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Cronaca

"Riconoscere l'omicidio stradale"

BRINDISI - Un mazzo di rose e uno di orchidee, legati stretti alle inferriate della cancellata d’ingresso al tribunale di Brindisi, domenica scorsa, nella giornata Onu dedicata proprio alle vite spezzate sull’asfalto. E due bigliettini scritti a penna dai genitori di Giorgia Zuccaro e Marco Bungaro, due ragazzi brindisini entrambi vittime di incidenti stradali.

BRINDISI - Un mazzo di rose e uno di orchidee, legati stretti alle inferriate della cancellata d’ingresso al tribunale di Brindisi, domenica scorsa, nella giornata Onu dedicata proprio alle vite spezzate sull’asfalto. E due bigliettini scritti a penna dai genitori di Giorgia Zuccaro e Marco Bungaro, due ragazzi brindisini entrambi vittime di incidenti stradali.

Le famiglie stanno combattendo da mesi, insieme ai genitori di tutt’Italia, perché nell’ordinamento italiano sia introdotto il reato di omicidio stradale per chi guida ubriaco o sotto effetto di droga e provoca la morte di qualcuno, sia esso un passeggero della propria vettura, di altri mezzi coinvolti o un pedone. Le battaglie, in provincia di Brindisi sono coordinate dall’associazione Aguvs che ha sede a Fasano e che è stata fondata dalla madre di Flavio Arconzo che a sedici anni cessò di vivere dopo un incidente.

Giorgia Zuccaro aveva 29 anni. Era il 5 giugno del 2011. Alla guida dell’autovettura che si andò a schiantare in via Cappuccini alle 2 della notte, c’era il fidanzato, ora sotto processo per omicidio colposo aggravato. Marco Bungaro, invece, morì il 6 maggio del 2010. Era notte fonda e in tre, a bordo di una utilitaria percorrevano la Lecce – Maglie, in direzione Nord. Gli altri due si salvarono, incluso il guidatore che ha poi dovuto affrontare un processo per omicidio colposo aggravato dallo stato di alterazione dovuto all’assunzione di cocaina e ha patteggiato una pena inferiore ai due anni.

Due i messaggi indirizzati ai due giovani morti, insieme a un mazzo di fiori. Il tratto comune è la disperata richiesta di giustizia, quella giustizia che loro, madri e padri disperati, ritengono di non aver ottenuto: “Da quel giorno, non viviamo più” hanno scritto a penna. Parole che hanno resistito stamani alla pioggia battente.

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