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Cronaca

Penalisti in sciopero per il giusto processo

BRINDISI - C’è stata grande adesione anche a Brindisi all’astensione dei penalisti programmata per il 13, 14 e 15 gennaio. I problemi sollevati a livello generale e nazionale riguardano anche il palazzo di giustizia di via Lanzellotti.

BRINDISI - C’è stata grande adesione anche a Brindisi all’astensione dei penalisti programmata per il 13, 14 e 15 gennaio. I problemi sollevati a livello generale e nazionale dalla Giunta dell’Unione delle Camere penali italiane, rappresentata anche da un brindisino, l’avvocato Fabio Di Bello, riguardano anche il palazzo di giustizia di via Lanzellotti.

Si parla infatti di spazi negati ai rappresentati dell’avvocatura per attività professionali o sociali, ed è accaduto anche a Brindisi che il Tribunale non abbia consentito l’utilizzo dell’atrio interno del palazzo per la raccolta firme per il referendum sulla riforma della giustizia. Di intercettazioni “abusive” tra difensore e cliente finite nelle ordinanze di custodia cautelare, episodi denunciati anche dalla camera penale indigena. E di molto altro.

Domattina si ritorna in aula, normalmente, per le udienze in programma. Da lunedì a oggi, invece, sono stati celebrati unicamente i processi con detenuti. Sospesi i termini di prescrizione dei reati per tutti gli altri che invece non sono andati in scena.

A quanto spiega l’avvocato Di Bello, sempre molto impegnato sui temi che riguardano la giustizia, l’astensione è stata decisa: “Per difendere il sistema processuale, il diritto di difesa, il ruolo degli avvocati e portare a conoscenza anche al di fuori delle aule di giustizia la crescente insofferenza verso l'attività defensionale che negli ultimi anni si è manifestata attraverso una prassi degenerativa e mortificante del processo, finendo con il rappresentare una vera e propria aggressione alla funzione difensiva”.

Esempi ce ne sono in abbondanza: “La prassi di ammonire, in taluni casi persino mettendolo a verbale, che la concessione delle attenuanti generiche venga subordinata al consenso all'acquisizione degli atti di indagine preliminare, o a quella della violazione del principio di oralità del processo sollecitando gli avvocati a riportarsi ai motivi scritti, pena la trattazione del procedimento in coda all'udienza, o a quella di dichiarare pubblicamente l'inutilità della discussione orale o, peggio ancora, di preconfezionare le decisioni ancor prima dell'inizio delle udienze, o a quella di vedere processi decisi da giudici che non hanno mai avuto il bene di guardare in faccia negli occhi il testimone nel momento in cui stava deponendo”.

Sono stati segnalati casi in cui sono stati “sequestrati memoriali di difesa all'espresso fine di ‘acquisire la prova documentale della mendace versione difensiva’; casi in cui avere il recapito telefonico di un legale è stato ritenuto indizio di preordinazione di reati; casi in cui la ‘richiesta reiterata (da parte di un difensore) di accesso al carcere di una molteplicità di sanitari’ è stata giudicata ‘in sé sospetta’”.

Non si tratta però di una protesta contro la magistratura, contro nessuno in particolare. “Bisogna ristabilire le regole del giusto processo – ha concluso Di Bello – nella consapevolezza che noi avvocati, come ha ricordato ieri a Napoli il presidente Valerio Spigarelli, dobbiamo essere pronti nelle aule di giustizia a difendere con coraggio le regole, le norme, la deontologia e la dignità degli avvocati. Non possiamo lamentarci delle aggressioni alla dignità della nostra funzione se non abbiamo il coraggio e la forza di difenderla nelle aule di giustizia”.

 

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