Prosegue l'inchiesta di BrindisiReport sui beni storici e culturali del capoluogo, un patrimonio la cui compiuta valorizzazione richiede progetti e idee innovative che solo una forte sinergia tra istituzioni e risorse umane impegnate in questo campo, nessuna esclusa, può produrre, evitando routine, banalità ed errori.

Un processo che non è stato ancora avviato, un ritardo che pesa sulla valenza attrattiva di Brindisi. Esprime la propria opinione, questa volta, l'architetto Emilia Mannozzi, che ha l'incarico di dirigere il polo biblio-museale di Brindisi composto dal Museo Archeologico Ribezzo e dalla Biblioteca pubblica della Commenda, strutturfe transitate dalle competenze della Provincia a quelle della Regione.

Cosa rappresenta un museo per la comunità che lo ospita? Il punto focale, identitario della città. Qui ci sono le radici, la storia, la consapevolezza delle origini. Quindi un luogo importante prima di tutto per i brindisini, poi per i visitatori stranieri. Ma chi si è mai davvero occupato di dedicare attenzione e cure adeguate a tutto ciò? Emilia Mannozzi lo dice chiaramente: la politica prima di citare in maniera strumentale archeologica. museo, beni culturali deve avere conoscenza e consapevolezza delle cose di cui parla.

E al Ribezzo, cui hanno dedicato praticamente tutta la propria passione archeologhe come Benita Sciarra Bardaro e Angela Marinazzo,  lavorano oggi giovani laureati con dottorato di ricerca, per accrescere la propria esperienza accademica e professionale.  Lavorano per gettare ponti tra la società locale e il suo passato, applicare nuove idee per la fruizione delle collezioni del Ribezzo, i cui reperti, come nel caso dei Bronzi, hanno girato il mondo. Può essere, deve essere questo il punto di partenza per chi è interessato a conoscere Brindisi. Ma per un  turista oggi è anche difficile arrivarci.