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La politica dei pacchetti di voti non può chiedere ad altri di risolvere il caso-Brindisi

Dopo i fatti dei giorni scorsi accaduti a Brindisi la città non ha certamente risolto o superato i problemi, le criticità che una criminalità diffusa, una cultura paramafiosa ha scosso e scuote la serenità e la sicurezza dei brindisini, ha messo in discussione il rapporto con le istituzioni e i suoi rappresentanti sottoponendoli a forme inusuali di intimidazioni, dì violenze e di minacce. La rabbia permane e il fuoco cova sotto la cenere

Dopo i fatti dei giorni scorsi accaduti a Brindisi la città non ha certamente risolto o superato i problemi, le criticità che una criminalità diffusa, una cultura paramafiosa ha scosso e scuote la serenità e la sicurezza dei brindisini, ha messo in discussione il rapporto con le istituzioni e i suoi rappresentanti sottoponendoli a forme inusuali di intimidazioni, dì violenze e di minacce. La rabbia permane e il fuoco cova sotto la cenere.

I problemi non sono stati risolti fornendo una scorta al sindaco della città, né si risolvono con una adunata di consiglieri comunali o aprendo una polemica tra chi deve fare qualcosa in più rispetto ad un altro, rinfacciandosi responsabilità o andando alla ricerca di giustificazioni in un passato che è molto lontano dal presente o che non è neanche conosciuto da chi lo richiama. La città chiede sicurezza, serenità e vorrebbe essere messa in condizione per ricostruire un senso di comunità.

La città deve ritrovarsi per intraprendere un cammino comune e condiviso. Vanno ricostruite le condizioni di convivenza civile e di confronto, indispensabili non solo per il vivere quotidiano ma anche e soprattutto per farla uscire da un circolo vizioso fatto di intolleranze, di giustificazioni assolutorie e di dichiarazioni di impossibilità ad agire per colpa di altri o per un fardello del passato utilizzato per ogni occasione.

Al disagio sociale e al malessere diffuso, alla sfiducia, vanno date risposte concrete e credibili. Non è più tempo di promesse. Tutti devono sapere che la dimensione dei problemi cittadini richiede anche un livello non locale di soluzione. Quando in città ci sono 20.000 disoccupati pari al 34% dell'intera popolazione attiva, e di fronte ad una crisi di prospettiva economica e produttiva a causa di un modello di sviluppo in via di esaurimento se non già esaurito, si comprende bene con che cosa la città deve fare i conti.

Certamente poco può fare l'amministrazione locale ma quello che non deve fare è promettere soluzioni impossibili, illudere e gestire alla maniera di quando i Comuni avevano risorse o si potevano indebitare con una certa facilità e superficialità. C'è bisogno di una operazione verità in grado di far conoscere la situazione reale in cui il disagio sociale, la disperazione, la rabbia, cresce e crescerà sempre di più a Brindisi come in tantissime altre città e nelle periferie urbane.

Per fare questo è necessario un coinvolgimento della città intesa come comunità superando steccati e separazioni che spesso vengono utilizzate per coprire la mancanza di idee e di coraggio. Nessuno si può chiamare fuori. Il dibattito che si sta avviando e che io stesso ho sollecitato, rifuggendo da qualsiasi giustificazione sociologica, deve aiutare la ricomposizione della città.

La proposta di una conferenza cittadina sull'emarginazione avanzata in questi giorni e' utile e opportuna. Non si tratta inoltre solo di solidarizzare, di denunciare, di respingere la sottovalutazione di fenomeni continui e in espansione, di rivendicare il solito aumento della presenza delle forze dell'ordine, bisogna invece, da parte di chi ha funzioni di rappresentanza, ricopre incarichi istituzionali, impegnarsi in un'opera di contrasto, di bonifica e di allontanamento di quanti, attraverso i loro metodi, sono propensi, o perché abituati o perché disperati, ad ogni forma di ricatto, di minacce, di ritorsioni e di violenza nei rapporti umani e istituzionali.

Il recupero necessario di costoro è certamente necessario e va praticato ma è cosa diversa pensare che lo si possa fare piegando il rigoroso andamento e funzionamento delle istituzioni o mettendo a disposizione le stesse istituzioni. Bisogna invece ricostruire una cultura civile e civica a cui ognuno deve dare il proprio contributo. Il contrasto alla microcriminalità e alla criminalità organizzata, alla loro cultura comune che ne è alla base, avrà successo e otterrà risultati efficaci solo se contestualmente si agisce sul versante civile e civico e se non si va a pranzo o a patti con esse.

Insomma alle forze dell'ordine spetta controllare, prevenire, alla politica e alla società darsi un codice di comportamento rigoroso. Dai quartieri alle scuole, dalle associazioni professionali e di categoria, dai sindacati ai partiti, dalle parrocchie alle associazioni di volontariato e culturali, bisogna riprendere il filo della legalità, della socialità e della solidarietà. E in questo lavoro l'amministrazione locale non solo può ma deve dare l'esempio, deve diventare, questo, parte del suo impegno e della sua attività.

