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Martedì, 19 Marzo 2024
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Truffe ai danni di anziani: blitz all'alba, arrestate sei persone

Si qualificavano falsamente come avvocati o carabinieri. Gli indagati risiedono tutti in provincia di Napoli

Sei persone, tutte residenti in provincia di Napoli, sono state arrestate per truffe ai danni di anziani commesse in provincia di Brindisi. Gli indagati sono stati raggiunti all’alba di oggi (venerdì 18 settembre) da un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del tribunale di Brindisi, Maurizio Saso, su richiesta del pm Alfredo Manca, ed eseguita dai carabinieri della compagnia di San Vito dei Normanni, coadiuvati nelle fasi di localizzazione ed esecuzione dalle compagnie Carabinieri di Napoli-Centro, Napoli-Vomero, Napoli-Stella, Napoli-Poggioreale, Casoria e Torre del Greco.

I dettagli dell'indagine sono stati forniti nel corso di una conferenza stampa svoltasi presso la sede del comando provinciale carabinieri di Brindisi, in presenza del comandante della compagnia di San Vito dei Normanni, capitano Antonio Corvino, del comandante della stazione di San Vito dei Normanni, luogotenente Antonio Palma, e dal maresciallo della stazione di Ceglie Messapica, Vincenzo Carone. 

Gli arrestati

Gli arrestati sono: Fortunato Rivieccio 20 anni di Napoli, Alessio Scialò 32 anni di Napoli (entrambi in carcere), Emanuele Vitulli 30 anni di Napoli, Emanuele Limatola 24 anni di Napoli, Vincenzo Siano 42 anni di Portici (Na) e Arnaldo Abete 22 anni di Napoli (tutti e quattro ai domiciliari).

Truffe ad anziani: le foto delle persone arrestate

Figure di spicco dell'inchiesta sono Rivieccio e Scialò, accusati di associazione per delinquere finalizzata alle truffe aggravate, unitamente a una terza persona ancora da identificata. Gli altri indagati devono rispondere dei reati di truffa e tentata truffa aggravata in concorso, senza il vincolo associativo. Gli autori hanno commesso le azioni delittuose in provincia di Brindisi, precisamente a San Pancrazio Salentino, Latiano, Ceglie, San Vito, Fasano, Ostuni, ai danni di pensionati, fra i 70 e i 90 anni. Si qualificavano come avvocati o carabinieri.

I ruoli e il modus operandi

Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Brindisi e condotte dai militari della Stazione di San Vito dei Normanni e da quelli della Stazione di Latiano, sono scaturite da una serie di truffe perpetrate dal mese di giugno 2019 al mese di agosto 2019.

L’associazione per delinquere, promossa e capeggiata, da quanto appurato dagli investigatori, da Rivieccio e Scialò (altri componenti sono in corso di identificazione), prevedeva che alcuni indagati effettuassero l’attività di telefonista da Napoli e altri di trasfertisti in continuo movimento per i comuni italiani. Una volta raggiunta la località prescelta, dove vi restavano per qualche giorno soggiornando in un B&b, i trasfertisti individuavano le vittime in strada (principalmente anziani soli) e dopo un periodo di osservazione, comunicavano al telefonista i relativi domicili. Il telefonista, collegandosi al sito internet PagineBianche.it, effettuava una ricerca “per indirizzo” di tutte le utenze fisse attestate presso quella particolare località, individuando le generalità della vittima designata e contattandola di conseguenza.

L'appello alle vittime: "Denunciate, non c'è nulla di cui vergognarsi"

Il cosiddetto telefonista si presentava alle vittime alternativamente e fraudolentemente come: avvocato difensore di un prossimo congiunto della singola vittima trattenuta dai carabinieri per aver causato un sinistro stradale, proponendo un versamento cauzionale di diverse migliaia di euro per evitarne l’arresto; figlio/a ovvero nipote della stessa vittima, chiedendo di versare un importo per saldare in contrassegno un presunto corriere che avrebbe dovuto consegnare un plico presso l’abitazione del genitore/nonno. 

