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Cronaca

Brindisi persino capitale: folto pubblico per il libro di Caputo

Un vero successo la presentazione del libro del professor Antonio Mario Caputo “1943 Brindisi… persino capitale. Storia ignorata di una Città fiera, operosa, ospitale” (Hobos Edizioni, 119 pp. - euro 12,00). Un numerosissimo pubblico ha, infatti, partecipato all’evento culturale patrocinato dal Comune di Brindisi e svoltosi martedì sera nella Sala Università di Palazzo Nervegna

BRINDISI - Un vero successo la presentazione del libro del professor Antonio Mario Caputo “1943 Brindisi… persino capitale. Storia ignorata di una Città fiera, operosa, ospitale” (Hobos Edizioni, 119 pp. - euro 12,00). Un numerosissimo pubblico ha, infatti, partecipato all’evento culturale patrocinato dal Comune di Brindisi e svoltosi martedì sera nella Sala Università di Palazzo Nervegna. A presentare l’ultima fatica documentale dello storico brindisino sono stati il vicepresidente regionale della Società di Storia Patria per la Puglia, Giacomo Carito, e il docente di Storia Contemporanea dell’Università degli Studi di Bari, Gianfranco Liberati.

Tra le persone che il professor Caputo ha ringraziato in apertura di serata, il fondatore della casa editrice brindisina, Hobos Edizioni, Vittorio Bruno Stamerra. “Devo a Vittorio un ringraziamento particolare”, afferma Caputo, “perché in un momento della mia vita difficile, in cui sembrava quasi che volessi mollare quello che stavo facendo, lui mi incentivava dandomi degli spunti di ricerca che io poi puntualmente gli portavo. Quindi a Vittorio io voglio dedicare questa serata e voglio dire questo grazie particolare per avermi supportato in ogni modo”.

Da sinistra, Giacomo Carito, Gianfranco Liberati e Antonio Caputo-2Nel suo intervento introduttivo, Caputo spiega le motivazioni della sua ricerca: “Avevo realizzato da tempo il progetto di offrire ai miei concittadini una pagina di storia, dai più ignorata, del periodo in cui Brindisi, diventata sede del Governo, fu, a tutti gli effetti, Capitale d’Italia. Sono ben conosciute le realizzazioni e le relazioni intercorse tra Brindisi e la Grecia antica, tra Brindisi e Roma Imperiale, tra Brindisi e i Normanni, tra Brindisi e gli Svevi, tra Brindisi e gli Angioini”.

“E così anche tra Brindisi e gli austriaci, i veneziani, i francesi, gli spagnoli, gli inglesi”, prosegue Caputo.“Di tutte queste dominazioni nel nostro dialetto troviamo sempre dei riferimenti. Ma se qualcuno parla, per esempio, di Brindisi capitale per alcuni mesi, dal 1943 al 1944, ecco affiorare i dubbi più svariati. La sorpresa mista ad incredulità disegnata sulla faccia dell’interlocutore, insieme alle risposte più inverosimili”.

L’autore ricorda quindi l’occasione che l’ha portato a scrivere il suo ultimo libro: ossia il settantesimo anniversario di Brindisi capitale, quando l’amministrazione comunale insieme ad alcuni club service del territorio, il Rotary Club Brindisi e il Lions Club, e insieme ad alcuni studiosi, volle celebrare l’evento. “Ora non potevo più tirarmi indietro”, dichiara Caputo. Gli scritti d’epoca consultati per la sua ricerca, libri, lettere manoscritte e articoli di giornale, hanno sorpreso il professore per quanto andava acquisendo.

La copertina del libro di Caputo-2“Ho anche ascoltato chi ora anziano o chi erede di questi anziani, in quel periodo è stato testimone dell’evento e nella sua memoria aveva racchiuso qualche episodio che doveva soltanto essere sollecitato per poter saltar fuori”. “Pian piano ne è uscito un quadro sorprendente”, evidenzia ancora Caputo, “perché non stavo scoprendo una semplice e circoscritta storia locale, ma una pagina di storia nazionale e, se mi consentite, anche di storia internazionale”.

Quindi il professore parla della metodologia usata: “Nel far ciò, ho preferito scrivere un canovaccio di tutti gli avvenimenti di quei centocinquanta giorni, però che non fossero in stretto ordine cronologico, ma ho proceduto per corposi flash, nell’intento di mescolare, intervallandoli, il racconto di episodi di estrema tragicità, è una pagina brutta della storia italiana, a episodi di vita comune, perché anche la tragedia, a volte, ha i suoi risvolti ilari di cui si conservano memorie e documenti”. Caputo conclude quindi il suo intervento affermando: “Lo si voglia credere o no, l’Italia libera, autonoma, indipendente, è partita da Brindisi. Le radici dell’Italia repubblicana sono state gelosamente coltivate in questo lembo di Terra di Puglia”.

