FRANCAVILLA FONTANA – L’apparato investigativo che sta lavorando sulla guerra di malavita in atto a Francavilla Fontana riceverà i supporti tecnici e di analisi di cui necessita. Questo è il senso della presenza, al tavolo convocato per il 28 dicembre dal sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano, del vice capo della Polizia di Stato, e direttore centrale della polizia criminale, Francesco Cirillo. Secondo fonti qualificate, sarà infatti Cirillo a partecipare al secondo vertice in poco più di un mese a Francavilla Fontana, invece che Francesco Gratteri come ufficialmente comunicato ieri.
FRANCAVILLA FONTANA – Quarantacinque minuti, forse qualcosina in meno, per tirare le somme e decidere sul da farsi. Il vertice è stato convocato dal sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano subito l’ennesimo omicidio consumato a Francavilla Fontana. Vi hanno preso parte il direttore del Servizio centrale operativo (Sco) della polizia di Stato Gilberto Caldarozzi, il vice comandante dei Ros dei carabinieri, generale Mario Parente, il procuratore antimafia Cataldo Motta, il procuratore di Brindisi Marco Di Napoli, il colonnello Fabiano, vice comandante della Legione carabinieri, il questore di Brindisi ,Vincenzo Carella, il comandante provinciale dei carabinieri Ugo Sica, il prefetto Nicola Prete, il comandante provinciale della Guardia di finanza.
BRINDISI – Si potrebbe scrivere un libro, sui misfatti commessi dalla coppia Vito Di Emidio – Marcello Ladu. Non c’è solo la strage della Grottella, sulle loro spalle, quell’assalto ai due furgoni blindati della Velialpol nei pressi di Copertino, che il 6 dicembre 1999 fece tre morti tra le guardie giurate della scorta, per un bottino di un miliardo e 800 milioni di lire. Di Emidio ha confessato progressivamente una lunga teoria di omicidi dopo la sua cattura, avvenuta il 28 maggio 2001 sulla San Donaci – Brindisi in seguito ad un incidente durante un inseguimento con sparatoria da parte dei carabinieri del Ros e della compagnia di Brindisi. Ed ha chiamato in causa il complice sardo proprio per il massacro della Grottella, quando per bloccare i blindati porta valori fu usato prima un autocarro come ariete, poi si passò ai Kalashnikov e all’esplosivo, ma anche per altri progetti delittuosi incluso quello di un attentato ad un magistrato sardo.
BRINDISI – Giuseppe Tedesco in lacrime. Si è commosso questa mattina quando, rilasciando dichiarazioni spontanee, ha parlato della moglie e dei figli. “Li amo tanto”, ha detto mentre cercava di ribaltare le accuse di omicidio che ieri il cognato Vito Di Emidio gli ha scaricato addosso, ritrovando la memoria dopo la revoca degli arresti domiciliari e il ritorno in carcere disposto dalla Corte di Assise (presidente Gabriele Perna; giudice Francesco Aliffi) su richiesta del pubblico ministero Alberto Santacatterina. “Per potermi difendere dalle accuse di Di Emidio – ha detto Tedesco – sono disposto a rinunciare a mia moglie".
BRINDISI – Vito Di Emidio, il “Bullone” del quartiere Sant’Elia, ritrova la memoria e ritorna ad accusare suo cognato Giuseppe Tedesco, il braccio destro e fidatissimo Pasquale Orlando e Daniele Giglio. Ritrova la memoria dopo che due giorni fa è stato arrestato per la revoca del beneficio della detenzione domiciliare di cui stava godendo come collaboratore di giustizia. Resta sempre un collaboratore, si trova rinchiuso in un carcere riservato ai pentiti e i suoi familiari sono protetti. Ma la legge si è riservata una chance nel caso improvvisamente il collaboratore perda la memoria. Come era accaduto a “Bullone”.
BRINDISI – Alle 14,15 Vito Di Emidio lascia l’aula della Corte di assisse. Ha concluso la sua due giorni di pentito-accusatore ma non tanto. “Presidente – ha detto pochi minuti prima il pubblico ministero Alberto Santacatterina - ho finito il mio esame. Devo ancora una volta sottolineare che Di Emidio di tutto si ricorda con precisione, anche delle cose minime, mentre non riesce a ricordare i suoi complici di due episodi così gravi come il duplice omicidio di Giacomo Casale e Leonzio Rosselli e quello di Giuliano Maglie”.
BRINDISI - Il pentito numero uno, quel Vito Di Emidio, soprannominato “Bullone”, che ha confessato una ventina di omicidi (“Non ricordo, saranno stati diciannove, forse ventuno”), è comparso questa mattina nell’aula della Corte d’Assise di Brindisi, presidente Gabriele Perna. Doveva essere la prova decisiva per inchiodare anche i complici di Di Emidio, 43 anni, brindisino, catturato dai carabinieri il 28 maggio del 2001. E invece “Bullone” si è lasciato prendere da amnesie decisamente sospette, come ha sottolineato il pubblico ministero Alberto Santacatterina, dimenticando i nomi dei complici di alcuni omicidi.