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FRANCAVILLA FONTANA - Nel provvedimento con cui si dispone il maxi sequestro al patrimonio di Zio Carlone, al secolo Giancarlo Capobianco da Francavilla Fontana, c’è un nome su cui lo sguardo non può non soffermarsi.

FRANCAVILLA FONTANA - Lasciando per un attimo da parte la sproporzione tra beni dal valore di più di un milione di euro e i redditi “da fame” dichiarati e il consueto, ma sempre appropriato, ragionamento investigativo secondo cui tale differenza porta dritto al reimpiego di denaro sporco, nel provvedimento con cui si dispone il maxi sequestro al patrimonio di Zio Carlone, al secolo Giancarlo Capobianco da Francavilla Fontana, c’è un nome su cui lo sguardo non può non soffermarsi.

Un nome, formalmente incluso attraverso la moglie nel novero degli intestatari fittizi di proprietà di Capobianco, che incluso in quel ragionamento investigativo della Dda e della Dia di Lecce, oltre che dei carabinieri di Francavilla Fontana, consente di guardare sotto un’altra luce un delitto compiuto con stile tipicamente mafioso: l’uccisione di Vincenzo Della Corte.

Della Corte, emerge dal decreto di sequestro preventivo disposto dal Tribunale di Brindisi, era socio di Capobianco. E una fredda sera di ottobre del 2010 si trovava all’interno di un negozio di casalinghi di San Michele Salentino insieme a Cosimo Rochira, ritenuto persona di riferimento di Zio Carlone, il “boss” di Francavilla Fontana, l’homo novus che non essendo mai stato sottoposto a riti di affiliazione ed essendo imprenditore in grado di maneggiare denaro a volontà era divenuto – dicono Ercole Penna e Cosimo Giovanni Guarini – punto di riferimento della Scu mesagnese nella terra degli Imperiali.

Della Corte aveva 42 anni quando fu annientato da una scarica di pallettoni. Lo seguirono fin nello sgabuzzino del futuro negozio di casalinghi dell’impero Capobianco. Si disse, poi, che in quel caso ci fu uno scambio di persona. Che in realtà il bersaglio dei sicari aveva da essere Rochira e che Della Corte era stato ammazzato per errore. Dalle indagini sulle proprietà di Capobianco emerge che Della Corte non era estraneo al giro.

Lo dice anche la moglie, Irene Pizzaleo, che ha collaborato con gli investigatori, i quali scrivono: “Giancarlo Capobianco disponeva di un terreno con annessa casa colonica a lei intestato a suo dire per motivi fiscali ma in realtà acquistato dall’imprenditore, da Vincenzo Della Corte e da altri soci che non conosce”. Si sa che soci occulti del 50enne in carcere per mafia e per traffico d’armi erano Ercole Penna in persona (pentito) e Massimo Pasimeni, in carcere per mafia anche lui, oltre che ergastolano per almeno un paio di omicidi e sotto processo per un altro, ora accusato di un’altra sfilza di delitti come “mandante”.

Si legge inoltre: “Giancarlo Capobianco si è avvalso di alcune persone a lui vicine per acquistare beni che non potessero essere direttamente a lui riconducibili. Si tratta del fratello Gerardo, di Giovanni D’Ambrosio, di sua moglie Anna Di Brindisi e di Irene Pizzaleo, vedova di Vincenzo Della Corte, proprietaria anche di una Fiat Barchetta in realtà nella disponibilità di Capobianco”.

Prestanome, insomma. Da utilizzare per accumulare un patrimonio ed evitare misure reali sui propri beni. L’acquisto era proseguito, secondo l’accusa, anche in tempi recenti: il 22 marzo 2013 la figlia di Zio Carlone, Rosa Capobianco, acquista un immobile che si trova in Francavilla Fontana, in via Leonardo Antonio Forleo di 8 vani: prezzo dichiarato 70mila euro, prezzo “assolutamente sproporzionato con i redditi dichiarati non solo dalla donna ma da tutti i componenti del suo nucleo familiare”.

E’ sempre la figlia proprietaria di un altro appartamento (in via Pio La Torre, sic) di 5 vani più accessori. L’altro figlio, Cosimo, ha dichiarato 2.452 euro per l’anno 2008, quale dipendente della Ce.Di ed è proprietario di una Smart e di una Audi A3 Coupé. Gli investigatori, insomma, hanno fatto i conti in tasca a tutta la famiglia.

E’ scattato così il sequestro, a carico di Zio Carlone, di Adelaide Casale e dei figli Rosa e Cosimo Capobianco. Sigilli a un terreno agricolo in contrada Padri, di 42,89 are, un lotto di suolo edificatorio a Francavilla Fontana della superficie di 800 metri quadrati, un terreno agricolo nelle campagne di Oria, contrada Pezza Bionda, esteso 40 are, una casa di campagna con terreno circostante a Francavilla Fontana in contrada Mogaveri, un fondo a Francavilla Fontana in contrada Capodosso, l’appartamento di via Pio La Torre, un ‘altro immobile a Francavilla Fontana, una Citroen, una A3, una Smart Fourtwo Coupé e una Fiat Barchetta.

Il resto è storia nota. Le presunte truffe, i Kalashnikov, le bombe a mano e la “non affiliazione” che in realtà secondo l’accusa non ha mai pregiudicato l’organicità di Zio Carlone alla Scu. L’impero crolla, pezzo per pezzo. Mentre, di inchiesta in inchiesta, si compone con chiarezza il puzzle degli affari loschi della terra degli Imperiali, le guerre e le fazioni. Restano ora gli omicidi ma a quanto pare la strada è quella giusta.

 

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