La città jonico-salentina secondo Redaelli: giovedì il convegno al Nervegna
C’è grande interesse, e non solo tra gli addetti ai lavori, per la presentazione, giovedì 27 novembre alle ore 17,30 a Palazzo Nervegna (Salone dell’Università) a Brindisi, della raccolta curata da Vittorio Bruno Stamerra e Vito Redaelli, con la partecipazione di Ferdinando Scianna, Tonino Bruno e Giorgio Goggi, dei “Saggi sullo sviluppo della città policentrica jonico-salentina” scritti da Giulio Redaelli, urbanista di fama internazionale, negli anni che vanno dal 1982 al 1995.
Sull’argomento, il prof. Roberto Spagnolo, ordinario presso il Politecnico di Milano, ha dichiarato: “Due cose sulla città ionico-salentina: il tema è bello, e Giulio Redaelli l'aveva sicuramente interpretato nell'alveo delle grandi strategie urbanistiche che, negli anni '80, tentavano di ordinare lo sviluppo territoriale (non solo del nostro paese) in configurazioni complesse, estese e dotate di servizi (le infrastrutture prima di tutto) atte a supportare e ottimizzare non solo le dinamiche urbane, ma anche e soprattutto la qualità della vita entro queste aree.
Insomma il mito dello sviluppo illimitato, della città continua, delle aree metropolitane attrezzate e pensate come grandi macchine per una società nuova. Giulio aveva avuto un ruolo importante al PIM credo (Programmazione Intercomunale per l'area Milanese) ed era sicuramente tra gli urbanisti italiani più vivacemente ottimisti sulla possibilità di controllare con la pianificazione quei processi. Forse quel modello, quella aspirazione direi, mostrerà qualche anno più tardi i propri limiti. Prima di tutto in conseguenza della non-continuità dei processi economici espansivi, di una classe imprenditoriale, quella italiana, assolutamente incapace di vedere al di là del proprio naso, ma soprattutto oltre le proprie tasche, e di una classe politica incapace di considerare il territorio come patrimonio comune da usare con lungimiranza e, lasciamelo dire, poeticità! ("...pieno di merito ma poeticamente abita l'uomo sulla terra.." Holderling)
Per non farla lunga: oggi credo che molti urbanisti e architetti, soprattutto architetti, siano tornati a ripensare piccolo; non come rinuncia o come ripiegamento nella crisi, ma come necessità di ripensare lo spazio valorizzandone la sua consistenza fisica, gli ambiti di scala diversa con cui gli individui entrano in reale contatto, il senso di spazio come paesaggio. Come paesaggi della nostra vita quotidiana. Il tema della grande macchina urbana continua ha mostrato e dimostrato i propri limiti, forse anche la propria irragionevolezza nei confronti del nostro bisogno di...riconoscere i luoghi, ritrovarli, farli nostri. Coniugare insomma il futuro (necessità di trasformazione) e la storia (i luoghi delle comunità). Nella foto a destra, il professore Roberto Spagnolo
Credo che sia tornato ad essere un valore mentre guido tra Bari e Lecce, ritrovare, riconoscere tutti i centri urbani, di scala diversa, che punteggiano il paesaggio pugliese. Passare nei paesi o nelle circonvallazioni vedendo i campanili, e poi attraversare pezzi di campagna, di uliveti, vigneti, ecc., e poi di nuovo incontrare una nuova città. E di nuovo la campagna. Questa intermittenza, questi ritmi, dello spazio sono grandi valori, che per esempio quando guidi da Milano a Venezia non riesci più a distinguere. Una città lineare continua, isotropa, senza ritmo si estende per chilometri e chilometri....senza soluzione di continuità e ...ti priva di emozioni .
Io credo si possa, si debba, pensare sviluppo, razionalizzazione, efficienza economica anche in territori che continuano a mostrare, a ostentare direi, la loro bellezza, le differenze che li connotano, la loro poeticità paesaggistica...appunto! Il tema è appassionante e proprio la questione dei modelli urbani che abbiamo di fronte è ciò di cui dobbiamo discutere oggi".