Il cosiddetto trasfertista, dopo aver ricevuto il nulla osta dal telefonista, suonava al citofono dell’abitazione della persona offesa, presentandosi dunque come assistente del predetto avvocato o come il corriere indicato sopra, al fine di ritirare il denaro richiesto. Gli indagati, per eludere gli eventuali controlli delle forze d’ordine, utilizzavano quotidianamente almeno 3 sim card intestate fraudolentemente a cittadini extracomunitari, sostituendole nella medesima giornata o al più tardi in quella successiva. 

L'errore fatale del "telefonista" 

In particolare, il telefonista era in possesso di due Sim: una veniva utilizzata per contattare la potenziale vittima, l’altra il trasfertista che si trovava sul posto. Decisivo è stato un errore commesso in occasione di un tentativo di truffa da un telefonista che, invece di contattare la vittima con la Sim preposta, lo ha fatto con quella con cui avrebbe dovuto contattare il complice. In questo modo, tramite una complessa attività di controllo dei tabulati telefonici, i militari hanno ricostruito le telefonate che precedentemente il “regista” dell’operazione aveva fatto al trasfertista da quella stessa udienza, risalendo, tramite un controllo incrociato con le celle telefoniche, al percorso seguito da quest’ultimo. 

Le tecniche di raggiro

Il telefonista arrivava a fare fino a 200 telefonate al giorno, alla ricerca della preda. Quando sentiva la voce di un giovane, interrompeva immediatamente la comunicazione. Quando invece agganciava un anziano che mostrava segni di debolezza, faceva scattare la trappola, ricorrendo a un paio di storie: o quella del nipote trattenuto in caserma, o in tribunale, dopo aver provocato un incidente, che necessitava di una somma di denaro per tirarsi fuori da guai; oppure quell’altra di un pacco che doveva essere recapitato al figlio o al nipote, da pagare al corriere con la formula del contrassegno.

In alcune circostanze i malcapitati pensionati, in preda al panico, grazie ai subdoli metodi persuasivi degli indagati, si convincevano che dall’altro capo del telefono si trovasse il proprio congiunto. Oltre alle banconote, le vittime, sprofondate in uno stato d'angoscia, consegnavano ai malfattori anche dei monili d’oro. È il caso di una pensionata di Ceglie Messapica che il 6 agosto, convita di dover aiutare il nipote trattenuto dai carabinieri a seguito di un incidente, diede 500 euro in banconote e alcuni gioielli di famiglia a un truffatore. I militari si sono anche imbattuti nella vicenda di una donna che si fece accompagnare a un bancomat da un indagato, svelandogli il codice Pin per il prelievo di una somma. 

Le somme di denaro

Le truffe sortivano dei bottini che andavano da un minimo di 200 euro a un massimo di 12mila euro. Tale importo, purtroppo, è stato sottratto a un'anziana di Latiano che era stata persuasa del fatto che un congiunto avesse provocato un incidente. L'intera somma è  stata consegnata in banconote. Da quanto appurato dai carabinieri, gli indagati, nel giro di tre mesi, hanno intascato ben 22mila euro. 

L’identificazione dei responsabili

Gli investigatori hanno lavorato mesi per identificare e dare un volto agli indagati. Questo è stato possibile attraverso il controllo dei tabulati telefonici, delle celle telefoniche e delle foto segnaletiche dei sospettati, tutti già noti alle forze dell’ordine per reati specifici. Il riscontro decisivo veniva poi fornito dal riconoscimento fotografico effettuato dalle vittime. In un caso, la pensionata di Ceglie Messapica truffata di 500 euro e monili d’oro, è scoppiata a piangere dopo aver riconosciuto in una foto il volto della persona che l’aveva ingannata.

Sempre a Ceglie Messapica, i carabinieri, con una felice intuizione, hanno posto sotto sequestro un pacco recapitato a una donna, convinta che fosse destinato a un congiunto. Al suo interno, però, si trovavano soltanto dei plichi vuoti di succhi di frutta, utilizzati per fare volume. Su uno di quei plichi, i carabinieri, con l’ausilio dei colleghi della scientifica, hanno isolato delle impronte digitali già presenti nella banca dati dell’Arma. 
 

Articolo aggiornato alle 12: 52 (l'identificazione dei responsabili)

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