Non si può solo denunciare la presenza di delinquenti o presunti tali nelle vicinanze del palazzo comunale o denunciare il mancato intervento delle forze dell'ordine, come ha fatto il sindaco, senza chiedersi il perché di tali presenze e senza offrire alla città e agli stessi consiglieri comunali riflessioni sui rapporti che queste presenze hanno costruito o quali legami cercano di costruire.

Va detto con coraggio che questi rapporti iniziano sin dalla formazione delle liste. È questo meccanismo che si amplifica nelle campagne elettorali per cercare voti e consenso, e che va spezzato. E allora prima di chiedere ad altri, la politica deve avere il coraggio di scegliere e di rinunciare ai facili meccanismi del consenso "a prescindere”, ai tortuosi e ricercati ammiccamenti con certi ambienti.

Sono da tempo convinto che bisogna non solo fare un bilancio delle esperienze elettorali degli ultimi anni ma forse assumere anche qualche determinazione di autogoverno tale da impegnare i partiti e i movimenti civici che concorrono alle competizioni elettorali locali. Per esempio perché non sottoscrivere prima di ogni elezione un patto per impedire di mettere a disposizione le proprie liste a quanti, portatori di voti, cambiano spregiudicatamente e abitualmente lista, schieramento, offrendosi in cambio di promesse e di ruoli?

Fenomeno questo che ha fatto di Brindisi una città campione così come brillantemente evidenziato in una analisi del voto di anni fa da Oronzo Martucci sul Quotidiano quando paragonò questi portatori di voti a dei capibranco che si portano dietro i voti dove decide appunto il capo branco. Basta vedere gli eletti nelle maggioranze delle vecchie amministrazioni di Antonino, di Menniti e di Consales, molti sono sempre gli stessi anche se in diverse maggioranze. Annovero anche in questa dinamica e consuetudine l'esperienza del cosiddetto ribaltone più volte da me chiarita e giustificata.

Un patto alla luce del sole per impedire liste di transfughi, buoni per tutte le stagioni e per qualsiasi schieramento e alleanza. Così si potrebbe cominciare a bonificare e contrastare andazzi pericolosi facendo a meno dei vecchi e nuovi "capibranco", capaci di condizionare anche all'ultimo momento la vittoria di uno o altro schieramento, di un sindaco o di un altro.

Per ridare dignità alla politica, credibilità e serenità alla rappresentanza istituzionale, è opportuno avviare un percorso del genere. È utile non solo a Brindisi ma ormai forse in ogni comune. E siccome ci sono importanti scadenze elettorali locali si potrebbe proporre un simile patto per le prossime elezioni comunali.

Ecco allora che la eventuale assemblea di tutti i consiglieri comunali, proposta dal sindaco di Brindisi, potrebbe essere una formidabile occasione per assumere un impegno del genere e in questa direzione. Un impegno da assumere assieme a quello di sottoscrivere un codice di comportamento dei consiglieri comunali per evitare che si diventi, consapevoli o meno, protagonisti o vittime di fenomeni sbagliati e diseducativi.

Dagli errori e dalle esperienze come dal passato, bisogna trarre le dovute lezioni. A Brindisi come in altri comuni è arrivato il momento per avviare con coraggio e determinazione una azione di bonifica e di risanamento prima che sia troppo tardi. Ecco perché va coinvolta la città e tutti si devono sentire coinvolti.

Infine mettiamoci nei panni di un semplice cittadino o di un imprenditore che vive al nord o in altre parti dell'Europa e del mondo, e legge le notizie delle settimane scorse su una città dove si incendiano le macchine o addirittura ci si ammazza per regolare contenziosi individuali, dove si incendia l’auto del sindaco o di amministratori locali, e che, a dire del sindaco, il palazzo comunale è assediato da delinquenti e pregiudicati.

Quale interesse avranno mai questi cittadini o imprenditori che vivono lontano da Brindisi ad avvicinarsi alla città e guardare ad essa per un eventuale investimento o visita? Si fece tanto per sconfiggere l'immagine di una città che agli occhi esterni era diventata la Marlboro City! La città deve reagire e deve sconfiggere la cultura para mafiosa, quella della vendetta privata, della violenza come strumento di regolazione di rapporti e arma di rivendicazione o di pretese. È questa la condizione anche per distinguere questa cultura dalla rabbia e dal disagio diffuso che si scarica sulle istituzioni e sui suoi rappresentanti.

E questo avviene perché gli stessi partiti non sono più intesi e vissuti come corpi intermedi, come soggetti di collegamento e di mediazione, ma sono diventati comitati elettorali che non comunicano più con la società, con i quartieri, con i luoghi della sofferenza, con la cultura, scambiata, da molti rappresentati istituzionali, con le sagre e le feste. Ma e' soprattutto questa la condizione perché la città cominci ad organizzare il suo futuro non tanto come stazione appaltante di opere pubbliche o erogatrici di servizi sempre più limitati e residuali, ma come città che costruisce il suo futuro sociale, produttivo, civile e culturale, facendo tesoro degli errori e delle esperienze del passato e misurandosi con un mondo che è cambiato e che cambia velocemente.

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