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Europei 2020: "I festeggiamenti creeranno ulteriori contagi"

Ma impossibile prevedere se tali ulteriori casi di positività saranno del tutto marginali o molto influenti sull’andamento futuro dell’epidemia

Insieme alla scelta delle più appropriate recriminazioni sul comportamento degli Inglesi in occasione della finale europea di calcio — che riporta ai tempi della perfida Albione — impazza la discussione su quanto, in termini di contagi, ci costeranno i festeggiamenti per la meritata vittoria. C’è chi fa da pompiere e dice che saranno irrisori; chi, all’opposto, parla di migliaia di nuovi contagi. In genere, la diversità delle opinioni espresse è una ricchezza; lo è meno quando si pensa di avere a che fare con esperti della stessa materia che dovrebbero avere quantomeno un metro comune di giudizio. Non fa che aggiungere sconcerto al già naturale disorientamento creato dalla pandemia: avremmo bisogno di qualche certezza, ci troviamo invece di fronte alla più radicale e vasta gamma di pareri discordanti.

La mia ignoranza sulle questioni mediche non ha neppure la più piccola lacuna; da statistico però m’accorgo che la statistica deve essere rimasta ai tempi del pollo di Trilussa, se per lo più non se ne fa neanche il più lontano uso, pur essendo la casistica d’una certa importanza nelle analisi dei fenomeni di tipo medico. Valutando la questione da un punto di vista squisitamente statistico, la domanda se i festeggiamenti creeranno ulteriori contagi ha una risposta facile facile: certo che li creeranno. Impossibile invece, salvo ad essere degli stregoni, è il saper dire se tali ulteriori casi di positività saranno del tutto marginali o molto influenti sull’andamento futuro dell’epidemia.

FESTEGGIAMENTI EUROPEI 2-2

C’è infatti un punto su cui gli esperti paiono non essersi sinora ben soffermati, vale a dire che questa epidemia non sembra svilupparsi in maniera omogenea ma per cluster. Questo vuol dire che non tutti i possibili assembramenti danno gli stessi valori attesi in termini di contagi, perché dipende anche — se non in prevalenza — dalla eventuale carica virale di chi vi partecipa, oltre che, com’è naturale che sia, dal luogo (all’aperto o al chiuso) e dai contesti. La tendenza del virus a diffondersi a grappoli, attraverso focolai specifici, avrebbe dovuto piuttosto comportare un maggiore impegno nel tracciamento e nel sequenziamento, soprattutto nei periodi, come quello attuale, in cui i casi giornalieri sono ancora limitati di numero. Il numero di tamponi molecolari fatti, in particolare nelle diagnosi, fa invece pensare che non sia sempre stato questo l’assillo principale delle autorità regionali. 

Forse avrebbe dovuto esserlo e, se del caso, dovrebbe indurre a porvi quanto prima rimedio. Per non doversene poi pentire.
Salvo, se le cose dovessero mettersi male, scaricare il tutto — refrain già ampiamente noto — sui comportamenti. Quale alibi migliore a disposizione di quello dei festeggiamenti?

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