Il professor Gianfranco Liberati ha ricordato invece nella sua lectio magistralis i personaggi più importanti che giunsero a Brindisi in quel periodo: dal diplomatico Roberto Ducci ad Aimone di Savoia-Aosta, duca di Spoleto, al generale Maxwell Davenport Taylor. Il professor Giacomo Carito ha invece parlato delle categorie ricorrenti nella vicenda. Prima fra tutte quella della fuga. “Il re fugge”, afferma Carito, “Non so se il re partendo da Roma avesse l’idea di arrivare a Brindisi, questo non lo sa nessuno. È probabile che già ce l’avesse, però non possiamo esserne certi. Di fatto lui sapeva bene che Brindisi era un luogo di fuga, e lo sapeva perché ventisette anni prima aveva accolto, sulle banchine del porto di Brindisi, il suocero, a sua volta fuggiasco dal Montenegro”.

Caputo mentre firma le copie del suo libro-2Carito si sofferma quindi su alcune opere letterarie nelle quali si parla di fuga a Brindisi, da “Addio alle armi” di Hemingway a “I sotterranei del Vaticano” di Andrè Gide alle “Memorie di Adriano” di Marguerite Yourcenar e nelle pagine che Hermann Broch dedica agli ultimi momenti della vita di Virgilio in Brindisi. “Quindi Brindisi come terra di limite”, evidenzia Carito. L’attesa è l’altra categoria ricorrente nella vicenda, per il noto storico. “È una corte di fuggiaschi”, spiega il professore, “il cui destino non è nelle loro mani ma nelle mani di chi la guerra l’ha vinta.”

E prosegue sottolineando: “È chiaro che si trattava di esponenti di una nazione che era stata sconfitta. E in quel momento, gli alleati da un lato e i tedeschi dall’altro eliminavano ciò che restava delle forze armate italiane. È significativo, ad esempio, che malgrado il governo di Brindisi sapesse della resistenza delle truppe italiane a Cefalonia, non un marinaio partì da Brindisi in soccorso di quei nostri soldati.” Il vicepresidente regionale della Società di Storia Patria per la Puglia si sofferma poi sull’assenza dello Stato. “Per due giorni in Italia nessuno sa che fine abbia fatto il re, che fine abbia fatto il Governo, dove sia andata a finire la corte.” “Questa assenza è qualcosa che peserà a lungo nella mente e nel cuore degli italiani”.

Lo storico brindisino pone l’attenzione su quello che il re trovò una volta giunto in città: “Trova una città distrutta”, spiega, “Più del cinquanta per cento del patrimonio edilizio cittadino era finito sotto le bombe degli alleati. In particolare era stato durissimo il bombardamento del novembre del ’41. E sotto quelle bombe era praticamente cessata l’esistenza del maggiore cantore della Brindisi romana, quella Brindisi che doveva rinnovare i fasti della Brindisi di età romana e come quella, da essa doveva ripartire la conquista dell’Oriente. Quell’uomo era Pasquale Camassa”.

L'arrivo di Vittorio Emanuele III a BrindisiDi seguito Carito ricorda che quando il re giunse a Brindisi buona parte della popolazione non era in città in quanto sfollata nei paesi vicini. In città erano rimasti solo i funzionari governativi necessari per fare andare avanti l’amministrazione della città e in particolare quella militare. “Brindisi in quel momento è una capitale che rappresenta veramente un’Italia semidistrutta”, prosegue il professore, “in cui il re non ha abiti, deve rivolgersi agli artigiani locali per farsi cucire i vestiti, farsi fare le scarpe, tutto quello che serve per andare avanti giorno dopo giorno”.

Il professore conclude quindi ricordando come Brindisi in quei giorni del 1943 “pur sinistrata, pur con un patrimonio edilizio in sostanza andato in fumo, comunque cominci ad assumere quel ruolo che avrà negli anni successivi, cioè di crocevia di tutti coloro che la guerra aveva privato di un’abitazione, perché, a partire dal 1945-46, affluiranno qua, in fuga, giuliani, fiumani, dalmati, gli ebrei che venivano dall’Europa orientale e dall’Africa settentrionale”.

Sul libro di Antonio Caputo, il vicepresidente della Società di Storia Patria per la Puglia afferma: “Questo libro di Antonio ci riporta alla materialità di questa vicenda, cioè alla quotidianità. Ci sono i grandi temi ma poi ci sono le piccole difficoltà della vita quotidiana. E quindi si può anche da questo volume ritracciare una storia un po’ dell’artigianato ma anche del commercio brindisino, della vivacità economica di una città che, pur prostrata da quello che era accaduto durante la guerra, tuttavia seppe offrire per quei mesi, un’immagine di sé che fu all’altezza della situazione”.

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