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Cronaca

Il tasso di massimo scoperto non era usura: prosciolti 5 dirigenti bancari

FASANO – La Banca Popolare Pugliese, agenzia di Fasano, non aveva praticato tassi usurari nei confronti di un imprenditore locale nell’applicare il tasso di massimo scoperto. Lo ha stabilito il giudice per le indagini preliminari Valerio Fracassi che ha respinto la richiesta di rinvio a giudizio per usura avanzata dal pubblico ministero Adele Ferraro e accogliendo la tesi difensiva degli avvocati Massimo Manfreda e Ascanio Amenduni.

FASANO – La Banca Popolare Pugliese, agenzia di Fasano, non aveva praticato tassi usurari nei confronti di un imprenditore locale nell’applicare il tasso di massimo scoperto. Lo ha stabilito il giudice per l'udeinza preliminare Valerio Fracassi che ha respinto la richiesta di rinvio a giudizio per usura avanzata dal pubblico ministero Adele Ferraro e accogliendo la tesi difensiva degli avvocati Massimo Manfreda e Ascanio Amenduni.

A rispondere di usura erano stati chiamati Raffaele Caroli Casavola, 88 anni, leccese, legale rappresentante della Banca Popolare Pugliese dall’1 luglio 1994 all’8 maggio 2008; Carmelo Caforio, 74 anni, di San Pietro Vernotico, rappresentante legale della Banca Popolare Pugliese dall’8 maggio 2008 a tutt’oggi; Giuseppe Lenti, 54 anni, di Grottaglie, direttore della filiale fasanese della banca dall’1 gennaio 1999 al 30 giugno del 2000; Giuseppe Martucci, 60 anni, di Martina Franca, direttore della filiale di Fasano dall’1 agosto del 2000 al 31 dicembre del 2007, e Mario De Biase, barese, direttore della filiale fasanese dall’1 gennaio 2008 al 3 febbraio 2008.

L’accusa, come si è detto, era in relazione al conteggio del tasso di interesse di commissione di massimo scoperto (Cms), una voce importante per quanto riguarda i contratti bancari, e che è il prezzo chiesto dalle banche ai correntisti per mettere loro a disposizione le somme che vengono date in affidamento. Clausola legittima, come ha stabilito anche il giudice Fracassi rigettando la richiesta di rinvio a giudizio.

I fatti contestati risalgono al periodo tra l’aprile del 1999 e il 30 novembre del 2008. Oronzo Grassi, titolare della ditta « Ferr. All. G.» di Fasano, aveva denunciato ciò che considerava essere un vero e proprio tasso usurario praticato dalla Banca Popolare Pugliese. Il pubblico ministero Adele Ferraro chiese il rinvio a giudizio perché la banca aveva preteso da questa azienda che versava in condizioni economiche o finanziarie precarie, il corrispettivo di una prestazione di denaro, interessi usurari superiori al tasso di soglia, calcolando nel Teg la commissione di massimo scoperto, gli oneri addebitabili relativi al conto corrente “Imprese quality”» del quale era titolare l’imprenditore fasanese.

Si trattava di stabilire se la commissione di massimo scoperto dovesse sommarsi oppure no con le altre voci per stabilire la congruità dei tassi di interesse. Non essendo chiaro sul punto l’art. 644 del codice penale, la Cassazione e i vari giudici avevano escluso che la commissione di massimo scoperto contribuisse a comporre il tasso effettivo globale medio (Taegm). “Nella situazione di obiettiva incertezza intervenne il legislatore con il Decreto anticrisi del 29 novembre 2008 n. 185, con cui si stabilì che da quel momento in poi la commissione massimo scoperto diventava rilevante; nello stesso senso si è uniformata Banca d’Italia e, conseguentemente, gli istituti di credito».

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