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Domenica, 28 Aprile 2024
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A cura di Blog Collettivo

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Avetrana, i media e lo show. Sarah dimenticata

Avetrana, i media e lo show. Sarah dimenticata

E continua lo show. Giornali, telegiornali, trasmissioni di intrattenimento e di informazione, a qualsiasi ora del giorno e della notte, non fanno altro che parlare del caso di Avetrana, ma Sara è ormai scivolata nell’ombra: i riflettori, che mamma Concetta aveva fatto puntare sulla sua scomparsa, ora sono tutti rivolti sull’assassino. Il mezzo che nelle intenzioni della donna avrebbe dovuto contribuire al ritrovamento di sua figlia si è in realtà servito della vicenda per raggiungere il suo scopo: aumentare l’audience. Fatto questo, come un boomerang impazzito, i mass media si sono scagliati contro i protagonisti di questa drammatica vicenda senza freni, né rispetto. Dirette televisive, interviste, pareri di esperti, ma anche di opinionisti conosciuti e non.

Ognuno si è sentito “in dovere” di dire la sua, di accusare, ipotizzare, smentire e anche arricchire con macabri dettagli una realtà che giorno dopo giorno si presentava nella sua assurda crudeltà. La vittima è stata tirata in ballo qua e là per “completare il quadro”, ma tutta l’attenzione si è spostata verso la famiglia Misseri. Nessuno si è posto il problema di contenere il dramma di tutti i protagonisti, né tanto meno di limitare le apparizioni di alcuni di essi che probabilmente non avevano neanche la lucidità di comprendere in quei momenti ciò che era giusto e ciò non era giusto fare.

Diverse trasmissioni hanno invitato Sabrina, sono le stesse che un attimo dopo il suo fermo, si sono scatenate con supposizioni, riflessioni e servizi in cui la ragazza era paragonata alla Franzoni per l’esagerata quantità di lacrime versate. Senza la dovuta cautela, che risulta essere d’obbligo in questi casi, con molta superficialità, tutti si espongono. L’effetto immediato di questo “bombardamento mediatico” è costituito dalle minacce e dalle telefonate anonime a casa Misseri. Questo è uno dei risultati del modo scorretto di fare comunicazione, che alimenta pericolosi appetiti e conduce ad una inesatta percezione della realtà che appare, agli occhi dei più, tale e quale a come i mass media la presentano.

L’attenzione diventa morbosa, le immagini del corpo di Sarah su Facebook lo confermano: il dolore è spettacolarizzato e il limite tra ciò che è privato, e che deve rimanere tale, e ciò che è pubblico viene arbitrariamente superato in nome del “dovere di cronaca”. Entrare nella casa altrui attraverso modellini in plastica appositamente realizzati per l’occasione, scavare nella vita della gente già provata da una vicenda assurda e inaccettabile è soltanto sciacallaggio, non dovere di cronaca!

Porre scarsa attenzione alla condizione sociale e psicologica dei soggetti, privilegiando la dimensione ideologica e l’aspetto pratico del reato (scena del crimine, tempi, movente), è fornirne un’immagine distorta e superficiale della realtà che autorizza tutti a “giudicare” e “condannare”, che alimenta pregiudizi e genera atteggiamenti pericolosi. Senza considerare il fatto che le indagini sono ancora in corso, i salotti televisivi si trasformano in corti supreme, vengono trasmessi gli atti, la gente si emoziona, si indigna e si sente parte del “reality show.

I media, infatti, rappresentano l’ambiente in cui si è immersi, un ambiente che avvolge e interferisce nella vita di ognuno da ogni parte. Come l’uomo primitivo era immerso nella foresta, così l’uomo di oggi è immerso nei media. Ha bisogno di “prendere parte” alle vicende, soprattutto se queste sono sconvolgenti. Si potrebbe pensare che questo atteggiamento nasca dalla necessità di “metabolizzarle“ nel minor tempo possibile, ma quando poi si vedono i “turisti dell’orrore” ad Avetrana, armati di macchine fotografiche, la domanda nasce spontanea: sono i media che influenzano la gente o viceversa?

In una società in cui ci si mette in posa vicino al luogo del delitto per una foto ricordo, in cui gli avvocati anziché fare il loro lavoro vanno a litigare in televisione, c’è da meravigliarsi se la giornalista comunica ad una madre in diretta il ritrovamento del corpo senza vita di sua figlia? Alla luce di ciò che sta accadendo ad Avetrana probabilmente no! I mezzi di comunicazione finiscono così con l’apparire come specchio del disagio collettivo, uno specchio però che a volte distorce la realtà, uno strumento passivo del nostro esistere.

*criminologa

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