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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca

“Ti uccido”. E accoltella il fratello: processo immediato

La Procura conferma l'accusa di tentato omicidio premeditato per Marco Falco: il brindisino la sera del 12 marzo scorso aggredì con un'arma da taglio Giuseppe Falco dopo una lite durante una partita a carte. La difesa chiede l'abbreviato

BRINDISI – “Ti uccido, io ti ammazzo”: per la Procura di Brindisi Marco Falco, 35 anni, voleva uccidere il fratello Giuseppe Ezechiele Falco, dopo una lite durante una partita a carte. Per questo, tornò a casa, prese un coltello, raggiunse di nuovo il locale e lo aggredì sferrandogli diversi fendenti al torace.

FALCO Marco, classe 1981-2L’accusa di tentato omicidio aggravato a carico di Marco Falco,  nato e residente a Brindisi (nella foto accanto), è stata confermata ed è alla base della richiesta di giudizio immediato ottenuta dal pubblico ministero Pierpaolo Montinaro, in relazione a quanto avvenuto la sera del 12 marzo scorso.

La difesa, affidata alla penalista Laura Beltrami, ha presentato richiesta per il giudizio con rito abbreviato, strada processuale che consente di ottenere la riduzione della pena di un terzo, in caso di condanna. L’udienza preliminare si svolgerà davanti al gup del tribunale di Brindisi, Tea Verderosa, il quale dovrà decidere se ammettere la richiesta del difensore.

Falco venne arrestato all’alba del 13 marzo dai carabinieri del  Norm, il Nucleo operativo e radiomobile, diretti dal tenente Luca Colombari, in ospedale, dove era stato ricoverato d’urgenza il fratello rimasto vittima dell’accoltellamento. Nel frattempo ha ottenuto gli arresti domiciliari dal Tribunale del Riesame di Lecce, per effetto del ricorso discusso dal difensore Gabriella Dell'Aquila. In questa sede è caduta anche l'agravante dei futili motivi. 

Agli elementi raccolti dai militari nell’immediatezza dei fatti, sono state aggiunte le immagini riprese dalle telecamere del sistema di videosorveglianza dell’esercizio commerciale per la ricostruzione della dinamica dell’aggressione e della lite precedente, quindi i tabulati telefonici per evidenziare i contatti tra l’imputato e il fratello e i risultati della consulenza medico-legale per le ferite riportate da Giuseppe Ezechiele Falco.

Sulla base di tali “fonti di prova” il sostituto procuratore ha formulato il capo di imputazione accusando l’imputato di tentato omicidio aggravato: Marco Falco – si legge – ha compiuto “atti idonei, diretti in modo non equivoco, a cagionare la morte del proprio fratello Giuseppe Ezechiele Falco, raggiungendolo presso la sala giochi del Bar Peddy”. Qui lo ha attinto “ripetutamente al torace con un’arma da taglio provocandogli ferite profonde da punta e taglio”.  Sul referto medico, acquisito agli atti, si legge di “ferite multiple in regione toracia anteriore sinistra e in regione mesogastrica” e di “ferite in regione emitorace sinistro”.

L’imputato, inoltre, avrebbe proferito le seguenti espressioni: “Ti uccido, ti ammazzo, senza realizzare il proprio intento per cause indipendenti dalla sua volontà”. Il tutto, sempre stando  questa ricostruzione, “con premeditazione” perché si sarebbe “munito di un’arma da taglio per poi uscire di casa per ricercare il fratello”. In relazione al coltello, è stata contestata la contravvenzione.

Una radiomobile dei carabinieriQuanto al movente, vale a dire al motivo alla base dell’aggressione, Marco Falco, lo riferì nel corso dell’interrogatorio per la convalida dell’arresto di fronte al gip Giuseppe Licci, riferendo di un diverbio avuto con il fratello quella stessa sera per una partita a carte.

Stando a quanto ebbe modo di spiegare al gip, quella sera – era un sabato – la situazione degenerò perché Giuseppe Ezechiele Falco lo avrebbe anche denigrato per un handicap fisico, da qui gli spintoni all’interno del locale. Il personale del locale intervenne per dividerli e andarono via. Sembrava che fosse tutto finito.

 “Sono tornato a casa e sono uscito di nuovo per andare in farmacia perché avevo bisogno di qualcosa contro l’asma”, disse Marco Falco durante l’interrogatorio. “Facevo fatica a respirare per l’agitazione. Temevo mi stesse per venire un attacco. Passando dal bar in via Appia, ho visto l’auto di mio fratello”. Sarebbe stato questo il momento in cui avrebbe maturato il raptus di follia perché da lì a poco, avrebbe accoltellato il fratello.

 “Non mi rendevo conto di quello che avevo fatto”, avrebbe poi detto al giudice per le indagini preliminari.  “Ero in uno stato confusionale”. Quando viene a sapere che il fratello era stato portato al Pronto soccorso dell’ospedale Perrino, decide di raggiungerlo, sempre stando alla sua versione dei fatti. Resosi conto della gravità delle condizioni del fratello, torna a casa, dove si trovano la mamma e la sorella, dice loro di aver fatto qualcosa di grave, e chiede di andare in ospedale.

In reparto, davanti a un carabiniere dice: “Se lei è qui per mio fratello, sono stato io”. Confessione e arresto immediato. Adesso il processo.
 

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