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Lunedì, 29 Aprile 2024
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Concessioni, si torna alla casella precedente: Cassazione annulla con rinvio

Accolto il primo motivo del ricorso dei balneari, la palla torna al Consiglio di Stato: alcuni portatori d’interesse devono partecipare al giudizio sulle proroghe. Respinta, invece, la richiesta di enunciare i principi di diritto

Sulla eterna questione delle concessioni demaniali, la Corte di Cassazione, a sezioni civili riunite, ha rimesso la palla nella metà campo del Consiglio di Stato che dovrà ora pronunciarsi nuovamente nella forma dell’adunanza plenaria, ammettendo però in giudizio il Sindacato Italiano Balneari, la Regione Abruzzo, Associazione Nazionale Approdi Turistici.

I giudici della suprema corte, in pratica, hanno accolto il primo motivo del ricorso contro la sentenza emessa due anni addietro dai loro colleghi del massimo consesso della giustizia amministrativa (sull’appello promosso dal Comune di Lecce), cui hanno “rimproverato” un eccesso di potere, quello di aver estromesso dal giudizio alcune sigle che invece avrebbero avuto diritto a parteciparvi in quanto portatori di interessi coerenti con quel giudizio. Gli altri motivi, che entravano nel merito della vicenda, sono stati invece ritenuti “assorbiti” dal primo: in pratica i giudici, una volta ritenuto fondato il primo, non hanno discusso il resto del ricorso.

Non è stata accolta invece la richiesta di pronunciarsi sulle questioni di diritto nell’interesse della legge, sulle quali toccherà nuovamente al Consiglio di Stato esprimersi. Su questo aspetto, non è realistico pensare che i giudici di Palazzo Spada arriveranno a smentire sé stessi sul merito della vicenda sulla quale si sono espressi nel novembre del 2021 in modo netto: l’illegittimità delle proroghe automatiche delle concessioni demaniali e la necessità, in aderenza alle norme europee sulla concorrenza, di procedere alle assegnazioni solo dopo una gara di evidenza pubblica. 

Dal punto di vista della dottrina giuridica - cioè del dibattito tra specialisti - ci sono molti interrogativi sulle ripercussioni di questa sentenza con la giurisprudenza del Consiglio di Stato che, dopo essersi espressa in Adunanza Plenaria, ha discusso - con la Sezione Settima - le singole specifiche questioni oggetto di ricorso esprimendosi sempre nella stessa maniera, cioè favorevole al diniego delle pubbliche amministrazioni (come quella leccese) a qualsiasi richiesta di proroga automatica da parte degli stabilimenti balneari. Nessuna di quelle sentenze è stata impugnata.

Il testo della sentenza

Il pronunciamento della Corte di Cassazione, che segue l’udienza del 24 ottobre e che è stato diffuso nelle scorse ore, produce così l’effetto pratico di aumentare la confusione sul piano dell’ordinamento interno, anche considerando il fatto che tutta la questione giuridica posta inizialmente – è legittima la proroga delle concessioni, come indicava la legge finanziaria del 2018, fino al 2033? - era stata comunque di fatto superata dall’intervento legislativo prima del governo Draghi e poi del governo Meloni che, con un blitz all’interno del decreto Milleproroghe, aveva posto alla fine del 2024 il termine massimo per la vigenza delle attuali concessioni (con la possibilità di un ulteriore anno) precisando, in ogni caso, che le concessioni attuali sarebbero rimaste valide fino al rilascio delle nuove. Anche questo intervento legislativo ha sollevato forti dubbi, tanto che in sede di conversione in legge di questo decreto, peraltro, il Capo dello Stato aveva manifestato tutte le sue perplessità.

Non basta: in attesa della sentenza della Cassazione, il governo ha fatto intanto un altro passo, nel tentativo di avvalorare la tesi dei balneari, alle cui sollecitazioni è molto sensibile, per cui il litorale italiano non sarebbe una risorsa scarsa e dunque non assoggettabile alla direttiva Bolkestein che regola il principio della libera concorrenza nei paesi europei: un tavolo tecnico tra ministeri e associazioni di categoria è arrivato, dopo la mappatura delle coste, alla conclusione che è assegnato solo un terzo circa della linea di costa (non tenendo però presenti né le differenze tra regioni e regioni, né la tipologia di costa - sabbiosa, rocciosa, miste - e nemmeno il fatto, evidente, che la costa per sua natura è soggetta a continua erosione e dunque non tutta fruibile per metterci lettini e ombrelloni). L’esito di questa ricognizione, tuttavia, non è stata recepita, non è stata recepita ancora in nessun atto di governo. Ecco perché l’avvocato Bartolo Ravenna, che ha assistito nel ricorso in Cassazione il Comitato Coordinamento Concessionari Demaniali Pertinenziali Italiani, ha suggerito una strada: “Se fossi il legislatore, senza indugio recepirei il dato del tavolo tecnico e abrogherei la previsione secondo cui le concessioni continuano ad avere efficacia sino alla data del rilascio dei nuovi provvedimenti. Questo darebbe credibilità, anche agli occhi della Commissione Europea”.

In ragione dell’orientamento politico dell'esecutivo, il nodo della compatibilità della situazione italiana con le regole della concorrenza e del mercato comune resta al primo punto dell’ordine del giorno e una nuova infrazione, cioè una multa molto salata per l’Italia, non è oggi un rischio remoto. È dei giorni scorsi la lettera dell’Unione Europea che costituisce il preludio a una nuova procedura di infrazione e che spiega come le resistenze italiane a conformarsi ai principi comunitari non abbiano fondamento.
 

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