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Lunedì, 29 Aprile 2024
Economia

Legambiente: "Parta da Brindisi la costruzione della transizione energetica"

Doretto Marinazzo: "Quello che stiamo vivendo è un periodo estremamente critico che sarebbe semplicistico addebitare soltanto alla pandemia ed alla Guerra in Ucraina"

Riceviamo e pubblichiamo un intervento di Doretto Marinazzo, presidente circolo Legambiente Brindisi “Tonino Di Giulio” , responsabile commissione energia Legambiente Puglia


Quello che stiamo vivendo è un periodo estremamente critico che sarebbe semplicistico addebitare soltanto alla pandemia ed alla Guerra in Ucraina. Già nel 2021, infatti, coloro che gestiscono, controllano o condizionano il mercato delle materie prime e soprattutto del gas metano, hanno attivato gravi ed incontrollate speculazioni in particolare sui cereali (il grano è stato bloccato in silos nei paesi fornitori per farne lievitare il prezzo) ed il gas è passato da 19 €/MWh di gennaio 2021 fino a 180 €/MWh alla fine di quell’anno, ben prima che le attuali chiusure del Nord Stream, che ha fatto esplodere il prezzo fino ai livello attuale.
L’Unione Europea, che ha al suo interno l’anomala borsa di Amsterdam per le quotazioni del gas, sta mostrando la sua fragilità strutturale, ha emesso sanzioni contro la Russia, ma a lungo ha incrementato gli approvvigionamenti di gas a prezzi crescenti ed arricchendo il governo russo e Gazprom; soltanto in questi giorni ha programmato un incontro dei ministri dell’energia dei paesi membri per cercare di definire un tetto al prezzo del gas.

Nel frattempo, mentre le grandi società finanziarie e quelle che gestiscono la fornitura e il ciclo del gas si arricchivano, il governo italiano ha dovuto emettere provvedimenti tampone per cercare di calmierare in minima parte il caro bollette ed ha tassato con una quota del 25%, soltanto in parte fino ad ora riscossa, gli extra ricavi delle società interessate, fra le quali ENI, partecipata al 30% dallo stato, che hanno ottenuto 7 mld di utili. La Spagna ha già imposto un tetto al prezzo del gas ed ha tassato gli extra ricavi per il 40%. È evidente che le responsabilità di quanto accade si sono consolidate nel tempo e sono da addebitare a quelle forze politiche che non hanno voluto diversificare, le fonti di approvvigionamento del gas, e non le fonti energetiche. Oggi si pone il discrimine fra chi è favorevole o meno alle navi rigassificatrici ed al ritorno al nucleare, per superficiale convinzione o peggio per nascondere le colpe di chi ci ha condotti alla dipendenza dal gas, al ricatto di Putin ed alle speculazioni in corso, mettendo all’indice chi è contrario.

Per capire qual è la realtà, basti ricordare che il prezzo in bolletta delle produzioni elettriche dalle rinnovabili è dipendente da quello del gas. In Italia, volutamente, nel decennio passato si è incrementata la dipendenza dal gas fornito “dall’amico Putin” e si è ostacolata la crescita delle rinnovabili.  Il Dipartimento per la programmazione economica fa presente nel suo dossier su “Energia, materie prime, inflazione: le principali criticità del momento alla prova delle priorità di sviluppo sostenibile”, realizzato per illustrare i fenomeni in atto e fornire indicazioni sulle policy che appaiono più idonee. Secondo il programma europeo “Repower Eu”, conseguire gli obiettivi climatici vorrebbe dire aumentare la quota del fabbisogno energetico soddisfatto con risorse nazionali, da meno del 25% a oltre il 50%, garantendo una copertura dei fabbisogni primari di energia prodotta da fonti rinnovabili superiore al 36,5%, spiega il DIPE nella sua analisi. La struttura della Presidenza del Consiglio ha ricordato però che nonostante la necessità di aumentare la sicurezza degli approvvigionamenti, in Italia, nel 2021 sono stati installati solamente 1,4 Gw di nuovi impianti a fonte rinnovabile (nel 2022 potremmo aggiungere tra 5 e 9 GW, stando ai dati forniti dal MiTE di recente).
Sarebbe bastato dare ascolto non agli ambientalisti che propongono, come fanno Legambiente Greenpeace e Wwf congiuntamente, impianti da fonti rinnovabili pari a 90 GW entro il 2026, ma ad una organizzazione autorevole di Confindustria, quale Elettricità Futura che racchiude in se le società che realizzano e gestiscono impianti da fonti rinnovabili e che si dice pronta a realizzare 60 GW in tre anni, in tal modo annullando del tutto la dipendenza dai 29 mld di metri cubi di gas importati dalla Russia.

