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Venerdì, 26 Aprile 2024
Politica Mesagne

Mesagne, stop al sindaco Molfetta: dal notaio sette consiglieri di maggioranza e due del Pd

Si sono dimessi in mattinata nello studio Di Gregorio: “Confronto impossibile”. Matarrelli: “Nessuna apertura”. L’ex primo cittadino: “Situazione sconcertante”

MESAGNE – Stop all’Amministrazione del sindaco Pompeo Molfetta di Mesagne, sfiduciato in uno studio notarile: sette consiglieri di maggioranza più due del Pd, in mattinata, hanno firmato le dimissioni, staccando di fatto la spina all’esperienza civica iniziata il 15 giugno 2015, sotto la voce “Diamoci una mano”, coalizione che piaceva a Toni Matarrelli, diventato nel tempo il più critico con il primo cittadino.

Pompeo Molfetta festeggia nell'atrio del municipio-2

Le dimissioni dei consiglieri

Nessuna mano, evidentemente, poteva essere più tesa al primo cittadino dopo la tappa del rimpasto della Giunta dello scorso aprile, se gli stessi della coalizione di governo, con avallo degli assessori, hanno deciso di dire basta, al pari di quanto da mesi stavano evidenziando Francesco Mingolla, già candidato sindaco per il Pd, e il collega di scranno Alessandro Pastore, a loro volta autori di uno strappo interno al Partito democratico del segretario cittadino Francesco Rogoli. Attorno alle 13 si sono presentati nello studio nel notaio Francesco Di Gregorio per mettere il punto e andare a capo, archiviando l’esperienza iniziata con il 57,6 per cento dei consensi.

Il messaggio di Molfetta: "Nessun rimpianto"

Di certo, c’è che a Mesagne arriverà il commissario prefettizio, al quale spetterà il compito di traghettare il Comune sino alle nuove elezioni. Con il peso del bilancio finito sotto la lente di ingrandimento della Corte dei Conti. Quando si tornerà alle urne? Forse a maggio, in concomitanza con le europee, certamente in uno scenario politico confuso e scoppiettante nel quale avranno modo di farsi sentire i dimissionari, autori della caduta.

Hanno firmato le dimissioni i consiglieri della maggioranza Alessandro Cesaria, Toni Esperte, Toni Matarrelli, Antonello Mingenti, Giuseppe Semeraro, Gino Vizzino, Elvira Zurlo. Ai quali, come si diceva, si sono aggiunti i due dell’opposizione, del Partito Democratico, Francesco Mingolla (nella foto in basso) e Alessandro Pastore.

Il documento

Francesco MingollaHanno condiviso le ragioni alla base delle dimissioni che costituiscono una sfiducia fuori dall’Aula del Consiglio, gli assessori Marco Calo’, Roberto D’Ancona, Maria Teresa Saracino, Annamaria Scalera, Omar Ture e i delegati esterni Vincenzo Carella e Maurizio Piro.

Le motivazioni della decisione sono state spiegate nel seguente documento: “Il manifesto politico-programmatico attraverso cui il nostro candidato sindaco aveva dapprima allestito una coalizione civica e, poi, vinto le elezioni aveva il segno esplicito di una apertura alla città, di un coinvolgimento ad ogni livello delle forze sane nell’amministrazione della cosa pubblica e di una  coesione proficua con i soggetti componenti la maggioranza”, si legge nel testo.
“Col passare dei mesi il primo cittadino ha manifestato un atteggiamento, diventato stutturale, di diffidenza verso le forze politiche che ne avevano consentito l’elezione, verso i consiglieri comunali che ne supportavano l’azione amministrativa e verso la città.Negli ultimi tempi, le criticità emerse nei dibattiti politici con la maggioranza non sono state mai affrontate dal Sindaco con spirito costruttivo bensì con un ulteriore atteggiamento di chiusura verso il confronto e la volontà di sintesi”, è scritto ancora.

Pd: "Un destino scritto fin dalla nascita dell'amministrazione"

“Nemmeno l’esperienza politica della giunta, espressione esclusiva della maggioranza nominata ad aprile , nonché l’ottimo lavoro svolto dagli assessori stessi è bastato a redimere le difficoltà di comunicazione  tra il sindaco e la maggioranza”.
Tutto ciò ha portato  al venire meno delle ragioni dello stare insieme. Come ovvia conseguenza, ci si sarebbe aspettati che il sindaco preso atto delle numerose criticità sollevategli e dell’assenza di dialogo con la propria maggioranza avesse rassegnato le dimissioni. Così non è stato. Ne prende atto allora la maggioranza, nulla avendo contro la persona del primo cittadino ma nell’interesse esclusivo della città e ben oltre le trascurabili speculazioni di qualcuno”.

Fin qui il documento. Voci che rimbalzano dalla sede del Municipio e da quelle dei movimenti dell’ormai ex coalizione di governo cittadino, raccontano di una serie di discussioni nate attorno ad alcune previsioni di spesa dopo i rilievi dei magistrati contabili, preoccupati per il ricorso frequente ad anticipazioni di cassa.

La contestazione e il presunto fautore

Mauro Vizzino e Toni Matarrelli, presentazione candidatura Riccardo Rossi-2“Guardando al bilancio preventivo, è stata messa in evidenza una situazione di pre-dissesto”, sostiene Matarrelli (nella foto al lato). Lui, onorevole non ricandidato alle ultime politiche, è ritenuto con il capo della rivoluzione tutta mesagnese. C’è persino chi è pronto sin da ora a scommettere che proprio Matarrelli sarà il prossimo candidato sindaco. “E’ fuori discussione”, dice lui. “Ma la voce non è mi affatto nuova: è stata messa in circolazione da chi non aveva e non ha alcuna intenzione di risolvere le questioni”, continua. Il riferimento è anche ai piani di zona.

“Quel che è mancata, è stata la volontà di confronto”, aggiunge subito. “Prova ne è il fatto che la maggioranza aveva chiesto un incontro nella serata di oggi, ma il sindaco ha detto no”. Di fronte a questo tipo di reazione, il gruppo si è trovato compatto, è partito il giro di telefonate per prendere appuntamento dal notaio e poco ci è voluto a strappare il sì di Mingolla che da politico navigato avrebbe aspettato sulla riva del fiume che arrivasse il momento giusto. Quello della fine. Ma il Pd adesso dovrà assumere una decisione, dopo il tira & molla interno. Cosa deciderà il segretario cittadino? E’ necessaria una presa di posizione ufficiale.

L’ex sindaco

E’ atteso nel pomeriggio il commento scritto dell’ormai ex sindaco Molfetta. Forse ci sarà una sua conferenza stampa. Al telefono risponde con educazione: “Ho bisogno di riflettere e di leggere il documento politico”, dice. “A mio avviso è una situazione sconcertante se prima di convoca una riunione e poi, di notte, si raccolgono le firme e si arriva alle dimissioni”. Nulla può Molfetta di fronte ai numeri che si sono capovolti nell’arco del tempo. Fine della storia. Parola, di nuovo, agli elettori.

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