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Venerdì, 26 Aprile 2024
Politica

Intervento/ Dialogo d'odio e amore sul Pd

Ho trovato alcuni frammenti di un dialogo, che non saprei definire sul momento se non “d’odio e amore sul PD che verrà”, che ritengo utile socializzare, in quanto registrano, a mio modesto avviso, umori e discorsi diffusi nelle persone di sinistra.

Ho trovato alcuni frammenti di un dialogo, che non saprei definire sul momento se non “d’odio e amore sul PD che verrà”, che ritengo utile socializzare, in quanto registrano, a mio modesto avviso, umori e discorsi diffusi nelle persone di sinistra, da tenere in debito conto nel dibattito in corso, e sul quale non mancherà un successivo personale contributo. Ecco il testo integrale.

“Renzi”, mi ha risposto, senza esitazione, con naturalezza. “Perché?”, ho insistito, interessato. “Perché è fuori dall’apparato del partito e trasmette la convinzione, fino a prova contraria, di voler cambiare davvero l’Italia. E’ l’unico”. “Ma non ti chiedi che fine farà la sinistra con un uomo di centro come lui?”.

“Quale sinistra scusa, quella tua ideale che hai rincorso per una vita spesso senza trovarla o quella reale che ti delude e ti fa soffrire continuamente?! Certo, lo sai, ascoltando il tuo cuore un tempo me ne sono innamorata, ma dopo averla conosciuta, in questi anni l’ho sempre più rifiutata”.

“E poi”, prosegue, fluente come un fiume in piena che s’ingrossa sempre più, “a parte il fatto che la sinistra non scompare dai miei sentimenti, scorre nel sangue della mia storia familiare, chi l’ha detto che essa debba continuare ad essere rappresentata da chi ha contribuito in questi decenni a regalare agli italiani 2.080 miliardi di debito pubblico e all’incolpevole nostra figlia quasi 40.000 euro di debito sulle spalle, e al Meridione ben 400 anni di distanza dalle condizioni di vita del Nord? Per non parlare poi della peggiore sanità che conosciamo in Puglia, da Tedesco in poi?!...”.

E’ come voler fermare il vento con le mani, ma ci provo: “D’accordo, c’è molta verità in quel che dici, ma non mi pare giusto ritenere che la sinistra, e in primo luogo il Pd, abbiano potuto provocare da soli tutti questi danni, dimenticandoti che dopo la Dc e il craxismo, nell’ultimo ventennio c’è stato il berlusconismo”.

Di botto, il fiume in piena tracima, rompendo ogni argine e resistenza. “Non si permetta il Pd di nascondere le sue degenerazioni di partito di sinistra, che già Berlinguer paventava con un ammonimento, quello sì davvero profetico, dietro l’alibi del berlusconismo, perché voi lo avete emulato, rincorrendo Berlusconi sul suo terreno, distruggendo così alla radice ogni alternativa politica, sociale, etica, morale, culturale. Gli scandali della seconda Repubblica, sia pure in misura diversa, accomunano tutti i partiti.

E poi il Pd ha l’esclusiva di alcuni copyright. Che mi dici ad esempio di quella riforma del Titolo V° della Costituzione che, oltre ad aver reso permanenti i conflitti delle Regioni con lo Stato, ha reso esse stesse veri e propri Stati negli Stati, con la conseguenza insindacabile di una dilapidazione di denaro pubblico mai vista, e di quei privilegi nauseanti che sono uno schiaffo quotidiano alla povertà che la sinistra dovrebbe rappresentare.

Cuperlo mi sembra una brava persona, ma è netta la sensazione che egli si muova nel solco di ciò che non vogliamo più, il solco di parlare bene e razzolare male, il solco delle pubbliche virtù e dei vizi privati, per intenderci! Ha ragione Crozza quando dice che papa Francesco sembra Ernesto Che Guevara rispetto a questo Pd. Non interessano né incantano più i discorsi politicamente profondi e perfetti.

E poi, non parliamo di quelle mitiche e tanto decantate liberalizzazioni e privatizzazioni, che hanno accresciuto il costo dei servizi, socializzando poi i debiti di aziende ed enti decotti, e che qui da noi, ci hanno regalato la situazione energetica e ambientale che siamo costretti a subire!…”.

Ma mentre la lascio parlare irrefrenabile, mi estraneo sempre più e rifletto che anch’io in questi decenni sono rimasto amaramente deluso dalle scelte e dai comportamenti pratici di personalità del Pd il cui pensiero politico mi sembrava il massimo.

