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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca

Quelle bande post-contrabbando

Sono tutti over trenta e quindi hanno di sicuro ricordi nitidi delle fughe a fari spenti dal mare alle gubbie, degli inseguimenti con le forze dell’ordine, spericolati come non se ne vedono per fortuna più. Gli speronamenti, gli spari. Il quadro di contorno è incredibilmente lo stesso degli anni Ottanta e Novanta.

Sono tutti over trenta e quindi hanno di sicuro ricordi nitidi delle fughe a fari spenti dal mare alle gubbie, degli inseguimenti con le forze dell’ordine, spericolati come non se ne vedono per fortuna più. Gli speronamenti, gli spari. Il quadro di contorno è incredibilmente lo stesso degli anni Ottanta e Novanta quando la principale fonte di reddito della criminalità organizzata ma anche della delinquenza spicciola assoldata come manovalanza era il contrabbando di sigarette.

Ora è cambiata la tipologia di business, non si fanno più affari con le sigarette. Restano i chiodi a tre (o quattro) punte, l’abilità nel blindare artigianalmente la parte posteriore delle vetture, per lo più Suv o auto di grossa cilindrata, berline o station-wagon. Ci sono le armi, e in effetti in un caso, a Cisternino, vi fu una sparatoria e pure un ferimento rimasto avvolto dal mistero. C’è l’abilità acquisita nell’utilizzo di gas esplodente attivato con una piccola scarica elettrica.

La cura nella scelta degli obiettivi: sempre nel centro abitato, ma mai in stabili in cui un eccesso deflagrante potesse porre a rischio l’incolumità delle persone. Insomma, è come se fosse mutato nulla o poco rispetto al passato. Solo la tipologia di attività illecita selezionata: il furto, piuttosto che il contrabbando di sigarette. In danno delle banche, piuttosto che delle multinazionali (con cui in taluni casi all’epoca ci fu perfino accordo), ma sempre per rubare ai potenti badando bene a non far male a nessuno.

Valutazione che va riferita al contrabbando di tle solo all’epoca precedente a quella in cui scesero in campo le organizzazioni criminali di stampo mafioso: prima che i viaggi di carichi di bionde sugli scafi e sulle Alfette si macchiasse del sangue degli omicidi griffati Sacra corona unita, frutto dello scontro fra clan rivali.

I cinque brindisini arrestati la scorsa notte, Pietro Leone, 40 anni, di Villa Castelli; Oronzo D’Urso, 33 anni, di Ceglie Messapica; Francesco Barnaba, 37 anni, di Ceglie Messapica; Cosimo De Rinaldis, 30 anni, di Ceglie Messapica, e Gianluca Giosa, 34 anni, di Brindisi, sono solo alcune delle pedine di un gruppo nutrito che ha potuto contare su mezzi e attrezzature da professionisti. I carabinieri di Brindisi che stavano loro addosso da settimane, hanno voluto interrompere bruscamente la serie di assalti non tutti andati bene, ché in alcune circostanze ad avere la meglio è stato il sistema macchiasoldi o antifurto delle banche.

Con il supporto dei colleghi di Taranto, con l’apporto dei militari del Nucleo operativo e radiomobile delle compagnie di Fasano e Francavilla, hanno allestito la trappola a Monteiasi. Si sono schierati in trenta. Sapevano che la banda del bancomat stava per arrivare. Al quintetto accerchiato e neutralizzato in flagranza di reato è stato contestato al momento il tentato furto aggravato, il possesso di materiale esplodente e la resistenza a pubblico ufficiale. Uno degli uomini del commando aveva cercato inutilmente (e maldestramente) di scappare via.

Non è che la punta dell’iceberg. Il giro è ben più ampio: i covi erano diversi, disseminati nel Brindisino e nel Tarantino. Sono troppi i colpi per pensare che fossero solo in cinque a metterli in atto. Troppo ben studiati ed eseguiti perché non si debba ritenere che tanto la regia quanto i bracci operativi fossero parte di un’associazione. Ha vinto lo Stato, ancora una volta. E ha vinto sul campo, dimostrando d’essere più forte, con i suoi uomini, proprio sul teatro delle malefatte. Bottino pieno anche per i carabinieri che hanno sequestrato la vettura rubata di turno, un Suv della Bmw, i chiodi, il congegno utilizzato per l’esplosione e perfino altre tre auto rubate già impiegate o da impiegare.

Restano ora da assegnare gli 11 precedenti: le esplosioni a Torre Santa Susanna, San Michele Salentino, Brindisi città (via Appia), Cisternino, Fasano e Torre Canne tra queste. Va compreso quali degli assalti analoghi in tutta la regione possano essere attribuiti alla stessa cellula per lo più brindisina. Si parte dagli interrogatori di convalida che saranno fissati a breve e che gli arrestati terranno al fianco dei rispettivi legali, Luca Leoci, Aldo Gianfreda e Danilo Cito.

I cinque hanno precedenti specifici per reati contro il patrimonio e un nuovo pacchetto di accuse da cui difendersi. Aleggiano su di loro nuove contestazioni che saranno fatte non appena le indagini forniranno un quadro più chiaro su ogni furto portato a compimento nel tacco d’Italia. Mancano i contanti, ma quelli con tutta probabilità sono al sicuro ormai da tempo.

 

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