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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca

Sui D'Oriano doppio sequestro

BRINDISI – Undici anni e 10 mesi in Appello, ricorso in Cassazione pendente: questa è la posizione di Alfonso D’Oriano, uno dei membri della famiglia radicata a Brindisi da molti anni, ma originaria di Castellamare di Stabia e con collegamenti – secondo gli investigatori – con il clan stabile dei D’Alessandro. Uno snodo cruciale del riciclaggio delle Marlboro-lire negli anni ruggenti del contrabbando di sigarette, con investimenti immobiliari e in attività portuali, come la società “D’Oriano Maria Edelma”, ora da lungo tempo in amministrazione giudiziale. Ma il sequestro anticipato di beni abbattutosi in questi giorni su Alfonso D’Oriano è svincolato dalla vicenda penale, la famosa Operazione Atlantide che svelò il profondo intreccio a Brindisi tra economia contrabbandiera e società civile alla fine degli anni Novanta, individuando e colpendo la rete del riciclaggio composta da decina di prestanome (circa 70 gli imputati nei primi due gradi di giudizio).

BRINDISI – Undici anni e 10 mesi in Appello, ricorso in Cassazione pendente: questa è la posizione di Alfonso D’Oriano, uno dei membri della famiglia radicata a Brindisi da molti anni, ma originaria di Castellamare di Stabia e con collegamenti – secondo gli investigatori – con il clan stabile dei D’Alessandro. Uno snodo cruciale del riciclaggio delle Marlboro-lire negli anni ruggenti del contrabbando di sigarette, con investimenti immobiliari e in attività portuali, come la società “D’Oriano Maria Edelma”, ora da lungo tempo in amministrazione giudiziale. Ma il sequestro anticipato di beni abbattutosi in questi giorni su Alfonso D’Oriano è svincolato dalla vicenda penale, la famosa Operazione Atlantide che svelò il profondo intreccio a Brindisi tra economia contrabbandiera e società civile alla fine degli anni Novanta, individuando e colpendo la rete del riciclaggio composta da decina di prestanome (circa 70 gli imputati nei primi due gradi di giudizio).

Ad Alfonso D’Oriano è stato applicata la misura di prevenzione secondo la procedura amministrativa prevista dal D.Lgs. 159 del 2011, il nuovo testo sulle normative antimafia, ed in parte sono stati colpiti gli stessi beni (sostanzialmente le società) già finite nel mirino nel luglio 2010, ma con un sequestro a carico di Antonio D’Oriano, 44 anni, ancorato invece ai processi penali che coinvolgono la famiglia, e con gli strumenti offerti dal cosiddetto “Pacchetto sicurezza” , che consentono di svincolare  la misura antimafia del sequestro patrimoniale dalla procedura dell’irrogazione della sorveglianza speciale, e che possono funzionare anche in assenza di attualità della pericolosità sociale del soggetto, o anche dopo la sua morte e a carico degli eredi.

In pratica, su quelle che si possono definire le “società contrabbandiere” dei D’Oriano perché nate, secondo procura e investigatori delle fiamme gialle  per riciclare in attività legali i soldi del traffico di sigarette, ora gravano due tipi di sequestro, entrambi finalizzati alla confisca dei patrimoni interessati. Se dovesse venire meno in giudizio la misura legata al penale, c’è sempre l’altra, motivata, nel caso di Alfonso D’Oriano, dalla “sproporzione tra il valore dei beni posseduti rispetto ai redditi dichiarati e all’attività economica svolta”. E più precisamente, ha spiegato il maggiore Gabriele Sebaste, comandante del Nucleo di polizia tributaria di Brindisi, tra il 1987 ed il 2008 il nucleo familiare di Alfonso D’Oriano ha prodotto redditi ufficiali per 445mila euro, mentre gli investimenti in beni ammontano nello stesso periodo a 990mila euro.

Nel luglio del 2010 ad Antonio D’Oriano erano stati sequestrati beni compendi e quote aziendali per 5,2 milioni di euro, nel dettaglio quote di tre società portuali, di una villa di 12 vani al Casale, a Brindisi, del valore di un milione di euro; di una villa a Castellammare di Stabia, di un appartamento a Lecce e altri tre a Brindisi, per un valore di altri 900mila euro; di quattro garage a Brindisi, Lecce e Castellammare; di cinque terreni agricoli a Brindisi; di una cava sempre in agro di Brindisi, di circa 6 ettari e del valore di 1,5 milioni di euro; di 8 veicoli aziendali (trattori, motrici e rimorchi);  due auto (una Bmw e una Citroen C3); di un motoscafo d’altura Pershing 38.