Oggi il governo pubblicizza i dati raggiunti in merito allo scorte di gas, pari a circa l’85% della capacità di stoccaggio, vantando il merito di poter conseguire l’obiettivo di un taglio soltanto di un 7% dei consumi rispetto a quello europeo del 15%. Si dice anche che le navi rigassificatrici sono una soluzione provvisoria, tanto che il sindaco di Piombino fa presente che il commissario ad acta per la realizzazione dell’impianto nella città toscana parla di tre anni di vita ed evidenzia che il costo delle infrastrutture, dell’attivazione dell’impianto, della fornitura di Gnl non appare giustificare neppure l’ammortamento di quanto speso.
In realtà l’utilizzo di gasdotti senza trasformazione di stato del metano, pur in presenza dei rilievi di natura etica sui paesi fornitori, è ben altra cosa rispetto ai nuovi contratti per la fornitura e la rigassificazione di Gnl, ciò che non soltanto non fa ipotizzare la transitorietà della scelta, ma confligge con lo sviluppo delle fonti rinnovabili e con l’impegno di Elettricitò Futura di investire 85 mld di euro.

Addirittura sconvolgente è l’effetto della decisione governativa di potenziare l’esercizio a carbone di centrali termoelettriche e in questo caso è illuminante il caso di Brindisi sud che Enel, in attuazione di un’autorizzazione integrata ambientale del ministero per la transizione ecologica, stava dismettendo e bonificando: in pochi mesi si è passati da un consumo di carbone di 900mila tonnellate su base annua a 2 mln e 700.000; si va verso una previsione annua ben superiore ai 4 mln di tonnellate, contribuendo a quella crescita complessiva di emissioni di CO2 che ha avuto una preoccupante impennata nel 2021 rispetto all’anno precedente.

È proprio la realtà di Brindisi che offre una risposta a quanti, per cognizioni superficiali o strumentalmente, accusano gli ambientalisti di essere portatori della politica del no, neanche sapendo o volendo sapere quali sono i danni ambientali ed i tempi di realizzazione di centrali elettronucleari di cosiddetta quarta generazione o da fusione, queste ultime oggetto oggi soltanto di sperimentazioni.  È proprio da Brindisi che può partire la costruzione oggi, non in un ipotetico domani, della transizione energetica e di un futuro fondato sulle rinnovabili. In quel che resta dell’attuale campagna elettorale vorremmo che il confronto fosse più informato, più documentato e più costruttivo e non affidato a slogan o a frasi ad effetto, anche perché la crisi climatica ci presenta continuamente il costo delle scelte sbagliate del passato e di quelle che si prospettano, non soltanto dal punto di vista ambientale e sanitario, ma anche e soprattutto economico. 

Da gennaio a luglio 2022 si sono registrati in Italia 132 eventi climatici estremi, numero più alto della media annua dell’ultimo decennio. Preoccupante anche il dato complessivo degli ultimi anni: dal 2010 a luglio 2022 nella Penisola si sono verificati 1318 eventi estremi (Report di Legambiente che diffonde i nuovi dati aggiornati della mappa del rischio climatico, nell’ambito dell’Osservatorio Cittàclima)

Abbiamo già detto che va sostenuto il piano di Enel per costruire un polo energetico delle rinnovabili, che va realizzato un impianto fotovoltaico da 300 MW nell’area Sin, che vanno realizzati rapidamente gli stabilimenti industriali per la realizzazione di pale per aerogeneratori e per la realizzazione di pannelli fotovoltaici (tocca soprattutto ad istituzioni e partiti chiedere una gigafactory e la creazione di filiere a cominciare da quelle dell’accumulo). Abbiamo sempre sostenuto la realizzazione di una Hydrogen Valley, stiamo portando avanti il progetto della Geco Srl di produzione di energia elettrica da moto ondoso e abbiamo subito detto si a parchi eolici off-shore alle condizioni poste nelle nostre osservazioni e presenti nel parere della commissione ministeriale che ha esaminato il progetto Kailia. Il tutto accanto allo sviluppo delle comunità energetiche, a un piano serio di risparmio energetico che può passare attraverso la diffusione di tetti fotovoltaici che il bonus al 110% aveva come obiettivo.

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