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Cronaca

“Non siamo stati noi a sparare: a quell’ora eravamo a casa”

Respingono l’accusa di tentato omicidio padre e figlio, in carcere per la gambizzazione al rione Paradiso. Antonio e Giovanni Mastrolia incastrati dalle intercettazioni nella stanza dell’ospedale in cui venne ricoverato il ferito. La pistola non è ancora stata trovata. La difesa al Riesame

BRINDISI – “Signor giudice, guardi che io e mio figlio non c’entriamo niente con la sparatoria al Paradiso: non siamo stati noi a gambizzare quel ragazzo, a quell’ora eravamo a casa. Vero è che la mattina, fuori dall’aula dell’udienza c’era stata una lite tra le due famiglie che già da tempo non andavano d’accordo”. Antonio Mastrolia, 56 anni, dipendente della Multiservizi, e suo figlio Giovanni, 31, hanno deciso di affrontare l’interrogatorio di garanzia per respingere le accuse davanti al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Brindisi, Maurizio Saso, che ha confermato per entrambi la custofdia cautelare in carcere.

I due erano stati arrestati dopo rapide indagini della Squadra mobile che hanno consetito al pm di chiedere per entrambi l'emissione di provvedimenti restrittivi. e denunciati per i reati di tentato omicidio e di porto e detenzione abusiva di arma, in relazione a quanto avvenuto nel pomeriggio del 12 gennaio scorso. Attorno alle 17,30, in via Carducci, due uomini hanno esploso colpi di pistola ferendo alle gambe Giovanni Del Monte, 36, anni, nipote di Mastrolia senior, residente poco distante dal punto in cui è avvenuta la sparatoria.

A impugnare l’arma, secondo l’accusa, sarebbe stato Giovanni Mastrolia, dopo essersi appostato sotto casa di Del Monte, accompagnato dal padre: il colpo lo ha raggiunto alla coscia sinistra, lui ha cercato riparo sotto i portici della vicina via Egnazia, mentre sarebbe partito un altro colpo che, stando alla ricostruzione degli investigatori, si sarebbe inceppato.  E’ stato il padre a portarlo in ospedale ed è qui che hanno provato a interrogarlo poliziotti e carabinieri, ma dal ferito così come dal genitore, nessuna parola.

La spiegazione alla sparatoria, ritenuta dal pubblico ministero Giuseppe De Nozza, movente alla base del tentato omicidio è comunque arrivata a stretto giro, perché sono state disposte in via d’urgenza le intercettazioni ambientali per ascoltare le conversazioni tra Del Monte e i parenti. E infatti l’ascolto ha permesso di realizzare il collegamento tra la gambizzazione avvenuta nel pomeriggio con la lite in Tribunale fra alcuni componenti delle due famiglie.

MASTROLIA Antonio-2MASTROLIA Giovanni-2Quella mattina c’era stata l’udienza preliminare in cui un congiunto di Giovanni Del Monte era imputato con l’accusa di molestie sessuali. parte lesa, la famiglia Mastrolia. Mentre era in corso l’esame, all’esterno dell’aula del gup si sono incontrati alcuni componenti dei due nuclei che hanno iniziato a parlare a voce alta. La litigata è degenerata al punto che una persona ha tirato per capelli una donna della famiglia considerata rivale. Sono interventi i carabinieri e i vigilantes presenti a Palazzo di giustizia per identificare i presenti e allontanarli.

Già in quella occasione, stando alle annotazioni dei militari, qualcuno avrebbe minacciato la famiglia Del Monte gridando “gliela faremo pagare”. Nel pomeriggio, sempre secondo l’accusa, nei pressi della "Corazzata" del Paradiso, Mastrolia, padre e figlio, avrebbero invitato quello che consideravano come un nemico a battersi fisicamente, a regolare i conti con le mani. Nel giro di poco, la sparatoria.

In serata, in ospedale, commettando l’accaduto alcuni parenti di Del Monte hanno fatto riferimento a “zio Antonio” e a “Fischellovo”, soprannome di Antonio Mastrolia. Per l’accusa entrambi volevano uccidere. La difesa, affidata all’avvocato Angela De Cristofaro, dopo l’esito dell’interrogatorio di garanzia nel quale i due indagati si sono professati innocenti, ricorrerà al Riesame.

Quanto all’arma, non è ancora stata trovata. Gli agenti della Scientifica, quella stessa sera, hanno trovato una cartuccia inesplosa con diametro di fondello 8 millimetri, 25 auto, e un bossolo, all’interno di un tombino della fognatura. Del tutto compatibili con le caratteristiche del proiettile estratto dalla coscia di Giovanni Del Monte. La pistola era dunque una semiautomatica e non un revolver.

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