walt Disney. E dopo qualche anno, non contenta, anche la Warner Bros”. Così Eugenio Occorsio presenta sull’edizione romana de La Repubblica l’imprenditore 47enne Fabrizio Di Amato. L’occasione è il lancio di una piccola società di trasporto metropolitano con una flotta di sei elicotteri, la Esperia.

BRINDISI – “È un po' come se una piccola ditta di cartoni animati un bel giorno si comprasse la Walt Disney. E dopo qualche anno, non contenta, anche la Warner Bros”. Così Eugenio Occorsio presenta sull’edizione romana de La Repubblica l’imprenditore 47enne Fabrizio Di Amato. L’occasione è il lancio di una piccola società di trasporto metropolitano con una flotta di sei elicotteri, la Esperia.

Ma il giornalista allude – siamo esattamente nel giugno del 2010, un anno fa – alla scalata che ha reso famoso colui che era sino al 2003 solo un piccolo costruttore divenuto noto per l’appalto dell’Ara Pacis. E’ quella operazione che punta prima a Fiat Engineering nel febbraio del 2004, poi a Tecnimont nel luglio del 2005, con cui prende forma il più grande gruppo di ingegneria impiantistica italiano: 5000 dipendenti nel 2010, fatturato di 2,2 miliardi di euro, una sede con 500 unità anche a Mumbai in India, un portafoglio ordini di 4,7 miliardi, e la quotazione in borsa nel novembre del 2007.

Un uomo dei miracoli, considerando che Di Amato era partito alla conquista di Fiat Engineering, valutata 115 miliardi, senza tirare fuori un euro: 80 milioni li aveva ottenuti dalle banche, il resto lo aveva garantito la stessa Fiat trattenendo una quota della società. Se chiedi a Di Amato non dirà, probabilmente, che fu Luca Cordero di Montezemolo, del quale era stato partner in alcuni investimenti, a tirargli la volata. E probabilmente che non ha avuto alcun peso neppure la sua rete di agganci politici e finanziari, che vanno da Giovanni Malagò, personaggio del jet set e di settori che contano dell’imprenditoria romana, a Roberto Poli, presidente di Eni e padre della sua compagna.

Ma vaglielo a raccontare ai 67 progettisti di Tecnimont Brindisi, che genio della finanza hanno come capo. Tutti fuori dal cancello stamani, con i segretari dei sindacati confederali di categoria Femca Cisl, Filctem Cgil e Uilcem Uil, per cominciare la lunga battaglia per la difesa dei loro posti di lavoro. Tecnimont, come preannunciato nelle scorse settimane, ha confermato che entro il 30 settembre smantellerà il centro di progettazione di Brindisi, dopo aver già chiuso quelli di Torino, Bergamo e Firenze. Questa la prospettiva per 38 ingegneri e 29 tecnici specializzati soprattutto in impianti chimici, e in particolare per quelli destinati alla produzione di poliolefine, nella progettazione dei quali Tecnimont ha una posizione leader a livello internazionale.

A Di Amato forse interessa più l’ingegneria finanziaria. Le chiusure a catena fanno oscillare il titolo in borsa, che da 2,28 euro ad azione è passato ad 1 euro, dicono i dipendenti in lotta. E forse dopo aver guadagnato tanto vendendo al prezzo più alto, Di Amato non sorprenderebbe nessuno se ricomprasse tutto al prezzo più basso. Nel 2005 fu capace di comprare Tecnimont da Edison per 180 milioni con un’operazione che si rivelò un piccolo capolavoro, facendo pagare alla stessa Tecnimont gran parte del costo della stessa.

