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Cronaca

Traffico di cocaina, gli indagati al Riesame per la libertà

Partono oggi i ricorsi per 22 brindisini arrestati il 25 maggio scorso dai carabinieri: ruolo di capo e promotore dell’associazione contestato a Giuseppe Perrone, alias Barabba, incastrato dai verbali di Fornaro e di due pentiti di Lecce

BRINDISI – Ventidue brindisini puntano al Tribunale del Riesame di Lecce per ottenere la libertà persa il 25 maggio scorso, quando i carabinieri hanno dato esecuzione all’ordinanza di arresto ottenuta dalla Dda nell’ambito dell’inchiesta su un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga, per lo più cocaina acquistata nel Barese e in Calabria, per essere rivenduta sulla piazza di Torchiarolo.

Giuseppe Perrone-3Il calendario dei ricorsi prevede per oggi le prime udienze riservate ai difensori, per i quali sono deboli gli indizi contestati come “gravi” prima dai pm e poi dal gip, tra intercettazioni e verbali resi dai collaboratori di giustizia, nei confronti di Giuseppe Perrone  44 anni, noto con il soprannome di Barabba, ritenuto il capo e promotore del sodalizio e degli altri indagati.

In carcere sono finiti anche Giovanni Maiorano 35 anni, di Torchiarolo, Maurizio Maiorano 44 detto Il Bello (fratelli, titolari di un'officina), di Torchiarolo, Gianluca Maiorano 33, di Torchiarolo, Maurizio Lasalvia 31, di Torchiarolo,   Simone Paiano 22, di Maglie (Lecce), Paolo Golia 33, detto Paoletto o Nano, di Torchiarolo, Massimiliano Lasalvia 28, di Torchiarolo, arrestato il 29 dicembre scorso per tentato omicidio in concorso con Paolo Guadadiello. Ai domiciliari Francesca Perrone 31, di Torchiarolo, nipote di Giuseppe Perrone (figlia del fratello Patrizio indagato in altra inchiesta) perché madre di due bambini e Andrea De Mitri 35, nato e residente a Brindisi, alias Ducati, il cui ruolo è stato ritenuto marginale rispetto al contributo al sodalizio contestato agli altri.

Sono rimasti a piede libero: Stefano Elia, Sebastiano Esposito detto Panda, Francesco Geusa, Fernando Grassi, Cesario Longo, Luca Lorfei, Daniele Pantaleo Mazzeo, Francesca Miccoli, Mattia Panico, Saverio Renna detto Il professore, Valter Marcellino Ricciuti, Roberto Romano ed Emiliano Turco.

Perrone è difeso dall’avvocato Ladislao Massari: ha preferito avvalersi della facoltà di non rispondere in occasione dell’interrogatorio di garanzia davanti al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce che fa firmato il provvedimento di arresto dopo aver ricordato il contenuto di alcune intercettazioni telefoniche e ambientali ascoltate dai carabinieri tra il 2012 e il 2013 all’indomani dell’arresto in flagranza di reato di Angelo Lobuono, nell’ambito di un’altra inchiesta per  droga.

Da qui è partita l’inchiesta sul narcotraffico coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce, con una serie di accertamenti per verificare i primi sospetti che potesse esserci dell’altro, un sodalizio stabile che acquistava grossi quantitativi di droga e che poi venivano  rivenduti al dettaglio nel Brindisino. Torchiarolo sarebbe stata la piazza per il commercio a prezzi variabili a seconda delle richieste: si poteva partire da 67 euro al grammo per la cocaina, per scendere a 55 nel caso in cui l’ordinativo riguardava almeno 200 grammi.

Fabio Fornaro-2Il mercato, con indicazioni sui fornitori, sulle quantità e sui ricavi, era stato già delineato da alcuni pentiti contigui e non formalmente affiliati alla Sacra Corona Unita, come Fabio Fornaro, alias La Belva, di Brindisi, dal 2007 in carcere per scontare la condanna definitiva a venti anni di reclusione per l’omicidio di Daniele Carella, avvenuto nel capoluogo in via Appia.

“Perrone si occupava di ritirare la droga dal corriere di origine calabrese, uno di 55 anni”, si legge in uno dei verbali di Fornaro. “Una volta gli prestai una Classe A e se non ricordo male sulla strada Jonica furono fermati lui e Perrone che me lo raccontò, dicendomi che stavano andando in Calabria a prendere contatti con il clan”.

Dopo di lui hanno riferito del traffico di droga e di cocaina in particolare, i pentiti salentini Alessandro Verardi e Gioele Greco. Fornaro i quali hanno dichiarato di aver notizie utili sino al 2012, anno nel quale sarebbero andati avanti i contatti imbastiti in precedenza con alcuni clan calabresi: “Barabba intratteneva rapporti con le cosche della Calabria che importavano circa venti chili di cocaina al mese di qualità purissima, intorno al 90 per cento”.

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