E ho visto con stupore in questi anni che diversi dirigenti hanno imparato più dialetti, scoprendosi di volta in volta ex vendoliani, ex bersaniani e domani senz’altro ex renziani. Ho sentito da più di qualcuno definirli, risentito, dalemiani di latta, rispetto a chi negli stessi anni ha cercato di parlare con dignità sempre un’unica lingua: l’italiano di una sinistra ideale che ha scoperto non esserci più.

La voracità per la ricchezza e la bulimia di potere di alcuni ha emarginato intelligenze, soffocato talenti e creatività, ricercato le mediocrità che assecondassero quell’inverecondo consenso “democratico” che il decadimento dell’etica pubblica e politica ha generato e reso possibile.

E mentre il fiume in piena continua le sue inarrestabili tracimazioni, nella mia astrazione penso che il Pd nascerà quando nessuno di noi si considererà né culturalmente né politicamente “un ex” di qualcosa, ma “un nativo” per qualcosa di utile per il proprio Paese e per la propria comunità.

Renzi trasmette la sensazione di essere un nativo del Pd che, nonostante le sue giovanili ma incisive ruvidezze verbali, esprime un pensiero non statico, sintomo di un percorso programmatico in costruzione, senza “democristianerie”, come ama dire, la cui indiscutibile evoluzione va seguita, incoraggiata, arricchita, aiutata. Perché non metterlo alla prova, non consentirgli di provare, fino a prova contraria? Non bastano più programmi che si rifanno a cliché visti e rivisti in questi anni, né vale collocarsi tatticamente su quelle posizioni mediane o estremiste, su quelle linee di mezzo, buone a contrattare poi il proprio futuro personale.

Convincono ai più “le intenzioni” espresse e la pratica dell’esempio, che programmi compiuti, i quali puntualmente vengono disattesi. Si pensi a papa Francesco e si capisce cosa voglio dire. Si sente il bisogno di freschezza, gioventù delle idee, il coraggio perduto di osare. Non di un semplice rinnovamento o di mera innovazione, ma di cambiamento. Anche a costo di rivisitare con dolore la propria storia e la propria vita. Solo così, per parafrasare Pasolini, può cominciare il discorso sulla realtà, magari aprendo significativamente le primarie da una città del Meridione d’Italia come Bari.

“Ti sei sfogata? Ora fermati e ascolta questo manifesto di intenzioni: “Io sono uno che osa, non uno che usa. Umanamente non sopporto i lecchini che all’improvviso sono diventati coraggiosi. Che tristezza questi maramaldi e ruffiani. Avere l’ambizione grande di cambiare l’Italia non lo considero un difetto. Il modello del partito personale è fallito. Un leader è uno che sceglie persone più brave di lui. In uno dei miei soliti eccessi di autostima, dico: le critiche dei prevenuti e le lusinghe dei ruffiani non avranno il potere di cambiarmi. La sobrietà deve iniziare a casa nostra. Voglio abolire le correnti.

Abbiamo avuto un capitalismo familista, non familiare: un sistema di poteri forti dal pensiero debole. Chi percepisce pensioni d’oro deve accettare un prelievo sulla quota avuta in regalo. Non ho lo stile democristiano del sopire. Il mio mito è Rosario Livatino, il giudice ragazzino ucciso dalla mafia: Diceva:”Alla fine non ti chiederanno quanto sei stato credente, ma quanto sei stato credibile”.

Nel Pd andranno avanti i più bravi, non i più fedeli. Dichiarerò guerra alla mediocrità. Da segretario mi immagino tra la gente e non in auto con il lampeggiante. Un segretario deve farsi vedere in giro. E’ in campagna elettorale permanente. Provo avvilimento quando vado in Rai e qualche dirigente mi dice: io sto con te. Ma che mi frega con chi stai!

Per vent’anni abbiamo fatto la faccia triste perché dall’altra parte c’era un sorriso finto. Farò una campagna allegra. Anche se andrò in luoghi drammatici, dal Sulcis a Lampedusa: la Bossi-Fini va cambiata. E l’ Europa…Basta con questo andazzo per cui quando si tratta di sistemare le banche si va a Francoforte, mentre quando si tratta di sistemare le salme ognuno pensa ai fatti suoi. Questa volta le primarie sono aperte. Può votare anche chi non sa a memoria l’Internazionale o gli Inti Illimani…”. Come nostra figlia.

 

 

 

 

 

 

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