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Lunedì, 29 Aprile 2024
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"Così ho donato le cellule staminali"

BRINDISI – “Donatore Admo, donatore di vita”. E’ proprio così, chi dona salva una vita umana. Ed oggi Simone Molfetta è stato il testimonial, l’ultimo in ordine di tempo a Brindisi e provincia, a portare la sua esperienza concreta alla conferenza stampa, indetta da Admosezione di Brindisi, che si è tenuta nel pomeriggio di oggi pressa la Provincia di Brindisi. All’evento hanno inoltre partecipato il presidente regionale dell’associazione Admo, Roberto Masciopinto, Mimmo Magnifico, delegato Admo nazionale, monsignor Rocco Talucci, Simona Sgura responsabile Admo di Brindisi, diversi soci dell’associazione altri donatori di midollo brindisini.

BRINDISI“Donatore Admo, donatore di vita”. E’ proprio così, chi dona salva una vita umana. Ed oggi Simone Molfetta è stato il testimonial, l’ultimo in ordine di tempo a Brindisi e provincia, a portare la sua esperienza concreta alla conferenza stampa, indetta da Admosezione di Brindisi, che si è tenuta nel pomeriggio di oggi pressa la Provincia di Brindisi. All’evento hanno inoltre partecipato il presidente regionale dell’associazione Admo, Roberto Masciopinto, Mimmo Magnifico, delegato Admo nazionale, monsignor Rocco Talucci, Simona Sgura responsabile Admo di Brindisi, diversi soci dell’associazione altri donatori di midollo brindisini.

“Appena compiuto 18 anni, la mia missione era quella di iscrivermi alle associazioni di volontariato Avis e Admo per poter aiutare gli altri – ha esordito così il giovane Simone Molfetta, donatore di midollo di Brindisi – ero e sono sicuro che uno dei gesti più semplici che si possono fare nella vita è quello di dare la possibilità a chi è malato di una nuova speranza di vivere”. Chiaro e deciso, sicuro e determinato, agli occhi di tutti è parso così il brindisino che il 27 settembre scorso si è sottoposto alla donazione di cellule staminali tramite aferesi, presso il Policlinico di Bari.

“La mia volontà di diventare un possibile donatore – continua il giovane -  è nata perché a soli 2 anni in casa abbiamo perso, purtroppo, mia cugina per una grave malattia e la cosa più spontanea e bella, anche in suo ricordo è quella di aiutare e dare una seconda vita a tutti quei bambini malati e a tutti coloro che sperano in un donatore per salvarsi. La prima telefonata – ricorda emozionato Simone – l’ho ricevuta a giugno scorso, durante gli esami di Stato e non ci credevo che finalmente sarebbe toccato proprio a me tentare di dare una nuova luce a chi oramai l’aveva persa”.

E’ proprio la luce, il faro nello specifico, il simbolo dell’associazione Admo. Il faro sta per unica via d’uscita, unica arma di salvezza quando si è persi in quel mare burrascoso che è la malattia. “Quando ho ricevuto la seconda telefonata da parte di un medico del policlinico di Bari – racconta ancora il 18enne brindisino – mi sono convinto che toccasse davvero a me. Ho fatto oltre 7 sedute con diversi medici prima che potessi realmente donare le cellule staminali. Check up per capire se il mio stato fisico fosse al 100% idoneo alla donazione. Ad ogni visita, i medici mi chiedevano se fossi convinto del gesto che stavo per fare e la mia risposta era sempre la stessa: Si”.

Finalmente arriva il 27 settembre 2011, Simone, accompagnato sempre da mamma e zia, è pronto. Viene attaccato ad una macchina che per 4 ore tira fuori dalle sue vene le cellule staminali che daranno una seconda vita al ricevente. Simone non viene sottoposto ad anestesia totale ne parziale, perché la donazione di cellule staminali non è un’operazione come quella della donazione di midollo osseo. Finita la donazione il 18enne è già in piedi e soprattutto sorride perché ha realizzato un piccolo sogno, quello di salvare la vita umana di un’altra persona.

“Donare, è un atto d’amore”, è questo il senso che l’associazione Admo di Brindisi cerca di insegnare a chi ancora non conosce il volontariato o sta cercando di avvicinarsi a questa realtà. “Si sa che chi dona gli organi è perché purtroppo ha perso la vita in qualche disgrazia – esordisce così monsignor Talucci durante la conferenza stampa – mentre chi è donatore Admo è consapevole, in vita, di riuscire a salvarne un’altra. Si salva una vita con la propria vita. Chi ha un cuore generoso – continua – dona il pane che ha dentro di sé. La cosa più importante è l’educazione alla donazione, questo chiamasi volontariato d’amore. L’amore non s’improvvisa; una persona sensibile è sempre attento alle piccole cose e un donatore conosce bene che un piccolo gesto come quello di donare porta a dare una nuova vita. I giovani devono essere educati alla donazione, al senso di dare nuova possibilità di guarigione a chi purtroppo è affetto da una malattia”.

Spesso è solo un filo di speranza che lega ogni paziente in attesa di trapianto di midollo osseo ad ogni donatore Admo. Uno di noi può essere l’unico a ridargli la speranza di una nuova vita. Donare è un puro atto d’amore. Admo, donatori di vita.

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