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Lunedì, 29 Aprile 2024
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Plastitar, la nuova sostanza inquinante che minaccia le coste. Trovata anche nel Brindisino

In un post pubblicato sulla sua pagina Facebook Suma spiega di aver partecipato ad uno studio scientifico insieme ai ricercatori dell'Università di Milano Bicocca e i ricercatori del Cnr-Ismar sul Plastitar

OSTUNI – Dalle Canarie alla Puglia: anche le coste del Brindisino, purtroppo, sono invase da Plastitar, la sostanza bituminosa composta da un mix di catrame e microplastiche comparsa negli ultimi tempi sulla costa orientale di Tenerife e diventata oggetto di studio da parte dei ricercatori delle isole Canarie. Deefinita, anche “minaccia non valutata”. Ed è proprio un nuovo studio che collega questa forma di inquinamento alla Puglia. Lo rende noto Enzo Suma, guida naturalistica di Ostuni, fondatore di Millenari di Puglia e promotore del progetto Archeoplastica, il museo virtuale che raccoglie e racconta i reperti (di plastica) arrivati dal mare con la finalità di sensibilizzare sul grave problema dell’inquinamento. 

In un post pubblicato sulla sua pagina Facebook Suma spiega di aver partecipato ad uno studio scientifico insieme ai ricercatori dell'Università di Milano Bicocca e i ricercatori del Cnr-Ismar sul Plastitar. 

“Erano anni che mi chiedevo come mai nessuno stesse studiando tutti quegli agglomerati di catrame e plastica inglobata che troviamo frequentemente sulle basse scogliere di tutta la provincia di Brindisi e in tante altre parti del Mediterraneo. Siamo così abituati a vedere quelle dure chiazze di catrame che sembrano far parte della scogliera naturale, ma non è così”. Spiega Suma. 

“Sicuramente ci sono chiazze lì da decenni, alcune abbiamo visto contengono plastiche di oltre cinquant'anni fa. Ma lo scorso anno ho ricevuto due segnalazioni ad Ostuni di chiazze bituminose appena arrivate dal mare ancora morbide e maleodoranti di petrolio”. 

Entrando nel dettaglio la guida ambientale spiega che “Lo studio si è focalizzato nell’ottenere una caratterizzazione geochimica sui campioni di catrame di 12 località diverse del Mediterraneo”. I campioni sono giunti dal mare Ligure, dalle coste sarde, dalle isole Baleari e dall’Adriatico, precisamente da Specchiolla, marina di Carovigno.  “Lo studio aggiunge ulteriori conoscenze sulla composizione chimica e sui processi che portano alla formazione del plastitar. Può essere considerata una nuova forma (come oggetto di studio) di inquinamento silenzioso che condensa due delle nostre principali dipendenze, il petrolio e la plastica, formando un cocktail potenzialmente pericoloso”.

“Le cause della presenza del catrame sulle scogliere sono principalmente tre: incidenti che causano fuoriuscite di grandi quantità di petrolio, gli scarichi illegali da parte delle navi dopo il lavaggio delle cisterne e le infiltrazioni naturali di petrolio causate dalla cattiva gestione di oleodotti, impianti di trivellazione e raffinerie”.

“Purtroppo questo tipo di formazioni sono molto presenti sulle basse scogliere dell’Adriatico, e se nessuno ne parla mai mi fa sospettare che la maggior parte della gente non ci fa caso e interpreta la loro presenza quasi come un qualcosa di naturale. A me, sin da quando ero piccolo, queste chiazze hanno sempre fatto orrore. Non per il solo fatto estetico ma perché le ho sempre considerate come una grave forma di violenza sulla natura”

E purtroppo come si può ben notare passeggiando sui litorali pugliesi il Plastitar non è presente solo a Specchiolla, da cui sono stati prelevati i campioni da analizzare. Quelle macchie mollicce presenti sulle scogliere brindisine hanno un nome e grazie all'interessamento di Suma anche un'identità e soprattutto non sono inncocue (come si potrebbe pensare da un primo esame).

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