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Lunedì, 29 Aprile 2024
Economia

Lettera degli ambientalisti: "Il porto di Brindisi recuperi la sua autonomia"

Un gruppo di associazioni scrive al governo, alla Regione Puglia e agli enti locali: "Necessario l’azzeramento dei vertici dell’attuale ente portuale e il suo commissariamento"

Le associazioni ambientaliste chiedono il ritorno all’autonomia gestionale e amministrativa del porto di Brindisi. Lo fanno attraverso una lettera aperta indirizzata al governo, alla Regione Puglia, al Comune di Brindisi a alla Provincia.

Le osservazioni al Prp

Nella lunga missiva vengono illustrate le osservazioni al redigendo Piano regolatore portuale avanzate dal Consorzio Asi, da Enel Produzione Spa,  della Soprintendenza archeologica Belle Arti e Paesaggio e dell’Ordine degli architetti.

“Queste ‘osservazioni’ menzionate – si legge nella lettera - oltre quelle delle associazioni di cittadinanza attiva e di altri enti, rilevano, nella sostanza, una inconciliabile differenza di visione su vari aspetti di tale idea del porto e nella politica portuale portata avanti dagli attuali vertici dell’AdSPMAM che, ignorando del tutto i punti di vista espressi dagli attori pubblici e privati del porto e trascurando taluni aspetti come, ad esempio, la logistica, mortifica la tradizionale vocazione polifunzionale del porto”.

“Osservazioni avanzate da più attori che sono, oltre ogni evidenza, differenti tra loro e con finalità diverse - in quanto espresse da organi dello Stato, amministrazioni pubbliche del territorio, operatori economici, non fanno altro che dimostrare una non condivisione della idea del porto che si vuole imporre da parte dell’Adspmam e una impostazione negativa da parte della stessa del suo rapporto con la realtà economica, istituzionale e civica del territorio. Quindi un grave scollamento  - denunciano le associazioni - tra chi ha in mano il destino funzionale ed economico del porto che influisce sul futuro del territorio, creando decise conflittualità sociali e tra istituzioni”.

Autorità di sistema: le conseguenze della riforma

Le associazioni fanno quindi un passo indietro fino alla riforma istitutiva delle Autorità portuali, varata nell’agosto 2016, rimarcando come questa “sia stata applicata subendo spesso la pressione di interessi politici territoriali”.

“Oggi, a diversi anni di distanza da quella riforma, ne sono chiare le conseguenze, che confermano quanto in molti si era preconizzato: il porto di Brindisi ha continuato a perdere gli asset che possedeva (carbone e rinfuse), senza che chi di dovere abbia sentito la responsabilità, o la capacità, di costruire per tempo e in modo strutturato quelle valide alternative che l’avrebbero messo nelle condizioni di competere per la conquista di nuovi traffici (containers, logistica integrata, crociere, ro-ro)”. “Le possibilità per il porto di Brindisi  - sostengono ancora gli ambientalisti - di giocarsi le proprie carte e di rincorrere le opportunità di mercato che sarebbero raggiungibili grazie alla propria collocazione geografica, alla propria dotazione infrastrutturale, alle reti di trasporto terrestre che vi si incrociano, alle ingenti dotazioni di spazi retro portuali, sarebbero consentite unicamente se il territorio fosse messo in condizione di autodeterminarsi, con la riconquistata autonomia gestionale”.

La proposta

Fatte tali premesse, gli ambientalisti evidenziano “una decisa discrasia quale conseguenza delle incompatibili modalità di interlocuzione e di confronto”. “Diviene conseguentemente impellente oltre che necessario, interpretando un diffuso idem sentire – proseguono- chiedere il ritorno all’autonomia gestionale e amministrativa del porto di Brindisi”.

“Per raggiungere tale obiettivo – propongono le associazioni - si rende necessario l’azzeramento dei vertici dell’attuale ente portuale e il suo commissariamento per gestire, appunto, tale transizione. Un’autonomia che si chiede con determinazione, così come già realizzata per alcune realtà e richiesta da altre ancora. Tale rivendicazione non significa non accettare un confronto e la co-pianificazione con le altre realtà portuali, ma evitare che territori più forti politicamente riescano a dominare a svantaggio dei reali ed effettivi fattori localizzativi che rendono Brindisi un territorio logisticamente molto appetibile, come nella attuale conformazione amministrativa che vede il Porto di Bari come maggior attrattore di investimenti e di traffici e il porto di Brindisi sacrificato ad un ruolo subalterno di scalo energetico del sistema portuale esistente, con evidenti ripercussioni negative sull’economia dell’intero territorio salentino”.

“Se il porto di Brindisi tornerà autonomo, si farà sinergia degli interessi territoriali dell’intera area salentina, e avrebbe modo di rientrare nella programmazione dei porti comunitari ‘Core’ e potrebbe sviluppare una strategia di completamento infrastrutturale efficiente e realmente rispondente alle esigenze”.

Gli ambientalisti fanno l’esempio del porto di Messina “che, con un articolo inserito nella ‘legge mille proroghe’ (art. 22-bis inserito nel D.L. n.119 del 23/10/2018, poi convertito in legge), ha ottenuto lo scorporo dalla Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Meridionale e Ionio”.

“Il sopra richiamato idem sentire - concludono - consentirà oltre alle sottoscritte associazioni anche la politica, non solo locale, le istituzioni del Salento, l’Università, gli operatori economici e finanziari, di fare sistema e porre questo obiettivo come volano per l’economia”.

La lettera è a firma di: Italia Nostra Brindisi, Legambiente Brindisi, Medicina Democratica, A.C.L.I. Provinciali Brindisi, Fondazione “Tonino di Giulio”, Medici per l’Ambiente, Anpi Brindisi, Forum Ambiente Salute e Sviluppo, Salute Pubblica, No al Carbone, Puliamoilmare Brindisi, Associazione “Vogatori Remuri Brindisi", Anpi Brindisi

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