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Alla fine, temiamo, ci toccherà sorbire l'indigesta minestra di Emiliano

Sono ormai saltati tutti gli schemi. Più che una città, Brindisi sembra una prateria. In mezzo c'è una diligenza trainata da cavalli che corrono disperati verso la salvezza sino a rischiare di farsi scoppiare il cuore, e tante bande di assalitori che dalle direzioni più disparate cercano di impadronirsene

Sono ormai saltati tutti gli schemi. Più che una città, Brindisi sembra una prateria. In mezzo c’è una diligenza trainata da cavalli che corrono disperati verso la salvezza sino a rischiare di farsi scoppiare il cuore, e tante bande di assalitori che dalle direzioni più disparate cercano di impadronirsene. Si, Brindisi alla vigilia del prossimo voto amministrativo, assomiglia ad una diligenza in procinto di essere assaltata. Nessuno provi a distinguere le bande, tanto si sono mischiate. La confusione regna sovrana. I giochi formalmente sono ancora aperti, ma prevedere che tra qualche mese si sarà punto e a capo, è come scommettere che la Juventus vincerà anche il campionato in corso.

Michele Emiliano, che è convinto di disporre anche di poteri catartici, e tutto quello che benedice lui è mondato di ogni scoria precedente, ha costretto il Pd a candidare non solo un illustre semisconosciuto completamente a digiuno di politica, di amministrazione pubblica, di impegno nelle istituzioni, per giunta un uomo di destra (quanto meno per antiche consuetudini). E, il già citato Emiliano, convinto che Brindisi sia la succursale di una repubblica delle banane, dove impera la cultura da bar dello sport, ha scelto di candidare a sindaco il presidente della squadra di basket, sport per il quale i brindisini impazziscono.

Una scelta che ci umilia e ci offende, per storia, cultura e senso civico, e che è solo un’abile mossa di comunicazione perché, spostando tutta l’attenzione sulla scelta di quel candidato sindaco, di fatto tenta evita il confronto e di conseguenza anche il giudizio, che non può che essere severo, sulle responsabilità del suo partito, il Pd, che espresse Consales, l’ultimo sindaco arrestato, e sulla maggioranza che lo sorresse. E poi dicono che nel terzo millennio i baresi non sono più levantini.

Ma non è l’unico disastro. Di miracoli sulla strada di Damasco il Vangelo, per le mie misere conoscenze in materia, ce ne dà solo uno, quello di San Paolo, e quindi un candidato sindaco di destra che strada facendo diventa di sinistra, può anche starci, ma che a Brindisi i San Paolo si moltiplichino come i pani ed i pesci (basta vedere le immagini del parterre che  applaudiva l’altra sera all’Orientale) è veramente troppo. Anzi è disturbante (delle vedove e dei morti non scrivo neanche sotto tortura).

Sul carro, oggi ritenuto vincente di Emiliano (chissà che ne pensa Renzi…) sta saltando di tutto, ed anche il suo contrario. Per i riciclati non c’è neanche il rischio di posti in piedi, tanto allettanti sono le profferte, favorite soprattutto dalle grandi minchiate degli altri, quelli del centrodestra in piena sindrome da 8 settembre.

Ed ancora non si sono viste le liste. Sembra che il candidato sindaco scelto dal Pd ne farà due. In una ci dovrebbe essere anche l’ex calciatore Benarrivo, oggi uomo d’affari e costruttore edile. Visto che si fanno già i nomi di possibili assessori, volete che per un posto in giunta, magari all’urbanistica, non si pensi anche al costruttore Benarrivo? Ci sarebbe qualche conflitto d’interesse in più? Ma che volete che sia, uno in più, uno in meno, l’importante è uscire dalla sala della giunta o del consiglio quando si vota.

In tema di riciclati, questa è pure la stagione giusta, quella dei cambi d’abito. Nelle liste a sostegno del sindaco dovrebbero entrare numerosi esponenti della vecchia maggioranza che sosteneva Consales, qualcuno finanche la giunta Mennitti, e perfino quella di Antonino. Sono i transumanti della politica, i riciclati di mestiere. Questo sì un vero cancro per la città. I nomi cominciano a circolare già sui giornali, nessuno smentisce, persino la vergogna è stata rottamata.

A questo assalto non si sottrae ovviamente il Pd, che deve saldare le cambiali sottoscritte dal duo Emiliano-Antonica per mettere insieme le tessere sufficienti a “respingere l’Opa” – per dirla alla Emiliano - che sul Pd di Brindisi aveva tentato il gruppo di Consales. Poco importa se si tratta di pluririciclati, ma i debiti si onorano, e poi occorre in qualche modo cercare di riempire il vuoto che lasciano gli ex dem che si candidano nella “grande coalizione“, vale a dire almeno tremila voti.

