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Lunedì, 29 Aprile 2024
Attualità Cellino San Marco

"Frasi offensive, indecorose e oltraggiose su gruppo Facebook": cittadino condannato

Si tratta di un 67enne di Cellino San Marco, ha "offeso la reputazione del legale rappresentante pro-tempore della Coop Sociale Omnia Service titolare del servizio di pulizia e manutenzione ordinaria delle strade ed altri immobili comunali"

CELLINO SAN MARCO – Un 67enne di Cellino San Marco è stato condannato con pena sospesa al pagamento della multa, oltre a pagamento delle spese processuali e risarcimento danni, per aver offeso la reputazione del legale rappresentante pro-tempore della Coop Sociale Omnia Service titolare del servizio di pulizia e manutenzione ordinaria delle strade ed altri immobili comunali, attraverso un Post offensivo pubblicato sulla pagina Facebook “Dillo al sindaco di Cellino San Marco”. Il Pm aveva chiesto 6 mesi di reclusione. 

I fatti risalgono al 18 giugno 2020, questo il post: "Dillo a quella di fronte a casa tua che sostiene che la colpa è dei cittadini anche l'incuria della strade e pure la ditta incaricata dal comune incassa 25 mila euro ogni mese per la manutenzione delle buche 250 euro al mese oltre la sporcizia del paese ciò come dire in 20 mesi 500nila euro per essere gestiti da una famiglia padre figlio figlio figlia e affini mascherata sottoforma di cooperativa sociale dove i soci non lavorano mai o sono addirittura deceduti”. 

“Accusando così la ditta incaricata dal Comune di non ottemperare ai propri compiti di pulizia e manutenzione varia, di percepire dal Comune somme in realtà del tutto fantasiose, lasciando intendere altresì che la predetta cooperativa non fosse attiva o che fosse una sorta di copertura fittizia per espletare lavoro in modo irregolare a solo vantaggio dell’amministratore e dei suoi familiari”.  Si legge nel capo di imputazione riportato nella sentenza di condanna. 

Si è trattato quindi, secondo il giudice, di “frasi offensive, indecorose e oltraggiose su un gruppo Facebook aperto ad anche altre persone”. Il 67enne, inoltre, è un ex dipendente della cooperativa in questione, che ha impugnato il licenziamento davanti al giudice del Lavoro. Aspetto questo fatto presente dal difensore dell'imputato per “giustificare” il suo comportamento ma che per il giudice non ha “alcuna pertinenza e rilevanza coi fatti contestati. Infatti, pur eventualmente dimostrandosi un astio o inimicizia tra le parti in contesa, tali apparenti giustificazioni non sembrano dirimenti, né convincenti in questa in Sede in quanto possono al più giustificare la concessione delle attenuanti generiche oltre che la concessione della sospensione condizionale della pena alle condizioni di legge”. 

“Infatti, ove il prevenuto (che incidentalmente ha anche ammesso quanto già emerso dalle prove documentali ed orali, ovvero di aver commentato su Facebook attraverso le frasi incriminate) avesse voluto tutelare legittime ragioni inerenti possibili circostanze di malagestio degli appalti pubblici in essere tra la famiglia, la Cooperativa de gua e il Comune di Cellino San Marco avrebbe dovuto denunciare le vicende alle competenti Autorità (anche Giudiziaria) evitando di porre in essere le contestate attività gratuite e diffamatorie scientemente confezionate ed ordite mediante l'utilizzo del medesimo social network Facebook”.

“In definitiva, il reato appare integrato in tutti i suoi elementi oggettivi e soggettivi nonché, appare riferibile al prevenuto e tanto, anche in ottemperanza all'arresto della Suprema Corte (Cassazione penale sentenza n. 24431/2015) secondo il quale portare un commento offensivo sulla bacheca di Facebook della persona offesa o su un gruppo dello stesso social aperto a più persone, integra il reato di diffamazione a mezzo stampa".

E poi ancora: "Il giudice di legittimità, ha ribadito che inserire un commento su una bacheca di un social network significa dare al suddetto messaggio una diffusione che potenzialmente ha la capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone, sicché, laddove questo sia offensivo, deve ritenersi integrata la fattispecie aggravata del reato di diffamazione. Infatti, secondo la Cassazione l'ipotesi di reato di cui al terzo comma dell'art. 595 comma 3 c.p. quale fattispecie aggravata del delitto di diffamazione trova il suo fondamento nella potenzialità, nella idoneità e nella capacità del mezzo utilizzato per la consumazione del reato a coinvolgere e raggiungere una pluralità di persone, ancorchè non individuate nello specifico ed apprezzabili soltanto in via potenziale, con ciò cagionando un maggiore e più diffuso danno alla persona offesa". Da qui la condanna. 

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