MESAGNE – Con il commento del capo della Direzione distrettuale antimafia sui livelli di inquinamento sociale che ristagnano a Mesagne, scorrono le sequenze dell’uccisione a bastonate di una persona odiata dal boss della Scu, omicidio radicato in un risentimento personale antico e commissionato finalmente grazie ad un pretesto “morale”. Poi anche l’ordine di eliminare i tre killer, perché non parlassero. Una vera e propria trama da reggia barbarica, andata in scena in quella che fu la culla della Sacra corona unita e dove esiste – dice il procuratore della Dda Cataldo Motta, e la politica locale dovrebbero credergli – il brodo di coltura di quel virus che tenta sempre di contaminare l’altra parte della società locale, quella dei non collusi e degli onesti (in difesa dei quali, in conferenza stampa, si è levata la voce della dirigente del commissariato, Sabrina Manzone).
BRINDISI – Chiuso il cerchio attorno al misterioso omicidio del Giancarlo Salati, 62enne di Mesagne, morto, per le ferite riportate, il 17 giugno del 2009. Era stato picchiato il giorno prima con un bastone di ferro: 16 colpi. E scattano le manette nei confronti di mandante ed esecutori materiali del delitto, grazie anche alle rivelazioni del pentito Ercole Penna. Si tratta degli arcinoti alle forze dell’ordine Massimo Pasimeni (detto Piccolo Dente) a capo di una frangia della Scu mesagnese, già detenuto, e dei suoi sodali Francesco Gravina (detto Gabibbo), Vito Stano e Cosimo Giovanni Guarini.
MESAGNE - Fu ucciso a sprangate il 16 giugno di due anni fa. L’assassino di Giancarlo Salati, 62 anni, impugnò un bastone di ferro e picchiò duro, 16 colpi, riuscendo a rimanere nell’ombra per due lunghi anni. La svolta attesa sembra essere arrivata. Martedì prossimo sarà sottoposto a interrogatorio e prova del Dna il 40enne di San Pietro Vernotico Angelo Carrieri, unico indagato per l’omicidio.