Oggi ad Alfonso D’Oriano è stato applicato un sequestro anticipato (il decreto del presidente del tribunale delle misure di prevenzione è stato convalidato quasi in ogni parte dal collegio) del valore di circa 8 milioni di euro, comprendenti una villetta a schiera di 9 vani nello stesso complesso del precedente complesso, al quartiere Casale, poi 9 ettari di terreni, le quote di due società portuali e di una società immobiliare, e disponibilità finanziare per 6,6 milioni di euro. Le società sono sempre la “D’Oriano Maria Edelma” e la Domoter Srl in ambito portuale, e la Immobiliare Residenziale Srl. Terreni e quote societarie risultano intestate ad Alfonso D’Oriano ed alla moglie, la casa al figlio e le disponibilità finanziarie a prestanome a Brindisi e in provincia.

“Una tappa di una vecchia storia che risale ad anni e contesti, come quello dell’economia contrabbandiera, che si spera non ritornino più”, ha detto il procuratore capo Marco Dinapoli, che ha presentato stamani i risultati dell’indagine assieme al comandante provinciale della Finanza, colonnello Vincenzo Mangia, e al maggiore Gabriele Sebaste (il pm titolare del procedimento è Raffaele Casto). “I D’Oriano – ha proseguito il procuratore – sono una dinasty guidata per lungo tempo da Domenico, oggi ultraottantenne, a lungo coinvolta nel riciclaggio come dimostrano le sentenze dei primi due gradi di giudizio. Ecco perché abbiamo chiesto la confisca dei beni”.

Una tappa di una vecchia storia, degli anni della Brindisi illegale. Una storia di economia fondata sui proventi illeciti del contrabbando di sigarette. L’operazione “Atlantide II” della Guardia di Finanza di Brindisi in sinergia con la Procura della Repubblica, oggi, arriva nuovamente a compiere un ulteriore passo sul piano dell’applicazione della normativa antimafia. Con questa indagine, la procura e la polizia tributaria stanno chiudendo una complessa partita che era cominciata nel 1996 con l’operazione Atlantide I. Lo scenario della vicenda è sempre quello dei famosi anni ’90, anni storici del contrabbando di sigarette, un traffico che aveva arruolato schiere folte di fiancheggiatori.

Un inquinamento sociale profondo, quello che fu portato a galla dal pm Giorgio Lino Bruno e dalla polizia tributaria, anche attraverso forti polemiche di natura politica quando, per scoprire i prestanome che accettavano di riciclare il danaro della famiglia Morleo (una delle più note nell’affare del contrabbando di sigarette), si decise di passare al setaccio tutti i conti correnti della città. Fu scoperto di tutto, dai direttori ai funzionari di banca (qualcuno poi assolto), imprenditori edili e semplici cittadini, a volte l’ombra di una politica compiacente. Il detonatore fu la cattura di una nave che ormeggiò a Costa Morena con un carico di 30 tonnellate di sigarette. Fu anche l’inizio di una guerriglia per non perdere l’effettivo controllo delle imprese sequestrate.

Il 17 giugno 2011, pochi mesi fa, è arrivata la sentenza di secondo grado del processo scaturito dalle indagini sulla rete dei riciclatori insospettabili della società Morleo – D’Oriano, l’operazione Atlantide di due lustri fa. In tutto, 127 gli anni di pene inflitte a 25 imputati, reati prescritti per tutti gli altri, 53 in tutto. La sentenza è stata pronunciata dalla Corte d’Appello di Lecce mentre le indagine erano state avviate dal magistrato inquirente Giorgio Lino Bruno (la condanna di I grado per gli imputati ci fu il 27 maggio del 2007 dalla prima sezione penale del tribunale di Brindisi). Fra i responsabili del traffico illecito di danaro, provento del contrabbando di tabacchi, personalità trasversali, composto da funzionari, imprenditori e gente comune, a vario titolo inseriti in un circuito utile ai traffici della criminalità organizzata nostrana.

All’epoca furono sequestrati 27 miliardi di lire in contanti, finiti in parte nelle attività di tre imprese portuali del gruppo D’Oriano, legato al filo doppio secondo l’accusa tanto alla famiglia brindisina dei fratelli Morleo quanto al clan campano dei D’Alessandro di Castellamare di Stabia. L’accordo tra gli sbriga - faccende dei contrabbandieri e le banche, prevedeva l’acquisto da parte dei primi di certificati di deposito al portatore per il tramite di prestanome, da qui la comparsa nel fascicolo del pm, inizialmente composto da 79 indagati, di casalinghe e figure di copertura, sconosciute fino a quel momento nel panorama della malavita made in Brindisi.

