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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca

Omicidio contrabbandiere: dopo la condanna definitiva, Antonacci va in carcere

Accompagnato dalla figlia e dal suo avvocato, Carmelo Molfetta, il vicequestore in congedo Pietro Antonacci, 66 anni, ha varcato nel tardo pomeriggio di oggi (2 marzo) la soglia del carcere militare di Santa Maria Capua Vetere (Caserta), dove dovrà scontare una condanna a 15 anni e sei mesi di reclusione per l'omicidio volontario del contrabbandiere brindisino Vito Ferrarese

MESAGNE – Accompagnato dalla figlia e dal suo avvocato, Carmelo Molfetta, il vicequestore in congedo Pietro Antonacci, 66 anni, ha varcato nel tardo pomeriggio di oggi (2 marzo) la soglia del carcere militare di Santa Maria Capua Vetere (Caserta), dove dovrà scontare una condanna a 15 anni e sei mesi di reclusione per l’omicidio volontario del contrabbandiere brindisino Vito Ferrarese. Antonacci non ha voluto attendere l’emissione dell’ordine di esecuzione della pena, divenuta definitiva lo scorso 27 febbraio con una sentenza della Corte di Cassazione che ha confermato la condanna stabilita il 23 gennaio 2013 dal collegio di secondo grado di Taranto.  

“Abbiamo valutato – dichiara a BrindisiReport l’avvocato Molfetta – che era inutile aspettare”. Molfetta rimarca come il suo assistito “abbia dato ancora una volta prova di alta dignità e senso delle istituzioni”. “Mi ha chiesto di accompagnarlo – prosegue il legale – e nessuno meglio di me poteva farlo. Piero Antonacci è una persona molto severa, anche con se stesso. Si impone di essere equilibrato. Sta affrontando con dignità questo momento della Pietro Antonaccisua vita”. 

L’avvocato da oggi si dovrà occupare dell’esecuzione della pena. “Siamo ancora – afferma Mofetta – nella fase iniziale. Dobbiamo prima pensare a come sta lui e vediamo di stargli vicino. Ha una famiglia meravigliosa che lo supporta”. 

La scorsa settimana, dunque, si era chiuso definitivamente il lungo iter giudiziario iniziato la notte fra il 14 e il 15 giugno del 1995, quando il contrabbandiere Vito Ferrarese, a bordo di un motoscafo, venne raggiunto da una pioggia di colpi di arma da fuoco partiti da un elicottero del nucleo di volo di Bari della polizia di Stato, al largo del porto di Brindisi. A bordo del velivolo, oltre ad Antonacci, si trova anche Franco Forleo, all’epoca questore di Brindisi. I proiettili vennero esplosi da pistole semiautomatiche e da una mitraglietta Pm 12. (Nella foto a destra, Pietro Antonacci). 

L’inchiesta venne avviata nel 1998. In un primo momento, ad Antonacci e Forleo, non più processabile perché gravemente malato, venne contestata una condotta colposa. Antonacci, insignito della medaglia d'oro al valore civile per la lotta alla malavita organizzata, collaborò alla ricostruzione dei fatti. Ma questo non è servito a evitare la condanna definitiva per omicidio volontario. Non sono serviti neanche i quindici motivi di impugnazione proposti dai difensori, le stesse conclusioni del procuratore generale, che aveva chiesto un nuovo rinvio alla Corte d’Assise di Appello di Taranto in diversa composizione, per valutare il caso alla luce delle norme sull’uso legittimo delle armi, e quelle dell’Avvocatura dello Stato.

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