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Martedì, 19 Marzo 2024
Cronaca

“Petrolchimico, malattie e decessi conseguenza dell’inquinamento”

Esposto bis in Procura dopo quello depositato a giugno 2014 da sei brindisini: tra i casi segnalati, la morte di una ragazza di 25 anni, affetta da leucemia. Allegati risultati di nuovi studi e sentenze sui siti di Mantova e Bussi sul Trino. Chiesta verifica delle condotte e di presunte omissioni delle Amministrazioni pubbliche per omicidio e lesioni

BRINDISI – Aveva 25 anni Ida. Nei suoi occhi si rifletteva il mare di Brindisi, la sua città natale, ma quegli occhi si sono chiusi per sempre per colpa di una leucemia mieloide acuta, patologia di fronte alla quale nulla ha potuto la sua voglia di vivere. Ha combattuto anche Antonio, morto a 48 anni per un linfoma che ha colpito le cellule del sistema nervoso.

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Vivevano nel quartiere Perrino di Brindisi, dai balconi delle loro abitazioni si vedono le torri del Petrolchimico. Se si allunga il braccio, sembra che si riesca a raggiungerle per toccarle. Chi piange ogni giorno per quel dolore senza fine ha chiesto ai magistrati della Procura di verificare se esiste una correlazione tra le malattie che hanno strappato alla vita Ida e Antonio e l’esposizione cronica a benzene, idrocarburi policiclici aromatici ed idrocarburi leggeri e pesanti. Richiesta identica è stata depositata da chi combatte ogni giorno contro linfomi e si chiede se le Amministrazioni locali abbiano fatto o non fatto qualcosa, se ci siano state condotte e omissioni penalmente rilevanti al punto da ipotizzare l’omicidio e le lesioni personali.

In calce al nuovo esposto, che va ad aggiungersi a quello depositato il 12 giugno 2014, ci sono le firme di quattro brindisini in aggiunta a quelle del papà di Ida, morta nel 2011, e della vedova di Antonio, deceduto nel 2010. Il primo firmatario è l’avvocato penalista Giovanni Brigante del foro di Brindisi, lui stesso componente del gruppo dei “combattenti”. Perché si combatte per la salute giorno dopo giorno una volta che i medici certificano il male.

Il contenuto e le ragioni della denuncia bis sono stati illustrati oltre che dal legale, da Maurizio Portaluri, voce storica di Medicina Democratica a Brindisi, nel corso della conferenza stampa che si è svolta questa mattina nello studio del penalista. Erano presenti

“Partiamo dalla circostanza che gli ammalati abbiano sempre vissuto in prossimità del Sin, il sito di interesse nazionale, e che conoscenze ormai consolidate nella letteratura scientifica nazionale ed internazionale pongano l’esposizione a benzene, Idrocarburi Policiclici Aromatici ed Idrocarburi leggeri e pesanti, ed altre sostanze nocive tra le cause principali dell’insorgenza di tali patologie”, ha detto Brigante.

Nella denuncia è stato scritto che “ Montedison prima ed Eni poi, attraverso le società del gruppo che hanno avuto la materiale gestione, amministrazione ovvero detenzione degli impianti industriali insediati nell’area del Petrolchimico di Brindisi hanno effettuato produzioni industriali di materie plastiche, omettendo di adottare le migliori tecnologie atte ad evitare emissioni nocive per l’ambiente e la salute delle persone”. “Hanno smaltito illecitamente, con le modalità sopra illustrate, quantità ingentissime di rifiuti tossico-nocivi e hanno immesso nell’aria, attraverso processi costanti di combustione non controllati, quantità altrettanto ingenti di gas nocivi”.

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I firmatari sostengono, inoltre, di aver “documentato, che  tutto questo abbia provocato uno stato di gravissimo inquinamento e di vastissima contaminazione delle risorse naturali con le seguenti sostanze chimiche: arsenico, rame, mercurio, cadmio, vanadio, zinco, nichel; idrocarburi C<12 e C>12; Btex (benzene, toluene e xilene);  idrocarburi policiclici aromatici; composti organo-alogenati;   PM10”.Per questo hanno evidenziato che “il danno sanitario patito dagli esponenti ovvero dai prossimi congiunti deceduti, tutti residenti in aree prossime al Petrolchimico di Brindisi, sia, con  alto grado di probabilità, conseguenza diretta” di tale esposizione.  

Nell’esposto è stata ipotizzata una responsabilità concorrente delle Pubbliche amministrazioni e degli enti locali  che, “pur essendo titolari di posizioni  e prerogative di sicurezza e controllo a tutela dell’ambiente e della salute, non hanno evitato gli eventi”. E questo  sebbene già nel 1990 il territorio di Brindisi sia stato dichiarato “area ad elevato rischio di crisi ambientale” e nel 1998 sia stato approvato il piano di disinquinamento. Secondo i firmatari non sarebbero state “neppure incrementate e migliorate le attività di vigilanza, controllo e monitoraggio a tutela dell’ambiente e della salute pubblica”.

“Il monitoraggio ad esempio della qualità dell’aria è ancora effettuato con la rete inadeguata di centraline già di proprietà di Enel”, si legge nell’integrazione. “A distanza di 14 anni dalla perimetrazione del Sin non sono state completate le attività di caratterizzazione che consentirebbero di avere una visione completa della qualità e quantità dell’inquinamento, né è stata redatta la prima valutazione del rischio sanitario”.

“Non sono stati mai adottati seri provvedimenti amministrativi inibitori e/o sanzionatori delle attività inquinanti, ad eccezione di quello impositivo del divieto di coltivazione nelle aree adiacenti l’asse attrezzato e la centrale Enel Federico II, poi annullata dal Tar per evidenti negligenze del procedimento amministrativo. E  manca una stabile tenuta di un registro tumori nella Asl di Brindisi, né è mai stata effettuata una indagine epidemiologica.

A titolo di “precedenti” sono stati riportati i casi di Mantova e Bussi sul Tirino rispetto ai quali ci sono state le sentenze della Corte d’Appello di Mantova e della Corte d’Assise d’Appello dell’Aquila, giungendo alla condanna di dirigenti di Eni e Montedison per omicidio colposo in relazione alla morte di un dipendente deceduto per leucemia mieloide acuta e  per avvelenamento delle acque e disastro ambientale aggravato 19 persone. “Confidiamo nella Procura di Brindisi per avere risposte certe e giustizia”, dicono. 

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