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Lunedì, 29 Aprile 2024
Economia

Il porto di Brindisi e quegli ostacoli allo sviluppo mistificati come successi

Intervento di Francesco Saponaro, segretario di Io Sud per la provincia di Brindisi, sul porto di Brindisi

Riceviamo e pubblichiamo un intervento di Francesco Saponaro, segretario di Iu Sud per la provincia di Brindisi, sul porto di Brindisi

Alcuni giorni fa, di primo acchito, ci si era approcciati alle novità che riguardano il porto di Brindisi, rimandando successivi approfondimenti ad un momento successivo. In effetti, mentre le prospettive che si aprono lasciano ben sperare, vista la posta in gioco è necessario volgere uno sguardo al futuro rimanendo con i piedi per terra e non dimenticando il passato. Può apparire pretestuoso ed azzardato richiamare l’intervento di un collegio inquirente così autorevole come la commissione parlamentare di inchiesta, ma ripercorrendo le vicende che hanno caratterizzato la città di Brindisi negli ultimi quarant’anni, non possono sfuggire ampie perplessità sull’opportunità, la tempistica e forse anche la legittimità di alcuni dei provvedimenti assunti in passato, i quali, presi singolarmente non destano alcun sospetto, ma esaminati complessivamente ad epilogo delle vicende cittadine, lasciano sorgere diversi interrogativi a cui non è facile dare una risposta senza pensare al peggio. 
Tanti e così rilevanti sono stati gli ostacoli frapposti allo sviluppo del porto, abilmente mistificati come successi, che è quantomai logico chiedersi se in verità non ci si sia adoperati per una complessa azione regressiva, pianificata allo scopo di raggiungere un obbiettivo nascosto.

Fonte economica ipso facto, per diversi anni il porto ha ravvivato l’economia di Brindisi e del Salento più in generale, riverberando effetti benefici anche sul piano sociale e culturale: basti ricordare che fino agli ultimi anni del XX secolo, il core business del porto era rappresentato dal traffico passeggeri, ma al contempo di quello commerciale da e per la Grecia e la città era meta ambita da turisti di ogni nazionalità. Allora ci si poneva il problema delle iniziative da assumere per sviluppare quel turismo di transito e favorire la permanenza dei vacanzieri nel Salento.  Nell’anno 2000 venne presa la decisione di chiudere i corsi principali al traffico veicolare, rimandando tutti gli automezzi diretti all’imbarco, dall’oggi al domani, a Costa Morena. 

Si inneggiò al successo, alla vittoria, era il miglior risultato raggiunto e raggiungibile per la città, ma era una vittoria di Pirro. Nessuno, o quasi, aveva potuto percepire che si stava segnando l’inizio del progressivo declino del porto e che da allora non sarebbe mai più stata la stessa cosa.  Nel frattempo, allo scopo di evitare facili ma infruttuose giustificazioni, va detto che nel 2002 entrava in circolazione la moneta dell’euro e di lì a qualche anno sarebbe esplosa la crisi economica greca, vicende che hanno mutato gli assetti, ovunque. 

Tornando alla situazione di Costa Morena, era più che evidente che in quegli anni mancavano le infrastrutture e che i turisti e gli autotrasportatori non godevano della benché minima accoglienza; i viaggiatori che dovevano usufruire dei servizi delle agenzie di viaggio, che operavano presso gabbiotti improvvisati posti all’ingresso del porto, erano costretti a stazionare all’aperto e sotto il caldo torrido dell’estate. L’intera area era priva di qualsiasi servizio. 
Il perdurare di tale situazione portò le compagnie di navigazione a prediligere il porto di Bari, a discapito di quello di Brindisi, oramai sempre più in affanno. 
Come se non bastasse, alcuni anni fa l’Autorità Giudiziaria intervenne con i provvedimenti inibitori a carico delle opere portuali realizzate in situazione di eloquente difformità rispetto al Piano Regolatore Portuale risalente al 1975. 

È stato così che dopo quasi 50 anni dal vecchio piano regolatore portuale, con una situazione mutata da tempo, il 30 gennaio scorso, siamo nel 2024, è stato firmato il decreto per l’emanazione del Vas (Valutazione Ambientale Strategica), cioè del documento propedeutico all’approvazione definitiva del nuovo Piano Regolatore Portuale.  C’è da chiedersi quale sia stata la vera ragione per la quale, per quasi un quarto di secolo, quantomeno dal 2000 ad oggi, il porto di Brindisi sia stato annichilito in questo modo, con danni, non solo di natura economica, all’intero Salento. Sono interrogativi a cui solo un’inchiesta ad ampio respiro potrebbe dare una risposta. 

Si è trattato unicamente di inefficienze del passato, inefficacia degli interventi effettuati o potrebbe esserci dell’altro? Quello che conta è chiarire realmente come siano andate le cose perché i danni subiti, sotto diversi aspetti come si diceva, finanche demografici, hanno caratterizzato particolarmente un’intera città, Brindisi e tutta l’area salentina.  Per il futuro bisogna adottare tutte le possibili contromisure perché non si ripetano più episodi di bullismo istituzionale, se di bullismo si è trattato.

Bisogna infine augurarsi che il nuovo Piano Regolatore Portuale, nella sua versione definitiva, si attenga alle prescrizioni della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per le Provincie di Brindisi e Lecce orientate a preservare il patrimonio culturale subacqueo, il Castello di Forte a Mare, punta delle Terrare e lo stesso specchio d’acqua insinuato dalle colmate.

Valga come esempio quello che è accaduto al vecchio Teatro Verdi, abbattuto per far posto ad abitazioni che si potevano costruire altrove e peggio ancora a ciò che addirittura può solo sospettarsi possa essere accaduto ad un anfiteatro romano di cui non v’è traccia ma che è quasi impossibile non sia esistito. 
Per i brindisini, immagino che Coco Lafungia, per il tramite del compianto Pino Indini chioserebbe con una frase che umilmente interpreterei in questo modo: “““Prima Sant’Oronzo, poi San Nicola … e quandu San Ghiatoru e San Lorenzo?”””, ovvero, dapprima, a seguito della peste scoppiata nel Regno di Napoli nel 1657, a Lecce si fece credere che il Salento (la Terra d’Otranto) era stato risparmiato dall’epidemia grazie all’intercessione di Sant’Oronzo e l’allora Sindaco di Brindisi, Carlo Stea, offrì alla città di  Lecce i pezzi della colonna romana, caduta oltre un secolo prima, affinché vi si ergesse la statua del Santo Patrono; ai giorni nostri, Brindisi ha finito sempre col favorire la città di Bari, impersonata nel suo San Patrono San Nicola. Ora è necessario che Brindisi favorisca i propri Santi Patroni, San Teodoro d’Amasea e San Lorenzo da Brindisi. 

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