Maire Holding (Maire è il nome della società madre di Di Amato) nell'ottobre del 2005 prima passa a Tecnimont il 67,4 per cento della Maire Engineering (somma di Fiat Engineering più le vecchie aziende dello stesso Fabrizio Di Amato), trasferimento avvenuto per 115 milioni di euro. Con quei soldi Di Amato chiude gran parte del debito verso Edison per l’acquisizione di Tecnimont. Ma se il pacchetto di maggioranza vale tanto, l’intera Maire Engineering con questo giro sale di valore sino a 170 milioni. Vale la pena ricordare che Di Amato aveva comprato da Fiat a 115, e si ritrova con un incremento di valore (al netto di quello della sua aziende) di 28 milioni, in sostanza vendendo a se stesso.

Ma che c’entra il primato italiano nella progettazione di impianti petrolchimici con tutto questo e con ciò che probabilmente Di Amato ha in mente per il futuro? Che peso potranno avere nella definizione del futuro di Tecnimont il valore dei tecnici del gruppo, come quelli di Brindisi che doveva diventare centro di eccellenza per la progettazione di impianti di poliolefine, e che invece vide bloccarsi la crescita verso le prenunnunciate 150 unità appena dopo la quotazione in borsa di Maire Tecnimont? Esiste ancora in Italia una politica industriale pubblica pronta ad intervenire in difesa dei settori strategici a rischio di diventare solo buoni affari per fondi di investimento esteri?

Una via di uscita per salvare il polo Tecnimont di Brindisi è quello del passaggio ad un altro gruppo industriale. Su questo spingono i 67 lavoratori ad alta qualificazione, in questo spera il sindacato, ma bisogna trovare un tavolo che vada ben oltre Brindisi. Il prossimo appuntamento con l’azienda per verificare la praticabilità di questa strada è il 12 luglio. Se Di Amato ha già messo in conto una simile ipotesi, quello è il giorno giusto per capire. Brindisi intanto rischia di perdere un altro pezzo importantissimo del suo sistema industriale, dopo aver assistito alla chiusura di Biomateriali.

Ma è solo frutto delle nuove alchimie finanziarie di Maire Tecnimont questa crisi, o c’entra anche – come si dice da qualche parte – il fatto che sta sfumando la possibilità di fare buoni affari con l’operazione Brindisi Lng? “E’ una voce, una ipotesi – rispondono alcuni progettisti – perché effettivamente il valore di una partecipazione alla costruzione del rigassificatore sarebbe stato alto per l’azienda. Non come per le centrali a carbone che Maire Tecnimont avrebbe dovuto consegnare chiavi in mano in Cile e Brasile. E’ stato un bagno di sangue, quello, perché nelle centrali l’80 per cento dei guadagni in fase progettuale e realizzativa va alla parte caldaie e generatori”.

Ora, nella palazzina alle spalle di Fiat Avio comincia l’attesa per l’esito delle prime iniziative politiche. “Con grande preoccupazione, nelle scorse settimane abbiamo incontrato più volte una delegazione dei lavoratori Tecnimont  - dice il senatore Salvatore Tomaselli del Pd - e le stesse organizzazioni sindacali di categoria, per manifestare la nostra vicinanza e solidarietà e per raccogliere direttamente informazioni utili circa le volontà aziendali. Ad uno di questi incontri ha partecipato, oltre allo scrivente, la vice presidente della Regione Puglia, Loredana Capone”.

E Loredana Capone, fa sapere Tomaselli, ha invitato l’azienda ad un incontro presso la Regione Puglia con la Task Force per l'occupazione. “Sarà quella la sede, nei prossimi giorni, per verificare le effettive volontà aziendali circa il futuro della sede di Brindisi e le condizioni per sventare tale scelta. La scelta di non dare pubblica notizia di tali incontri e di tali impegni, come ben sanno i lavoratori, aveva lo scopo – spiega Tomaselli - di non pregiudicare i contatti in corso tra lavoratori, sindacati e azienda con annunci che potevano in qualche modo apparire intempestivi in assenza di una formale comunicazione dell'avvio delle procedure di chiusura della sede di Brindisi”. Ma adesso l’annuncio della volontà di Maire Tecnimont c’è.

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