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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca

Scu, relazione Dia: “Nel Brindisino pace fra i clan per gestire meglio gli affari”

La relazione al parlamento sulle attività illecite della malavita organizzata nel secondo semestre 2021. Il traffico di sostanze stupefacenti ancora il settore più remunerativo. Ricerca di “punti d’incontro con la parte compiacente della politica locale per inserirsi nel controllo dei settori più proficui dell’imprenditoria”

Il traffico di sostanze stupefacenti continua a essere il settore più remunerativo di una criminalità organizzata che agisce in un contesto di “pace” fra i clan, alla ricerca anche di "punti di incontro con parti compiacenti della politica”. E criminalità organizzata nel Brindisino fa rima con Scu, che esercita ancora la sua egemonia sulle attività illecite. Il punto della situazione sullo scenario criminale nel Brindisino viene fatto nella relazione della Dia (Direzione investigativa antimafia) al parlamento, relativa al secondo semestre 2021. Gli aspetti riguardanti la malavita in provincia di Brindisi sono stati affrontati il 25 ottobre 2021, nell’ambito della commissione regionale di studio e inchiesta della criminalità organizzata in Puglia. Nel corso di quella riunione sono intervenuti sia il prefetto di Brindisi, Carolina Bellantoni, che il procuratore di Brindisi, Antonio De Donno. 

La geografia dei clan

Il prefetto ha dichiarato che “Brindisi è la culla della Sacra corona unita e che i maggiori capo clan dell’epoca, dal carcere, hanno continuato a gestire il territorio ed a breve, essendo in scadenza la custodia detentiva, si paventa il pericolo di un incremento delle loro attività criminose”. Nel territorio i gruppi criminali di tipo mafioso hanno “stipulato una pace per gestire meglio gli affari ed ingerirsi nella parte sociale”. De Donno ha delineato tre tipologie di organizzazioni criminali brindisine. “Una prima - ha affermato il procuratore - caratterizzata da una cultura mafiosa radicata agli anni ‘90 contrapposta allo Stato, una fascia intermedia consolidata in clan, che presidia i singoli territori con forte capacità di intimidazione, i cui reati afferiscono al settore della droga, agevolati dalle sponde albanesi e slave e dell’estorsione. Il terzo livello - ha affermato ancora De Donno - è quello dei giovanissimi che non possono ancora esercitare il traffico di stupefacenti, ma commettano reati violenti (es. sparatorie) con motivazioni pretestuose per salire nella scala gerarchica ed essere accreditati nel modo della droga”.

Sulla base delle attività investigative svolte dalle forze dell’ordine, è emerso che le maggiori famiglie presenti sono “i mesagnesi (gruppi Rogoli, Campana, Vitale, Pasimeni e Vicentino) – si legge nella relazione - i tuturanesi (gruppo Buccarella) ed ulteriori sotto clan che interessano il capoluogo brindisino con i Brandi -Morleo”.

Le operazioni

Il fenomeno dello spaccio di sostanze stupefacenti, i cui proventi sono anche “impiegati per il mantenimento delle famiglie dei detenuti”, vede il coinvolgimento, come accade ormai da decenni, dei sodalizi malavitosi albanesi. Lo testimoniano varie operazioni. Una delle più recenti risale al gennaio 2022, quando la guardia di finanza ha fatto luce sulle attività di "un’organizzazione transnazionale in cui il gruppo mesagnese costituiva il terminale italiano di un’organizzazione balcanica in grado di importare nella provincia brindisina significative partite di eroina e cocaina rispettivamente in arrivo dalla Turchia e dall’Olanda quindi successivamente smistate sulle diverse piazze di spaccio della regione pugliese ed in provincia di Reggio Calabria”. 

Nella relazione si fa riferimento anche all’operazione “Rosy Abate” del luglio 2021, che “ha fornito ad esempio uno spaccato interessante di tale genere di malavita ad Ostuni dove la Polizia di Stato ha smantellato un gruppo criminale ben strutturato e con un alto livello di organizza zione guidato da una coppia di pregiudicati”. L’operazione “Nautilus”, condotta dai carabinieri l’11 gennaio 2022, ha invece “fatto luce su un gruppo criminale accusato di aver costituito una vera e propria holding dedita al gaming on line illecito sul territorio nazionale ed estero, avvalendosi anche dei legami con i vertici dei Casalesi”.

Inserimento negli affari

Un capitolo della relazione si sofferma sulla vocazione da parte della Scu Brindisina a “un più evoluto modello di mafia degli affari”. Questo sarebbe avvenuto “cercando punti d’incontro con la parte compiacente della politica locale per inserirsi nel controllo dei settori più proficui dell’imprenditoria”. “Lo dimostrano  - si legge nel documento - sia i provvedimenti interdittivi antimafia emessi dal Prefetto di Brindisi molti dei quali riguardanti ditte aventi sede legale nella zona compresa tra Carovigno e Ostuni, sia gli insediamenti delle commissioni di accesso ispettive ex art. 143 Tuel che hanno interessato proprio le amministrazioni comunali di quell’area geografica dove tra l’altro i gruppi criminali mostrano particolare interesse per tutte quelle attività che ruotano attorno allo sviluppo turistico”. 

Nel 2021 si sono registrate inoltre “rapine consumante anche in pieno centro cittadino”. Tali episodi sarebbero “riconducibili sia ad aspetti di criminalità comune che di macrocriminalità non escludono stante il tipico modus operandi il coinvolgimento di gruppi composti da soggetti di origine barese e foggiana”. C’è poi il porto di Brindisi, che “rappresenta ancora uno snodo nevralgico non solo per l’importazione di merci contraffatte da commercializzare nel territorio nazionale ma anche per gli sbarchi di migranti clandestini”. “Analogamente - conclude la Dia - al semestre scorso numerosi sono stati in molti comuni della provincia i sequestri di armi e munizioni”. 

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