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Cronaca

Dal cavallo di ritorno "in due rate" ai furti in trasferta: ecco come si muoveva la banda sgominata

BRINDISI - Il capo era Sandro Antonino: lui aveva il compito di coordinare tutti i componenti del sodalizio. Lui decideva chi doveva fare parte della banda e distribuiva il denaro ricavato. Lui assoldava, lui rimproverava. E infatti c’era chi, insoddisfatto della spartizione, si lamentava pure. E criticava anche la scelta, sempre di Antonino, di permettere che uno dei derubati potesse pagare “in due rate” per riavere la sua Smart.

BRINDISI - Il capo era Sandro Antonino: lui aveva il compito di coordinare tutti i componenti del sodalizio. Lui decideva chi doveva fare parte della banda e distribuiva il denaro ricavato. Lui assoldava, lui rimproverava. E infatti c’era chi, insoddisfatto della spartizione, si lamentava pure. E criticava anche la scelta, sempre di Antonino, di permettere che uno dei derubati potesse pagare “in due rate” per riavere la sua Smart.

I RUOLI - Se Antonino era il capo della banda sgominata nel blitz compiuto dalla Squadra Mobile, Marco Greco era colui che aveva la patente e guidava la macchina che il gruppo utilizzava per perlustrare la città, alla ricerca di auto o moto da rubare per avviare il “cavallo di ritorno”. Claudio e Giuseppe Palma, oltre a partecipare ai numerosi furti di veicoli, consentivano l’utilizzo del cortile condominiale della loro abitazione ed in alcuni casi anche del loro garage per nascondere le auto rubate. Che rimanevano lì, finchè i proprietari non pagavano la somma richiesta. I componenti della banda leggevano sui giornali dei loro furti, si vantavano di aver “mangiato Brindisi”, intendendo di aver messo le mani sulla città in fatto di furti e di estorsioni, e si divertivano pure ad immaginare i titoli dei giornali nel giorno dell’arresto, avvenuto oggi.

GLI “SPACCONI” – Sandro Antonino, al telefono con Marco Greco, tracciava con spavalderia il bilancio delle loro “attività”: “Compà, vedi che l’abbiamo stroppiata in due-tre mesi, ci siamo mangiati Brindisi Ma vedi che abbiamo derubato macchine dalla mattina alla sera. Cavalli di ritorno, abbiamo fatto due-tremila euro sai. E non parliamo di quelle 700-800 di…”. Ma Antonino era anche colui che rimproverava chi non si atteneva al suo “modus operandi”, lamentandosi con gli altri al telefono. Riferendosi a Claudio Palma, il capo diceva: “Qualche giorno ti giuro che lo faccio rimanere male a quello…che se dobbiamo derubare dobbiamo derubare, non che quasi che ha 100 euro in tasca lui non bada agli altri. Poi vedete. Se sta che fa chiacchiere vedete che domani non lo chiamo più”.

Non era consentito, ovviamente, nemmeno avere paura di essere scoperti. Da qui, le critiche dello stesso Antonino, che voleva allontanare dal gruppo Cosimo Papa. “Non ha fatto un c… E mena andiamocene di qua, mena cheeee, ehi ma che hai capito ueh Mì, zitto bello e garbato, manco si è avvicinato per spingere la macchina, e che capisce, per mettere i soldi in tasca? No compà, non ci va proprio d’accordo con me quello, compà o rubiamo così come stiamo, visto che…”

LE CRITICHE – Ma talvolta le decisioni di Antonino non piacevano ai componenti della banda, che talvolta si lamentano per la suddivisione del denaro, con cifre che a qualcuno sembravano troppo basse in proporzione ai rischi corsi. Andrea Pisani diceva a Marco Greco, riferendosi al capo: “Hai visto? Duemila euro ha guadagnato, cento euro mi ha dato, che schifo”. “Che a me sai quanto mi ha dato di duemila euro? Cinquanta euro”, gli ribattè Greco.

CAVALLO A RATE – In un’altra conversazione, Greco, Pisani e Papa criticavano il comportamento e la decisione di Antonino, poiché in occasione della consegna di un’auto Smart che era stata rubata poco tempo prima, aveva acconsentito che il pagamento della somma estorta avvenisse in due “rate”. “Dovevo stare io con lui nah – diceva Greco – aspè che mo gliela do la macchina…600 euro, aspetta”. “A rate compà - rispondeva Pisani -, Madò, non l’ho mai visto un cavallo a due rate”.

I FURTI – Non solo auto e moto, ma di tutto veniva rubato per chiedere in cambio denaro. La banda si introduceva nelle villette per portare via orologi e gioielli, e molto spesso i “colpi” avvenivano in trasferta. Nell’officina meccanica di Luigi Cuppone, a Brindisi, il 30 gennaio 2007 furono portate via quattro moto di grossa cilindrata. Da una casa di Nardò i ladri prelevarono un orologio marca “Breil”, una collana in oro con crocefisso e targhetta, e un cellulare “Motorola”. Ma la banda si spostava anche nel Nord Italia: in due diverse abitazioni di Parma, si registrarono furti di anelli, girocolli, collane, bracciali, macchine fotografiche, orologi, catene in oro e argento. Sempre a Parma, un uomo fu costretto - minacciato con un coltello - a non opporre resistenza dinanzi al furto di mille schede di ricarica telefonica per un valore di 15mila euro.

Altri “colpi”, ma questa volta in provincia avvennero nel marzo 2006: televisori rubati presso “Arredamenti 2c”  di Erchie, jeans e giubbotti prelevati da “Emporio Country Store” di Vincenzo Contardi, e altri capi d’abbigliamento prelevati da “Rp Fashion” di Squinzano (Lecce). Ma un altro furto che avvenne in città e che fece particolarmente notizia fu quello avvenuto ai danni del negozio “Archivio Storico”, nel centro di Brindisi. Nell’ordinanza, sono riportate anche le tecniche utilizzate dalla banda, che decise di forare la parete: “Allora con due trapani, uno buca ad una parte e uno buca all’altra, capito? E magari poi con due palanchini piano piano”.

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