rotate-mobile
Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca

P2T, la notte in cui finirono i sogni

BRINDISI – Qualche esponente dei sindacati, un folto gruppo di ambientalisti (soprattutto militanti dei No al Carbone), capigruppo consiliari di maggioranza e opposizione come Salvatore Brigante, Roberto Fusco e Riccardo Rossi, il presidente del consiglio comunale, Luciano Loiacono, parenti di Carlo Greco, Giuseppe Marulli e Giovanni Palazzotto, come Armando Marulli cugino del tecnico morto nell’esplosione, il sindaco Mimmo Consales in testa, e il direttore dello stabilimento Eni Versalis (ex Polimeri Europa), Sergio Di Pinto, ad accompagnare all’interno dei cancelli la delegazione infoltita dai giornalisti.

BRINDISI – Qualche esponente dei sindacati, un folto gruppo di ambientalisti (soprattutto militanti dei No al Carbone), capigruppo consiliari di maggioranza e opposizione come Salvatore Brigante, Roberto Fusco e Riccardo Rossi, il presidente del consiglio comunale, Luciano Loiacono, parenti di Carlo Greco, Giuseppe Marulli e Giovanni Palazzotto, come Armando Marulli cugino del tecnico morto nell’esplosione, il sindaco Mimmo Consales in testa, e il direttore dello stabilimento Eni Versalis (ex Polimeri Europa), Sergio Di Pinto, ad accompagnare all’interno dei cancelli la delegazione infoltita dai giornalisti.

Un giorno grigio di pioggia e sferzato dal vento ha fatto da scenario stamani (video) alla breve cerimonia per ricordare i tre lavoratori morti nella sala controllo del cracker P2T, l’impianto di produzione dell’etilene da cui si sprigionarono il gas esplosivo e poi lo scoppio devastante e l’incendio mezz’ora dopo la mezzanotte tra il 7 e l’8 dicembre del 1977. Quell’area è la piccola ground zero di Brindisi, è rimasta spianata per tutti questi anni. Il nuovo cracker avviato nel 1993 – dopo lunghe lotte sindacali – si trova a brevissima distanza. E’ storia della città, storia industriale ed economica (cominciò da quella notte la parabola discendente del petrolchimico brindisino).

Storia di una città che non deve dimenticare i suoi eroi, perché i tre lavoratori carbonizzati al loro posto stavano cercando di evitare un disastro ben peggiore, per capire che tipo di sviluppo scegliere e perseguire, ha detto il sindaco nel suo breve discorso, pronunciato dopo un minuto di silenzio davanti al cippo, non lontano dall’ingresso dello stabilimento. Stele bianca che ricorda la posa della prima pietra nel 1961, con l’allora Presidente della Repubblica (era Antonio Segni, uomo di una Sardegna che ha avuto anch’essa a che fare con gli anni della chimica senza regole).

Era un altro passo verso quel tipo di sviluppo del Sud basato sulle cosiddette cattedrali nel deserto, un filo che unì in pochi anni la Montedison di Brindisi all’Italsider  di Taranto, politica con i cui effetti collaterali stiamo facendo i conti negli ultimi anni e in questi giorni. Il Moplen e l’acciaio portarono l’Italia ricostruita tra le potenze industriali, ma oggi si stenta a riconoscere ai territori che ospitano il grande petrolchimico (vasto cinque volte la città) e la grande acciaieria, ottenendo lavoro e cambiamento di stili di vita, ma a quale prezzo, persino il diritto alla salute.

Carlo Greco, Giuseppe Marulli e Giovanni Palazzotto amavano la loro fabbrica e facevano parte di quella generazione che avrebbe anche saputo gestire i cicli produttivi complessi del petrolchimico. Una classe operaia meridionale diversa da quella che si era formata alla Fiat con l’emigrazione al Nord. Se non ci fosse stata la crisi della chimica di base, la crisi del petrolchimico di Brindisi privato per 16 anni dell’impianto di cracking, forse da quella classe operaia (fatta anche di molti tecnici laureati), la società locale avrebbe potuto beneficiare di nuovi quadri dirigenti. Ma la politica li avrebbe voluti, visto che anche oggi si blinda dietro la propria autoreferenzialità?

Ci sono tante domande che quell’esplosione di una notte di dicembre del 1977 ha lasciato sospese. Quella classe operaia anomala fu dispersa dai prepensionamenti e si disperse per carenza di prospettive, senza poter sviluppare il progetto e la rivendicazione di una produzione diversa. Una cosa però Brindisi la capì, semplice, elementare, brutale: da quegli impianti sorti dove una volta c’era solo spiagge dalla sabbia bianca e canneti, si potevano anche ricevere messaggi di morte e di paura. Sono cose da non dimenticare quando qualcuno viene a bussare alla porta offrendo, sostanzialmente, sempre la stessa merce. C’è un progetto sospeso da riprendere, dopo 35 anni.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

P2T, la notte in cui finirono i sogni

BrindisiReport è in caricamento