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Inchiesta trans: anche il militare ostunese Tagliente verso il processo

ROMA - La Procura di Roma ha chiuso le indagini sui casi del presunto ricatto nei confronti dell'ex presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo, dell'omicidio del pusher Gianguarino Cafasso e di altri episodi minori. In arrivo, dunque, la richiesta di rinvio a giudizio per otto indagati: quattro carabinieri, tre pusher e la trans Josè Alexander Vidal Silva (detta Natalie). Tra loro figura anche il carabiniere ostunese Carlo Tagliente (32 anni). Al pari degli altri tre colleghi, Tagliente è accusato di aver fatto immotivatamente irruzione il 3 luglio del 2009 nell'appartamento di via Gradoli, a Roma, al cui interno si trovava l’ex governatore del Lazio in compagnia di Natalie. Incontro immortalato nelle riprese del video, che sarebbe diventato poi oggetto di ricatto e estorsione da parte dei quattro militari. Ma non è solo di questo episodio che i militari saranno chiamati a rispondere. C’è di più e c’è di peggio.

ROMA - La Procura di Roma ha chiuso le indagini sui casi del presunto ricatto nei confronti dell'ex presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo, dell'omicidio del pusher Gianguarino Cafasso e di altri episodi minori. In arrivo, dunque, la richiesta di rinvio a giudizio per otto indagati: quattro carabinieri, tre pusher e la trans Josè Alexander Vidal Silva (detta Natalie). Tra loro figura anche il carabiniere ostunese Carlo Tagliente (32 anni). Al pari degli altri tre colleghi, Tagliente è accusato di aver fatto immotivatamente irruzione il 3 luglio del 2009 nell'appartamento di via Gradoli, a Roma, al cui interno si trovava l’ex governatore del Lazio in compagnia di Natalie. Incontro immortalato nelle riprese del video, che sarebbe diventato poi oggetto di ricatto e estorsione da parte dei quattro militari. Ma non è solo di questo episodio che i militari saranno chiamati a rispondere. C’è di più e c’è di peggio.

Il procuratore aggiunto di Roma Giancarlo Capaldo e il sostituto Rodolfo Sabelli hanno depositato gli atti e notificato gli avvisi di chiusura indagini, per 26 capi di imputazione. Associazione per delinquere ma anche e sopratutto omicidio volontario aggravato (quello del pusher Gianguarino Cafasso, trovato privo di vita il 12 settembre 2009 in un albergo sulla Salaria), concussione, violazione della legge sulla droga, perquisizioni illegali, rapina e favoreggiamento. Questi i reati indicati nelle sette pagine del capo di imputazione. A margine del torbido sexgate si prospetta, dunque, la richiesta di rinvio a giudizio dei carabinieri, già in servizio nella compagnia Trionfale: Nicola Testini (37 anni, di Andria), Luciano Simeone (30 anni, di Napoli) e l’ostunese Carlo Tagliente, appunto. Per il tentativo di commercializzazione del video realizzato in occasione del blitz avvenuto nell'abitazione di Natalie, è accusato il carabiniere Antonio Tamburrino (28 anni, di Parete, in provincia di Caserta).

L’aspetto più inquietante della vicenda è legato proprio alle responsabilità addebitate dalla Procura in riferimento alla morte di Cafasso: il pusher che riforniva le trans dei quartieri romani Cassia e Trionfale. Per la sua scomparsa Testini è accusato formalmente di omicidio. Capaldo e Sabelli lo ritengono responsabile di aver ceduto a Cafasso “un quantitativo di droga - si legge nel capo di imputazione - di identità non esattamente accertato, consistente in una miscela di eroina e cocaina tale che ne risultava accentuata la potenziale lesività”, cagionando la morte dello stesso, al «fine di procurare a sé medesimo e ai suoi complici Luciano Simeone e Carlo Tagliente, l'impunità dei reati».

Per gli inquirenti il pusher dei viados del giro di via Gradoli e via Due Ponti a Roma, nonché confidente dei quattro militari (che, secondo la Cassazione, avevano teso un'imboscata all’ex governatore del Lazio), sapeva troppo ed era inaffidabile anche per il suo stato di tossicodipendente. Per questo Cafasso andava eliminato. Dietro l'omicidio, in buona sostanza, ci sarebbero i rapporti tra i tre militari ed il pusher. Cafasso, si legge nel capo di accusa, sarebbe stato utilizzato da Testini, Tagliente e Simeone per acquisire informazioni sul giro di droga e sui clienti delle trans. Non solo, i tre avrebbero “consentito e promosso l'attività di spaccio svolta da Cafasso, utilizzata al fine di porre in essere perquisizioni (anche con modalità illegali), rapine e concussioni che eseguivano personalmente”.

In questo contesto si inseriscono le accuse di rapina a Testini e Tagliente ai danni di alcuni transessuali commesse – a parere della Procura - in occasione di altrettanti blitz nelle loro abitazioni mentre erano in compagnia di clienti. In particolare, in due di queste situazioni, si sarebbero appropriati rispettivamente di 6000 euro, due cellulari ed una play station e 700 euro, un monile d'oro, un cellulare ed alcuni profumi.

Nei mesi scorsi, in sede di incidente probatorio, i difensori dei tre carabinieri – gli avvocati Valerio Spigarelli, Marina Lo Faro e Ambra Giovene – avevano da parte loro confutato la testimonianza del trans Jennifer, convivente di Cafasso, che era insieme con il pusher la notte in cui avvenne il decesso. In particolare, per gli avvocati difensori, gli accertamenti fatti attraverso le celle telefoniche avrebbero fornito un quadro circa i movimenti del pusher che non corrisponderebbero a quanto dichiarato da Jennifer. Non solo. Sempre per la Difesa, Cafasso non sarebbe morto a seguito di un’overdose. Lo proverebbe una superperizia depositata, sempre durante l’incidente probatorio, dal dottor Giovanni Arcudi, incaricato dal giudice.

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