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Cronaca

I ladri colpiscono imprese e parchi. Brindisi, città delle videocamere inutili

Brindisi è una città piena di videocamere inutili. I sistemi presenti non sono serviti né a mettere sotto controllo la circolazione stradale, né a consentire alle forze dell'ordine interventi in tempo reale per impedire la commissione di reati. I sistemi sono inutili perché non c'è nessuno seduto davanti ai monitor, per individuare le criticità e disporre interventi in tempo reale

Brindisi è una città piena di videocamere inutili. I sistemi presenti non sono serviti né a mettere sotto controllo la circolazione stradale, né a consentire alle forze dell’ordine interventi in tempo reale per impedire la commissione di reati. I sistemi sono inutili perché non c’è nessuno seduto davanti ai monitor, per individuare le criticità e disporre interventi in tempo reale. Grazie alle videocamere, le forze dell’ordine hanno scoperto l’autore dell’attentato alla scuola Morvillo Falcone, il tizio che ha incendiato l’auto del sindaco ed hanno inchiodato gli autori di numerose rapine e di altri episodi criminosi. Ma ciò è avvenuto “dopo”, in fase di indagini.

Abbiamo un “Grande Fratello” addormentato, e i ladri ed altre categorie di malfattori ne approfittano a piene mani. È paradossale che vengano smantellati scientificamente i cablaggi della rete di videosorveglianza appena installata al Parco di Punta del Serrone e Punta Penne. Non è un atto di vandalismo: è uno sfregio e una sfida da parte di una malavita che sarà pur piccola nella sua strategia criminosa, ma non per questo meno pericolosa, meno dannosa e meno insopportabile. E’ il classico ceppo su cui si innesta il crimine organizzato, che Brindisi ha ben conosciuto, ne è stata inquinata e socialmente compromessa. Forse anche culturalmente compromessa.

Materiale recuperato dalla polizia-2I parchi urbani sono alla mercé di chiunque, con manifestazioni di vandalismo (quello sì) che non sono limitati negli effetti alle fioriere rotte, alle porte scardinate, ai servizi devastati, alle scritte, alle irruzioni in moto, ma sono invece estesi drammaticamente alla percezione di città che i brindisini hanno, a causa delle disillusioni violente cui sono sottoposti dopo aver gioito (ed essersi inorgogliti) per le nuove aree verdi attrezzate, il nuovo lungomare, il parco sulla costa che spezza la cementificazione degli ultimi decenni.

L’amarezza e la disillusione nuocciono alla convivenza civile, all’amor proprio, al cospetto del senso civico di tanti sbeffeggiato dallo spirito distruttivo di una minoranza. Ecco il punto: quando si fanno i conti del costo dell’uomo che deve coprire i turni ai monitor dei sistemi di sorveglianza, bisogna pensare non solo ai danni materiali, ma anche e soprattutto a quelli sociali, al trauma dei bambini che si rendono conto di vivere in un contesto dove persone sconosciute possono compromettere il bene comune, a piacimento.

La logica, a quell’età, pone dopo l’atto di illegalità la conseguenza della punizione. Ma qui non solo spesso manca la punizione, ma anche la prima parte della sequenza, quella dell’azione che tende ad impedire la violenza, i reati, il teppismo. Ed ecco che capita la mattina di non poter entrare a scuola perché di notte ci sono andati “quelli”, gli sconosciuti che devastano, sporcano, rompono.

Un furto immortalato dalle telecamere del consorzio Asi (foto di repertorio)-2-2-2Qui sfioriamo aspetti psicologici che non competono a noi, che dobbiamo raccontare i fatti, magari anche imparando a leggere dietro alle cose che accadono. E’ il momento di usare una parola che sembra magica, che è tra quelle che forse possono attirare l’attenzione su Brindisi: sicurezza. Una zona industriale, il cuore economico della città assieme alle aree portuali, dove i ladri sempre più spesso fanno ciò che vogliono, è un grosso problema di sicurezza. I saccheggi nelle aziende sono un deterrente per gli investimenti, che hanno bisogno di un contesto di sicurezza ben diverso.

Se lo dice il presidente di Confindustria Brindisi, che oltre ad essere a sua volta un imprenditore riceve i messaggi, i segnali delle aziende, grandi e piccole, bisogna ascoltarlo attentamente. Non c’è alcun altro interesse dietro le manifestazioni di malessere e di allarme giunte dall’organizzazione delle imprese. Del resto, vogliamo ricordare, Brindisi fu una delle città pilota, anni fa, selezionate da un Pon Sicurezza, uno dei primi se non il primo, per sperimentare una sistema di videosorveglianza avanzato proprio nella zona industriale, con sistemi all’epoca innovativi, in grado di leggere le targhe dei veicoli anche in condizioni di illuminazione precaria, tutto collegato alle sale operative delle forze dell’ordine.

Al Viminale, dunque, qualcuno riteneva che la zona industriale di una città inserita nel contesto della cosiddetta quarta mafia fosse meritevole di particolare attenzione. Ma come è finita? Le nuove sale operative sono state realizzate, i collegamenti alla rete di videosorveglianza no. Motivi organizzativi, di personale, di interferenza con altri compiti: non abbiamo mai capito bene il perché. Sappiamo che parte di quei fondi sono stati poi dirottati sull’educazione alla legalità nelle scuole. Quindi la consolle dei sistemi che poi sono stati installati ora si trova all’Asi, il consorzio dell’area di sviluppo industriale, che fa sapere che mantenere 24 ore su 24 un operatore ai monitor è troppo costoso, e che appena si troveranno 600mila euro si farà una gara per risolvere il problema.

Polizia nella zona industrialeInsomma, progetti realizzati a metà, monitor senza operatori, occhi elettronici a volte accesi ma inutili se non “post crimine”, a volte desolatamente spenti. E imprese che perdono migliaia di euro, decine di migliaia di euro a causa delle incursioni dei ladri. Imprese che a volte non si possono permettere la vigilanza in proprio, perché la crisi è quella che è, e quindi quando devono tagliare rinunciano all’autoprotezione. Ma forse la stessa Confindustria potrebbe spiegare meglio. Se non ce la fa l’Asi a spendere 600mila euro per un progetto di monitoraggio costante dell’area, dove va a trovarli i soldi una piccola o una media impresa?

E cosa fanno i nostri parlamentari per propugnare a Roma il problema della sicurezza nella nostra zona industriale, ma anche nelle altre delle tre principali città della provincia? Aspettano che li trovi Marcello Rollo quei soldi? Ma se è andato a farsi dare 450mila euro da Iraklis Haralambidis per la progettazione della piastra logistica. E il Comune che può fare? Non conta niente al porto, non conta niente all’Asi, anche se, volendo, quell’unico posto nei consigli che conserva potrebbe diventare un punto deflagrante di critica e di proposte.

Naturalmente, il problema, stando così le cose, resta come al solito nelle mani delle forze dell’ordine. Siamo a posto come organici e mezzi, è stato detto recentemente. Noi pensiamo che non sia così, e lo pensano in molti. Ma qui tutti hanno una spiegazione, una risposta: poliziotti e carabinieri ci sono, dicono da Roma; il monitoraggio del sistema di videosorveglianza ci sarà quando ci saranno i soldi, ma le telecamere funzionano. Abbiamo capito. La colpa è dei ladri, che sono aumentati senza avvertire nessuno.

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