rotate-mobile
Domenica, 28 Aprile 2024
Opinioni

Opinioni

A cura di Blog Collettivo

Lotta alla violenza di genere: non è sufficiente intervenire sulla scuola

Le riflessioni del professor Mario Carolla sulle iniziative da mettere in campo per prevenire la piaga sociale della violenza contro le donne

Il 25 novembre c’è stata una ricorrenza importante: “la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne”. Tale ricorrenza, che si celebra ogni anno, è stata scelta dalle Nazioni Unite in ricordo della morte delle sorelle Mirabal, avvenuta nel 1960 nella Repubblica Dominicana. 

Quest’anno in Italia, però, tale ricorrenza ha rivestito una particolare rilevanza per il recente assassinio di Giulia Cecchettin per mano del suo ex partner Filippo Turetta. I due, entrambi ventiduenni, la prima a due passi dalla laurea e il secondo in ritardo con gli studi, sono assurti alle cronache (nere) di mezza Europa animando la discussione, spesso infarcita da luoghi comuni, di giornalisti della carta stampata, conduttori televisivi e radiofonici, professori universitari, psicologi, uomini di cultura, politici e, naturalmente, del ministro dell’Istruzione e del merito insieme all’intero governo, alle opposizioni e al Parlamento, in un’atmosfera che giudicherei mitigata. 

Un dibattito dal contenuto fin troppo unanime rispetto ai rimedi da mettere in campo per far fronte al fenomeno abbastanza ripugnante della violenza nei confronti delle donne, dibattito in cui qualche commentatore (abbastanza sprovveduto) ha intravisto addirittura “un Paese quasi maturo”. Naturalmente, vi sono le immancabili eccezioni a tale unanimità perché da parte di molti che si rifanno alle posizioni prevalenti delle opposizioni e di alcuni della stessa maggioranza (uno per tutti il ministro Nordio, in un recente passato, e addirittura la stessa Meloni nelle sue vesti moderate, che indossa quando fa dichiarazione da presidentessa del Consiglio dei ministri) viene sottolineato che l’inasprimento delle misure del Codice penale non risolve da solo il problema della violenza nei confronti delle donne essendo necessario intervenire anche sul piano educativo. 

Tutto ciò ha prodotto, il 21 novembre, l’approvazione in via definitiva, all'unanimità, con 157 voti favorevoli, del Ddl Roccella (Disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica) da parte dell'Aula del Senato. Il ddl, composto da 19 articoli, che aveva già visto l’approvazione da parte dell’altro ramo del Parlamento, diventa così legge con le nuove misure di contrasto alla violenza di genere rafforzando le norme sul Codice Rosso e introducendone altre di prevenzione. 

Hanno votato a favore in un’Aula che ha registrato, comunque, numerose assenze, oltre ai senatori della maggioranza anche quelli di Azione e di Italia Viva, mentre si sono astenuti quelli del M5S, del Pd e di Alleanza Verdi e Si. Naturalmente, agli interventi che si dovrebbero mettere in campo nella Scuola, a cominciare da quella secondaria di I grado, se non dalla scuola dell’infanzia, è riservata una particolare importanza che il ministro Valditara ha colto al balzo presentando, il giorno successivo a quello del varo in Senato della legge in questione, il suo progetto: “Educare alle relazioni”, questa volta riservato alle superiori, che aveva in mente da tempo.

Questa doverosa premessa porta lo scrivente ad una considerazione. Tutti i personaggi più colti e meno colti della comunicazione e, conseguentemente, anche del mondo della cultura e della politica, con flebili distinzioni, si sono sbracciati nell’affermare che bisogna cambiare pagina e che “l’educazione dei ragazzi” è il nocciolo del problema; naturalmente, nel mirino per raggiungere tale educazione non può che esserci la Scuola. Per alcuni tale coinvolgimento è istituzionalmente necessario e unico, per altri è il primo insieme ad altri.

In ogni caso, a giudizio dello scrivente, la Scuola è chiamata a svolgere un compito così arduo da doversi ritenere assolutamente inadeguato alle sue potenzialità nei tempi che viviamo e che vivono gli esseri umani in formazione.