 Nell’ansia di chiudere la partita, nessuno ha valutato che il Giovanni Brigante di oggi non è certo quello di quattro anni fa. All’insuccesso delle Regionali è seguita la sostanziale chiusura dell’esperienza di Progresso e Lavoro, il suo movimento, tanto che sino a qualche giorno fa Giovanni Brigante e qualcun’altro dei suoi avevano deciso di candidarsi nella lista del Pd. Ma il gruppo non è certamente in grado di esprimere i due consiglieri di quattro anni fa.  

La “grande coalizione”. Era partita sparata e all’inizio metteva paura. Hanno commesso però l’errore di non blindare subito l’accordo impedendo così le pesanti incursioni tra le proprie fila dello schieramento pro Marino. E’ vero che parecchio è dipeso anche dall’accordo barese Emiliano-Cassano, che ha isolato il duo brindisino Ferrarese/Rollo, ma l’errore principale è stato quello che si è discusso all’infinito sui dettagli perché evidentemente non ci si fidava l’uno dell’altro. Non solo, ma Ferrarese, uscendo tre anni fa dall’Enel Basket, ha consegnato nella mani di Marino il più formidabile strumento di comunicazione che funziona a Brindisi: la pallacanestro.

Ora propongono le primarie tra tre semisconosciuti. Si sono ulteriormente indeboliti rifiutando il soccorso di Giovanni Antonino, che avrà pure la fedina penale non immacolata ma oltre ad essere un panzer, resta – lo pensa ancora tanta gente - il miglior sindaco che Brindisi abbia avuto da trent’anni a questa parte. Dove lo poggiano tanto perbenismo certi personaggi, è veramente difficile capirlo.

Se la “grande coalizione” arranca, il centrodestra è in caduta libera. Forza Italia è al palo e i suoi alleati raggruppano solo qualche isolata testimonianza. Potrebbero puntare tutto sul rinnovamento e sul ricambio generazionale, ma da quest’orecchio non intendono sentire. Qualcuno si era inventata la possibilità di pareggiare il conto con il Pd che candida uno di destra, candidando il socialista Vincenzo Guadalupi, a cui piacciono le estemporanee provocazioni. Lui ci sarebbe pure stato, ma dentro lo schieramento la rivoluzione della destra che candida uno di sinistra, è stata ritenuta una inaccettabile stravaganza. Alla fine anche a loro è toccato un transumante, un ex Idv.

Quel che resta della sinistra, “ob torto collo”, è approdata a  Riccardo Rossi. L’unica concessione ad allargare l’orizzonte si è fermata a Michele Errico, il notaio inventore della “tessera numero uno” del Pd. Errico è un solista, lo è sempre stato. Fece il sindaco per 11 mesi una ventina di anni fa e non si è mai capito perché se ne scappò. Alla conclusione dell’ottima esperienza da presidente della Provincia non volle essere ricandidato, aprendo così la strada all’esperienza del Laboratorio e di Ferrarese.

Aveva, all’epoca, Michele Errico, popolarità e consenso sufficienti per candidarsi sindaco, ma non volle incrociarsi con Mennitti. Una personalità così complessa che lo stesso Emiliano, dopo averlo forse in qualche modo illuso, si è rifiutato di considerare. Roberto Fusco invece, per storia personale e per cultura, con lo schieramento della sinistra non c’entra niente.

Fusco è un ambientalista, uno che si è sempre distinto, con Errico, nelle battaglie contro il carbone e contro il rigassificatore. E queste sono anche le connotazioni del suo movimento, dove c’è gente di varia estrazione politica e culturale. Fusco si è sempre mosso con Errico e per Errico, se avesse per un attimo pensato di sganciarsi, forse avrebbe dato la possibilità alla sinistra dem di porlo, ad Emiliano, in alternativa a Marino. Perché questo non è avvenuto? Quanto pesa la “storica” amicizia tra Fusco ed Emiliano?

In assenza ancora delle decisioni di Casaleggio, niente si sa dei “grillini” che, senza entrare ovviamente nel merito delle competenze, una discontinuità con il passato l’avrebbero almeno assicurata. E comunque tra di loro, ufficialmente, di riciclati non ce ne sarebbero stati. Disperati ed arrabbiati, invece, tantissimi. La sensazione è che tutti stiano concorrendo alla vittoria di Emiliano e quindi di Marino il quale con un impasto di neofiti e di vecchie puttane, che in questa città non si estinguono mai, non potrà che sfornare l’ennesima indigesta minestra.                  

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