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Cronaca San Pietro Vernotico

“Non volevo diffamare nessuno su Facebook: chiedo scusa”

Dichiarazioni spontanee di Marco Caretto, imputato. Parti offese l’ex sindaco di San Pietro e il capo ufficio legale

SAN PIETRO VERNOTICO – “Chiedo scusa a tutti: non volevo diffamare nessuno su Facebook, commentando un post. Non era mia intenzione, né ledere la reputazione del sindaco, né quella del capo ufficio legale del Comune, tanto è vero che nell’immediatezza dei fatti andai a parlare personalmente con l’avvocato Guido Massari per porgergli le mie scuse”.

Le dichiarazioni di uno degli imputati

Pasquale RizzoPer quei commenti sotto forma di post (e non like) postati sul social network, Marco Caretto, 32 anni, di San Pietro Vernotico, è imputato assieme ad altri sei concittadini con l’accusa di diffamazione in concorso, per “aver offeso l’onore, il decoro e la reputazione di Pasquale Rizzo (nella foto accanto)”, ex primo cittadino di San Pietro Vernotico, e di Guido Massari, avvocati, dirigente responsabile del settore Affari legali del Municipio. In alcuni post, qualcuno quattro anni fa, augurava persino una bomba al Municipio o un kamikaze.

Sono stati rinviati al giudizio del Tribunale: Giuseppe Monteduro, 37 anni; Daniele Guglielmo, 38; Daniele Ancora, 52y; Andrea Gargano, 47; Matteo Missere, 32; Francesco Ragusa, 43. Tutti residente a San Pietro Vernotico.

Caretto, difeso dall’avvocato Vincenzo Catamo del foro di Brindisi, oggi ha reso dichiarazioni spontanee nel corso dell’udienza dibattimentale davanti al Tribunale di fronte al quale sono stati rinviati a giudizio, dopo la denuncia sporta dall’ormai ex sindaco e dal dirigente comunale (quest’ultimo rappresentato in giudizio dall’avvocato Fabio Di Bello, sempre del foro di Brindisi).

Dichiarazioni spontanee sono state rese anche da Daniele Ancora, assistito dall’avvocato Orazio Vesco. L’imputato ha voluto consegnare al Tribunale la ricostruzione dei suoi rapporti con Massari: “Eravamo amici, fui anche invitato al matrimonio, poi però i contatti si sono diradati anche per motivazioni riconducibili alla sfera politico-amministrativa”.

I post contestati dalla Procura

La condotta contestata nel capo di imputazione si riferisce ad “alcuni commenti scritti e postati sulla bacheca pubblica di Facebook, facendo riferimento in generale alla gestione della struttura amministrativa del Comune di San Pietro Vernotico, di cui Rizzo è sindaco e in particolare alla conduzione dell’ufficio legale, di cui Massari è responsabile”. I post furono pubblicati il 2 e il 14 ottobre 2014.

Gli imputati, sempre secondo l’accusa, “davano vita a un dialogo nel corso del quale Massari era accusato di un costante assenteismo, di una gestione delle cause per il risarcimento dei danni intentate nei confronti del Comune, inquinata da un enorme conflitto di interessi perché finalizzata a un’autoliquidazione dei compensi alle sulle cause non vinte, ipotizzando anche la percezione da parte di Massari di indennità discutibili”.

Secondo il pubblico ministero, “Massari veniva accusato nei post di opporsi sistematicamente a transigere le controversie con i cittadini perché altrimenti ci sono meno parcelle per il legale, ma con l’effetto perverso di generare una triplicazione dei costi come capolavori dell’Amministrazione”.

La bomba e il kamikaze

Il tutto – è scritto nel capo di imputazione – “in un generale contesto diffamatorio, di dileggio e di minaccia condivido da  tutti i partecipanti ala chat, avente come destinatario non solo Massari, al cui indirizzo erano rivolte anche accuse di negligenza e ignoranza in materia, ma anche Rizzo, nella sua qualità di sindaco incapace di organizzare la struttura dell’Ente da lui diretto, di porre freno all’aumento delle spese ingiustificate”. Nei post, richiamati nell’impostazione accusatoria, si diceva che “questa Amministrazione è un fallimento totale con un aumento di tasse smisurate per San Pietro Vernotico, arrivando persino ad auspicare ‘cu vu licenzianu, anzi no, speriamo na bomba era buenu lu signore, nu kamikaze. Il processo riprenderà alla fine dell’estate.

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