Un tempo, ormai lontano, le fondamentali, se non uniche, istituzioni educative erano rappresentate dalla Scuola, dalla famiglia e dalla parrocchia, quest’ultima quando riusciva ad intercettare le famiglie, e molto sporadicamente per i giovani più in età, da qualche partito politico (in primis Dc e Pc). Oggi la situazione è cambiata in maniera radicale: le agenzie educative che intervengono nel processo di formazione dei nostri figli e nipoti si sono moltiplicate e, spesso, in maniera abnorme. Non è comparsa sulla scena, dagli anni ’50 del secolo scorso, moltiplicandosi, dopo, in mille rivoli incontrollabili del privato, solo la Tv di Stato, potente mezzo di comunicazione capace di condizionare le coscienze di giovani e adulti, ma si sono moltiplicate le testate della carta stampata, ancorché in crisi di vendita, che mettono in prima pagina e a caratteri cubitali le storie più disparate di ogni sorta di misfatto, compresi gli strupi e gli assassini, con morbosa dovizia di particolari; un tempo tali storie erano collocate a caratteri minuscoli in fondo all’ultima pagina. 

In aggiunta, non è comparso sulla scena anche solo il web, che è andato acquistando sempre maggiore importanza di penetrazione presso le giovani generazioni comprese quelle infantili, che inevitabilmente, insieme a Tv e carta stampata, usa lo stesso criterio di comunicazione rispetto ai misfatti; sulla scena si sono diffuse su quasi tutti i territori altre agenzie educative quali le istituzioni culturali, quelle ricreative e del tempo libero, quelle sportive e le associazioni di vario scopo e genere, i gruppi dei pari e, per i più grandi, concorrono anche le forze armate e i luoghi di lavoro. 

La Scuola, come le famiglie, dunque, sono serrate in una morsa strettissima e poco possono fare i percorsi formativi integrati, che si sono diffusi a partire dagli anni ’80 del secolo scorso centrati sulla interdipendenza e sull’integrazione della Scuola con le altre agenzie educative che insistono sul territorio, i Patti Educativi di Corresponsabilità, che definiscono le linee guida per un’alleanza scuola-studenti-famiglie, i Media Education, finalizzati a sviluppare nei giovani capacità critiche nei confronti dei media e, da ultimi, gli interventi del ministro Valditara sulla Scuola compreso il progetto per contrastare la violenza di genere nelle scuole richiamato sopra: “Educare alle relazioni”.

Per le cose sottolineate in queste considerazioni, cambiare pagina in campo educativo, nella fattispecie rispetto all’educazione contro la violenza di genere, non vuol dire intervenire sulla Scuola, che pure svolge da sempre e continuerà a svolgere con grande dignità il suo arduo compito, e mettersi l’anima in pace; ciò non è affatto sufficiente, ma è indispensabile intervenire oggi nei confronti della nostra intera società, che presenta diffuse e pericolose falle. Lo scrivente ha maturato tale idea da molto tempo ed essa si è rinverdita ascoltando tutti gli interventi che si sono succeduti dopo l’assassinio della povera Giulia, tutti incompleti, con la sola eccezione di quello pronunziato dal nostro esemplare Presidente della Repubblica che ha espresso lo stesso concetto con le parole che seguono: “dietro queste violenze c'è il fallimento di una società”.

In conclusione, chi scrive pensa che per curare la nostra società malata si debbano riscoprire, condividere e, all’unisono, diffondere, con l’apporto di tutti i soggetti coinvolti non solo in ambito educativo scolastico, i valori legati al rispetto della persona umana con, in primis, il valore della convivenza civile. Tali valori, peraltro, sono precondizioni per l’anelito alla pace essendo alla base del ripudio, sancito dall’articolo 11 della nostra meravigliosa Carta costituzionale, delle violenze legata alle guerre e alle varie forme di partecipazione ad esse.

Si parla di

Lotta alla violenza di genere: non è sufficiente intervenire sulla scuola

BrindisiReport è in caricamento