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Prostituzione nel centro massaggi: condannato anche il prof di Algebra

Sentenza in abbreviato per Wenchang Chu, detto Vincenzo: tre anni e quattro mesi per il docente dell'Unisalento ritenuto a capo di un sodalizio. Stessa pena per tre donne cinesi. Tutti arrestati il 16 settembre 2015 dalla Mobile: le indagini sui centri Peonia Rossa in via Grazia Balsamo, a Brindisi, e Ninfea Orientale a Lecce e Gallipoli

BRINDISI – E’ stato condannato a tre anni e quattro mesi il docente dell’Unisalento, Wenchang Chu, 58 anni, detto Vincenzo, che il 15 settembre 2015 venne arrestato dalla Mobile di Brindisi con l’accusa di essere a capo di un’associazione per delinquere finalizzata all’induzione e allo sfruttamento della prostituzione di giovani donne di nazionalità cinese in alcuni centri massaggi di Brindisi, Lecce e Gallipoli.

Le persone arrestate nell'Operazione Peonia Rossa-2

Stessa pena è stata inflitta nei confronti di Lijuan Yu, chiamata Sofia, e Changyu Zhu alias Giada. Tutti e tre gli imputati sono stati giudicati con rito abbreviato: la sentenza è stata pronunciata dal gup del Tribunale di Brindisi, Paola Liaci, di fronte al quale è stato incardinato il processo scaturito dalle indagini dei poliziotti sui centri per messaggi Peonia Rossa in via Grazia Balsamo, a Brindisi, e Ninfea Orientale a Lecce e Gallipoli.

Il gup ha riconosciuto la continuazione e ha concesso a tutti le circostanze attenuanti generiche, prevalenti sulle contestate aggravanti. Alla pena detentiva è stata aggiunta la condanna a quattromila euro, più le spese processuali. Le motivazioni saranno depositate fra novanta giorni. Per il docente, difeso dall’avvocato Fabio Di Bello, il pubblico ministero Francesco Carluccio, aveva chiesto la condanna a quattro anno e dieci mesi di reclusione.

Definito, sempre questa mattina, il patteggiamento per Liping Wang, 46 anni, detta Franca, difesa dall’avvocato Giovanna Corrado, condannata alla pena di tre anni e quattro mesi. Tutti gli imputati sono tornati in libertà nei mesi scorsi.

L’inchiesta della Mobile partì da un volantino del centro Peonia Rossa, a cui seguirono annunci affidati alle bacheche on line e alla sezione annunci di alcuni quotidiani cartacei del Salento, contenenti inviti rivolti al solo sesso forte per massaggi alla schiena, alle braccia, alle gambe, al petto e ai piedi che venivano offerti nel centro che si trova di fronte alla sede della ripartizione ai Servizi sociali del Comune di Brindisi. Eppure nessuno si accorse di movimenti “strani”, il centro sempre aperto anche 24 ore al giorno, poi l’arrivo dei poliziotti alla fine dell’estate 2013: a settembre le prime osservazioni, a distanza, che portarono a fermare alcuni clienti poi ascoltati.

Quei racconti fecero venire a galla un altro mondo con storie da un lato a forti sfumature sessuali e dall’altro testimonianze di sfruttamento contestate con l’aggravante della “limitazione dei movimenti delle ragazze” a cui sarebbe stato imposto di mangiare all’interno delle strutture, così come di non avere contatti con l’esterno e soprattutto di non parlare con nessuno, meno che mai al telefono. Perché il timore del prof, alias Vincenzo il vecchio di Gallipoli, era di essere scoperti e finire nei guai: “Prendono un interprete e traduco e poi è la fine”. Ancora: “Se mi beccano mi fanno chiudere”.

Nel fascicolo d’inchiesta ci sono anche immagini registrate dalle telecamere sulla base delle quali lo stesso gip Maurizio Saso scrisse nell’ordinanza di arresto che quei massaggi nell’arco di una manciata di minuti diventavano altro. Le giovani proponevano, gli uomini accettavano e pagavano in contanti rivolgendosi alla titolare del centro che garantiva la massima discrezione per proteggere la privacy, tanto è vero che quando arrivavano professionisti, come avvocati, commercialisti o docenti, i clienti venivano portati in una stanzetta prima di passare alle camere con doccia e vasca da bagno. Ripresi anche qui.

Quanto al volume d’affari, è stato ricostruito dai documenti acquisiti nel corso delle indagini: si poteva arrivare anche a 200mila euro al mese, secondo gli investigatori, tenuto conto del numero di clienti e delle tariffe praticate, pari a trenta euro per massaggi normali  e 50 per le prestazioni sessuali, in gergo chiamate caramelle. Tanto si pagava per un rapporto completo e protetto, il preservativo era offerto dalle ragazze. Tutto messo per iscritto, come le ricevute che sono state trovate presso l’abitazione del professore.

Parte degli incassi sarebbe stata reinvestita nell’attività per acquistare le materie prime, per sistemare le camere e persino per insonorizzare i materassi: gli agenti ne hanno scoperti alcuni “rivestiti di spugne come intercapedini antirumore”. Il denaro veniva trasferito in Cina “attraverso l’uso di passaporti esibiti in fotocopia”.

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