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Cronaca

La doppia vita dei fratelli rapinatori

BRINDISI - Uno dopo l'altro, hanno confessato tutti i colpi messi a segno. I fratelli Ugolini, uno con velleità da showman e l'altro invece esperto di distributori automatici di snack e bevande, hanno parlato a lungo. Hanno ammesso gli addebiti e sono quindi rimasti in carcere, il gip ha convalidato l'arresto.

BRINDISI - Uno dopo l'altro, hanno confessato tutti i colpi messi a segno. I fratelli Ugolini, uno con velleità da showman e l'altro invece esperto di distributori automatici di snack e bevande, hanno parlato a lungo. Hanno ammesso gli addebiti e sono quindi rimasti in carcere, poiché il gip ha convalidato l'arresto, accogliendo le richieste del pm Antonio Costantini, confermato la misura cautelare disposta in flatgranza di reato. Ugo e Gianfranco, a bordo della Golf di papà, l'auto sulla cui leva del cambio avevano arrotolato un perizoma femminile rosso come portafortuna, non andavano in giro a terrorizzare dipendenti e clienti degli uffici postali, prevalentemente, perché vittime della crisi, senza il becco di un quattrino.

Entrambi hanno un lavoro, cosa neppure tanto scontata di questi tempi. Ugo è un ausiliario in servizio alla Asl, Gianfranco è dipendente di una ditta che si occupa delle macchinette per le bevande e le merendine in provincia. Da addetto, quindi, frequentava uffici importanti: la questura, per fare un esempio. A incastrarli è stata la serialità e la ritualità dei preparativi oltre che dei comportamenti. A porre inizialmente in qualche difficoltà i poliziotti della squadra mobile che hanno condotto le indagini, diretti dal vicequestore Alberto Somma con l'apporto determinante dell'ispettore capo Giancarlo Di Nunno, responsabile della Sezione antirapina, è stata l'abitudine della coppia, una volta letteralmente svestiti i panni da rapinatori, di andare a lavorare normalmente. Ognuno dei due secondo la propria mansione.

Alla fine sono caduti in trappola. Ed è normale che andasse a finire così. Gli Ugolini avevano lanciato il guanto di sfida, gli uomini della Mobile ne sanno una più del diavolo. Da settimane erano a lavoro per smascherare i due frequentatori ossessivi di uffici postali, quei tipi (uno molto alto) che calzavano sempre guanti blu in lattice da auliario ospedaliero e che armati di taglierino avevano spesso seminato il panico tra le gente, in ora di punta. Sapevano gli investigatori che sarebbero tornati a colpire. Avevano assodato, dopo l'assalto all'agenzia di San Vito dei Normanni che probabilmente avrebbero scelto un altro comune della provincia.

I poliziotti, tuttavia, non avevano lasciato privi di controllo tutti gli altri quartieri del capoluogo in cui ci sono sedi distaccate delle Poste italiane, in particolare il Bozzano, punto segnato con una ics sulla cartina, il più a rischio. C'era un maxi servizio di controllo, martedì mattina. E non era un caso. Le indagini andavano avanti da settimane, i piani sono andati esattamente come gli uomini della Mobile, con il supporto dei colleghi del commissariato di Mesagne, avevano previsto. Ore 9 gli Ugolini entrano in scena a Latiano, per andare ad aggiungere un'altra stelletta al merito nella propria bacheca personale di colpi andati a segno. Fuori dall'ufficio di Latiano c'era la polizia.

A quel punto Gianfranco ha confessato per primo le cinque rapine alle Poste e anche l'assalto al Famila. Gli investigatori ritengono che vi sia ancora qualcos'altro da scoprire, sulla traccia del lattice blu che appare anche in altre circostanze. La premiata ditta Ugolini, difesa dall'avvocato Ferruccio Palazzo, ha da restare dietro le sbarre, per il momento. I fratelli, 35 e 28 anni, hanno vuotato il sacco: non avevano alternativa, del resto. Perché non soltanto sono stati catturati, ma gli indizi raccolti a loro carico dalla polizia non lasciano loro scampo.

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