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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca

Falsa avvocatessa si inventa sentenza di divorzio: “Truffati due promessi sposi”

I due furono costretti a far slittare il matrimonio dopo aver speso oltre mille euro per i preparativi. La presunta truffatrice, già condannata per fatti analoghi, è stata rinviata a giudizio

BRINDISI – Avevano prenotato il ricevimento, versato un acconto per il viaggio di nozze, sborsato un anticipo per le bomboniere e acquistato l’abito dello sposo, ma in realtà non potevano sposarsi. Solo a pochi giorni dalle nozze due promessi sposi hanno scoperto di essere stati truffati da una falsa avvocatessa,  la leccese Paola Pittini, di 49 anni, già condannata lo scorso settembre dal tribunale di Lecce con l’accusa di esercizio abusivo della professione di avvocato e false attestazioni sulla sua identità, per aver preso parte a diversi processi, nascondendo di non aver mai ricevuto l’abilitazione per esercitare la professione.

Stavolta la sedicente professionista è stata raggiunta da un decreto di citazione diretta a giudizio emesso dal pm del tribunale di Lecce Angela Rotondano, per aver creato una falsa sentenza di divorzio in una causa civile di fatto inesistente. Stando alla versione dei fatti fornita dalle vittime, era stato il promesso sposo, un brindisino di 42 anni, a rivolgersi nell’aprile 2012 alla Pittini per istruire le pratiche della causa di divorzio dalla ex coniuge.  

L’imputata avrebbe chiesto la somma di 1400 euro da corrispondere con due diverse modalità di pagamento: 1000 euro tramite bonifico bancario, da versare sul conto di un’avvocatessa con la quale la Pittini diceva di collaborare; 400 euro in contanti. Dopo aver pagato la parcella, il brindisino e la compagna (una 38enne della provincia di Napoli che era in dolce attesa all’epoca dei fatti)  contattarono più volte la pseudo professionista per capire a che punto fosse la pratica e se potessero procedere con i preparativi del matrimonio. E la Pittini, attenendosi sempre alla ricostruzione dei fatti fornita dalle vittime, non avrebbe fatto altro che rassicurare i due fidanzati, dicendo loro che avrebbero potuto organizzare in tutta tranquillità le nozze, che si sarebbero dovute svolgere  nel mese di dicembre 2014.

I malcapitati dunque spesero più di mille euro per mettere in moto la macchina organizzativa, certi che il divorzio fosse ormai una formalità.  Basti pensare che a due mesi dal fatidico sì, la Pittini avrebbe dato appuntamento nel suo studio legale al brindisino, consegnandogli la sentenza di divorzio emessa dal tribunale di Brindisi. Apparentemente le firme e i timbri erano in regola. Ma dopo una serie di successivi controlli presso il palazzo di giustizia, è emerso che non solo la sentenza era falsa, ma che addirittura non era mai stata avviata alcuna pratica di divorzio.

A quel punto, contattata sia telefonicamente che tramite sms dal cliente, la salentina avrebbe invitato la coppia “ad avere pazienza” poiché “beccarmi una denuncia adesso vuol dire finire in galera a sto giro”. La stessa inoltre avrebbe invocato la “clemenza” dei promessi sposi affinché non la denunciassero, dicendo di aver già avuto dei problemi del genere e che rischiava di finire in galera, “a sto giro”.

Ma i due non esitarono un solo istante a rivolgersi presso l’associazione dei consumatori Adoc di Brindisi, dove il loro caso venne preso in consegna dagli avvocati Marco Masi e Marco Elia, che di recente si sono occupati di altre truffe perpetrate ai danni di ignari cittadini (particolarmente eclatante è stata la vicenda riguardante due impostori che spillarono oltre 70mila euro a due coniugi di Carovigno, dopo averli convinti di avere il malocchio).

I legali nel dicembre 2014 hanno sporto denuncia/querela a carico della Pittini presso la Procura della Repubblica di Brindisi, contestandole il reato di truffa. La prima udienza del processo è stata fissata per il 7 luglio 2017, presso il tribunale di Lecce. Il brindisino e la sua compagna (che successivamente riuscirono a coronare il loro amore pronunciando il fatidico sì) sono stati riconosciuti persone offese e quindi avranno la facoltà di costituirsi parte civile.

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