Nella sentenza ci sono solo quattro assoluzioni per alcuni reati: Roberto Della Porta, 56 anni di Brindisi – direttore di un importante istituto bancario, uomo – chiave da cui prese il via l’indagine e Paolo Baldacci, 52 anni di Brindisi – funzionario dello stesso istituto di credito, entrambi accusati di aver ripulito il denaro proveniente dal traffico di sigarette, attraverso l’apertura di diversi conti correnti e libretti di risparmio da parte dei soggetti coinvolti nel contrabbando. Riformata a sei anni e sei mesi la pena a carico di Della Porta, che in primo grado era stato condannato a dieci anni, pena inflitta per i reati minori commessi in seno alla stessa presunta associazione.  Assolti per non aver commesso il fatto relativamente ai reati di contrabbando Antonia Antonicelli, 80 anni, di Gioia del Colle e Vincenzo Montanaro, 40 anni, di Brindisi. Montanaro, ragioniere addetto alla contabilità dell’azienda D’Oriano, è stato invece condannato a tre anni (3mila euro di multa) per false fatturazioni con le attenuanti generiche.

Le pene, invece, a carico della famiglia D’Oriano, di Castellamare di Stabia (Napoli): Domenico D’Oriano, 83 anni, pena ridotta a 14 anni e tre mesi (14mila euro di multa); Alfonso D’Oriano, 59 anni, pena ridotta a undici anni e dieci mesi (10.900 euro di multa); Vito Morleo, 55 anni, ristoratore di Brindisi, sette anni e dieci mesi (4mila euro di multa); Maria Edelma D’Oriano, 56 anni, pena ridotta a tre anni e sei mesi (3.300 euro di multa); pene ridotte anche per Anna Paola Iannaco, 56 anni, tre anni e sei mesi (3.300 euro di multa); Natale Leo, 56 anni, di Brindisi, tre anni e quattro mesi (3mila euro di multa); Rocco Licchello, 60 anni, di Brindisi, tre anni e sei mesi (3.300 euro di multa); Maria Antonia Orlanduccio, 58 anni, di Brindisi, tre anni e due mesi (3mila euro di multa); Michelina Di Totaro, 50 anni, di Brindisi, pena ridotta a tre anni e due mesi (3mila euro di multa); Giovanna Todisco, 76 anni, di Castellamare di Stabia, tre anni e sei mesi (3.300 euro di multa).

Confermata la sentenza di primo grado invece per  Salvatore Marchetti, 82 anni, di Brindisi, 4 anni e sei mesi; Giovanni Petrosillo, 51 anni, di Brindisi, 4 anni e sei mesi; Aldo Rollo, 71 anni, di Brindisi, 5 anni e 6 mesi; Patrizia Orlanduccio, 50 anni, di Brindisi, 4 anni e sei mesi; Donato Roma, 60 anni, di Brindisi, tre anni; Filomena Teodora Sicilia, 43 anni, di Brindisi, 4 anni e sei mesi; Antonio Semeraro, 40 anni, di Brindisi, 4 anni e sei mesi; Cosimo Semeraro, 43 anni, di Brindisi, 4 anni e 8 mesi; Antonio D’Oriano, 44 anni, di Vico Equense (Napoli), sette anni e sei mesi; Roberto Galluzzo, 44 anni, di Brindisi, quattro anni e sei mesi; Alessandro Giglio, 44 anni, di Brindisi, quattro anni; Tonio Rametta, 44 anni, di San Pietro Vernotico, quattro anni; Giovanni Mauro, 65 anni, di Brindisi, quattro anni e sei mesi; prescrizione a conferma del primo verdetto per Francantonio Bettiga, 64 anni, di Colico; Giovanni Vanacore, 51 anni, di Castellamare di Stabia; Guglielmo Bonifacio, 50 anni, di Castellamare di Stabia; Donato Carrese, 40 anni, di Castellamare di Stabia; Cosimo Simmini, 64 anni, di Brindisi; Giuseppe Maggi, 67 anni, di San Vito dei Normanni; Rosario Giannetta,  61 anni, di Minervino di Lecce; Riccarda Di Francesco, 57 anni, di Brindisi; Luigi Doria, 48 anni, di Brindisi; Gabriella Simmini, 39 anni, di Brindisi.

Prescrizione di tutti i reati residui invece per Giuseppe Morleo, Lucia Allegrini, Paolo Baldacci, Luigi Destino, Salvatore D’Oriano, Stefano Giglio, Francesco Licastro, Stefania Lorenzo, Bruno Morleo, Alessandro Palazzo, Antonia Rollo e Manola Visca. Pronto per l’ultima battaglia in Cassazione il collegio difensivo composto da Antonella Attolini (difensore di 27 imputati), Vito Epifani, Federico Massa, Daniela Faggiano, Daniela D’Amuri, Cosimo Pagliara, Massimo Manfreda, Gabriella Dell’Aquila, Gianvito Lillo, Cinzia Cavallo, Vincenzo Romano, Giampiero Iaia, Antonio Maurino, Carlo Caniglia, Raffaele Missere, Marianna Laguercia.

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